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La lettera. “Ciao Giuseppe, piccolo principe di un castello dalle stanze tutte uguali”

batman con dottor zanda

A sinistra il dottor Maurizio Zanda, direttore di Pediatria del Brotzu

Giuseppe aveva 13 anni e, da quando era nato, combatteva la sua battaglia contro una forma particolarmente grave di fibrosi cistica, la la “Delta F508”, malattia per cui non c’è cura. Giuseppe ha passato i suoi 13 anni praticamente tutti nel reparto di Pediatria del Brotzu di Cagliari, assistito amorevolmente dai genitori e dai medici e infermieri dell’ospedale cagliaritano, reparto speciale guidato dal dottor Maurizio Zanda.

L’8 di luglio la malattia, terribile e inesorabile, ha avuto la meglio su di lui ma chi ha avuto la fortuna di conoscere il piccolo ma grande Giuseppe non lo dimenticherà mai. Oggi vogliamo ricordarlo riportando le bellissime parole di un volontario che, nelle vesti di Batman, andava spessissimo a trovarlo e che con lui, ha passato dei momenti speciali.

“Ciao piccolo principe di un castello con tante stanze tutte uguali, dai lunghi corridoi quasi infiniti e da un’atmosfera mista tra magia e speranza. Poco importa la scritta “Pediatria” fuori dalle mura del castello. Ora quel trono dalla forma di un letto, con lenzuola dai colori tenui che ti ha accolto per cosi tanto tempo, è vuoto. Ora quello scettro a forma di respiratore, indispensabile per comandare la tua vita, non serve più. Che ne sarà ora dei tuoi sudditi dal camice bianco e dei tuoi fedeli che da ogni parte del Regno venivano a farti visita?

Come un buon Regnante ci tenevi che la tua gente stesse bene, sognavi un viaggio in una terra lontana chiamata America, un viaggio però solo con un pugno di persone a te più care e con la generosità che tanto ti contraddistingueva il viaggio dovevi pagarlo tu, su questo non si discuteva, pena gli arresti immediati nelle segrete. La fantasia volava lontano, a volte attraverso una grande finestra nella stanza reale da dove ogni cambiamento di stagione scorreva inesorabilmente, altre volte la fantasia aveva le fattezze di una scatola magica con una connessione wifi. Quello era il solo modo che avevi per superare quelle mura talmente alte da sembrare insormontabili.

Mi era stato assegnato il ruolo di un giullare di corte chiamato Batman per rendere la tua permanenza forzata un po’ più movimentata. Mi avevano parlato di un piccolo principe dal carattere un po’ difficile e invece io ho trovato un bambino (guai a chiamarlo ragazzino, ti saresti offeso) dallo sguardo dolcissimo e dai grandi e intensi occhi pieni di vita. Ho avuto il privilegio di sentirmi definire “un amico“: una parola dall’enorme significato che quando l’ho realizzato mi sono commosso. Lui che di amici ne aveva tanti ma molti virtuali. Ricordo che hai viaggiato in tutto il mondo, conoscevi posti che nemmeno io ho mai sentito nominare, hai vissuto tante esperienze in qualsiasi continente della terra, d’altronde la tua cartina geografica era molto più veloce di un aereo e ti permetteva di andare molto più lontano.

In una bella giornata di sole invece, una di quelle giornate che ci portiamo entrambi nel cuore, mi hai concesso il merito di accompagnarti oltre la tua fortificazione per vedere la mia Batmobile appositamente fatta arrivare per te. Con una buona dose di coraggio e con al tuo fianco il tuo secondo padre in camice azzurro, tesserino con ruolo da primario, immancabile penna nel taschino ed un sorriso di chi sta per vivere un’avventura col proprio figlio. La sedia a rotelle, il lenzuolo che ti liberava solo gli occhi ed il respiratore non erano più cosi importanti, facevano da contorno. C’è stato un attimo di silenzio, un istante che ha racchiuso un’intera esistenza, un momento di palpabile tristezza mista a disperazione ma anche alla gioia di trovarmi lì in quel frangente con te. E’ stato subito dopo la tua espressione di stupore ma anche commozione mentre dicevi: “Ah, l’aria fresca!”, quasi ti fossi dimenticato la sensazione bellissima sulla pelle, la tanto desiderata quanto temuta aria fresca. Ammetto che quella frase mi ha destabilizzato e mi sono sentito molto, troppo piccolo in confronto a te, a nulla è valso il mio costume da supereroe di fronte ad un vero supereroe. E la foto che hai tenuto vicino a te sempre è stata il ritratto di quella giornata.

Troppo presi dai nostri ritmi frenetici della quotidianità per accorgerci della vita che ci sta sfuggendo via e nemmeno ce ne rendiamo conto. Il mio piccolo principe del castello mi ha insegnato a fermarmi veramente e a guardare un tramonto che va a dormire al di là del mare mentre lui non poteva vederlo, mi ha insegnato che a volte basta una carezza, una parola dolce e di conforto o anche solo la presenza per rendere la vita di qualcun altro migliore, mi ha insegnato a chiedermi cosa posso fare per gli altri invece di chiedermi cosa gli altri possono fare per me. A tutti noi che abbiamo avuto il piacere e l’onore di averti conosciuto hai insegnato tanto: avevi tutti i motivi per lamentarti e non lo facevi, amavi comunque la vita nonostante lei ti avesse voltato le spalle più volte e affrontavi tutto coraggiosamente come solo chi ha vissuto come te sapeva fare.

Ora il tuo castello è vuoto e tu non ci sei più ma non posso fare a meno di cercarti lo stesso e di pensare che in fondo il tuo nuovo Regno è indubbiamente migliore di questo, perchè non era vita la tua. Piccolo grande uomo, la tua grande forza ha reso migliore me e tanti altri che ti hanno conosciuto di persona e anche chi ha letto questa lettera, ma ricordati una cosa: io sarò quello col costume ma il vero Batman sei tu! Ciao Giuseppe”.

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