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Il latino deriva dal sardo? Intervista all’autore Bartolomeo Porcheddu

Bartolomeo Porcheddu (Foto Facebook)

Bartolomeo Porcheddu (Foto Facebook)

Qualche giorno fa con uno scarno comunicato stampa, Bartolomeo Porcheddu annuncia l’uscita del suo libro “Su latinu est limba de sos sardos. Latinum lingua sardorum est”, nel quale afferma la sua teoria, secondo la quale non è il sardo a derivare dal latino, ma il contrario. Certo Porcheddu ha lanciato un bel sasso nello stagno de sa Limba, con perfetto tempismo rispetto alle imminenti iniziative legate a Sa Die de sa Sardigna. In Cattedrale si celebra la prima messa in Limba, in consiglio regionale si proclama ufficialmente “Procurad’e moderare” inno di Sardegna, quale momento migliore per affermare un sensazionale “Il latino deriva dal sardo”?

Inevitabile che un’affermazione che tenta di scalfire una certezza consolidata da quasi 200 anni di ricerche e supportata da milioni di documenti, susciti scalpore e soprattutto scetticismo tra gli esperti. Immediate le reazioni da parte degli studiosi, basta leggere la rassegna stampa sul sito di Unica. Benché la premessa sia unanime, e gli studiosi si riservino di leggere il libro di Porcheddu prima di esprimere qualsiasi critica soprattutto al metodo utilizzato dall’appassionato linguista, è netta la posizione della scienza ufficiale. È difficile accettare che due secoli di studi che dimostrano come il sardo derivi dal latino vengano spazzati via da un libro autoprodotto, non preceduto da dibattiti o contraddittorio con altri esperti. Troppo poco, quei due singoli esempi citati nell’unica agenzia dell’Ansa in cui Porcheddu illustra la sua tesi, perché i linguisti possano mettere in discussione la sua teoria. Tutto farebbe pensare a una strategia pubblicitaria mirata a suscitare curiosità nei confronti della pubblicazione di Porcheddu. Così abbiamo provato a sentire il diretto interessato, perché ci fornisse qualche elemento ulteriore, qualche particolare in più soprattutto sul ragionamento che lo ha portato ad affermare una verità così eclatante.

Dott. Porcheddu che metodo ha utilizzato per elaborare la sua teoria?

Ho utilizzato il metodo comparativo, tanto è che la mia è una grammatica comparata sardo latina. Ho sezionato pertanto le due lingue secondo gli elementi basilari (fonetica, fonologia, ortografia, morfologia, ecc.) e le ho messe a confronto rilevando innanzitutto le corrispondenze. Poi ho supportato i dati rilevati prendendo ad esempio i testi degli scrittori latini ed annotando la fonte a pie di pagina. Per cui tutto quello che dico è suffragato dalla fonte da cui ho preso l’informazione, che può essere verificata da chiunque.

Quali testi ha utilizzato per effettuare la comparazione?

Innanzitutto la mia “Grammatica de sa limba sarda comuna” poi Mario Puddu, Massimo Pittau, Antonino Rubattu, ecc.

A che periodo fa risalire una forma compiuta di lingua sarda?

Ho utilizzato, inserito nell’ultimo capitolo, ma non per questo ultimo per importanza, tre edizioni della Carta de Logu per dimostrare che il sardo nel corso di circa 6 secoli non ha subito modifiche sostanziali.

Quindi è nato prima il sardo del latino?

Quello che io affermo è che il latino precedente alla Koinè (latina) era una lingua sarda. Il latino che noi conosciamo oggi è invece una Koinè formata da sardo, tosco umbro e greco. Tutte e tre facilmente individuabili. In primo luogo, riportando alla corretta lettura il latino scolastico, si riescono a capire meglio i meccanismi che regolano la lingua latina.

E la lingua sarda invece, è assolutamente “pura” per così dire, o ha comunque subito l’influenza di altre lingue?

Credo che sia sufficiente quello che le ho detto, altrimenti togliamo la sorpresa al lettore.

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