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Intervista ad Alberto Murru: dal grande successo dei concerti indie al nuovo volto della musica sarda

A Cagliari, un tempo, c’erano Su Scannu e Kuntra. La musica era dichiaramente indie, scavando in un underground fluttuante di fenomeni del momento e artisti futuribili. Oggi esiste MIS – Made in Island, associazione culturale che da diverso tempo propone una prosecuzione naturale nelle proposte ma con una forza diversa rispetto al passato. Lo dimostra il successo imperioso del concerto di Iosonouncane e Paolo Angeli registrato lo scorso 17 marzo all’Auditorium di Cagliari, una non sorpresa sia per il valore delle forze in campo e sia per il terreno seminato da Fabio Carta e Alberto Murru.

La carica deriva da elementi ancestrali e difficilmente catalogabili nei generi musicali attuali. Mentre spopolano fenomeni effimeri come la trap e il reggaeton, MIS attira un pubblico maggiormente legato ad innovatori, cantautori, progetti diversi dal solito. Non è strano dunque ritrovarsi davanti ai vari Motta, The Heart and The Void, Gazzelle, Frah Quintale, Wrongonyou, Giorgio Canali, Dargen D’Amico, Colombre e Madman. Non è strano che i fan aspettino con impazienza il Waves Festival, dove al momento sono previsti i concerti di Suzanne Vega e Bianco. Alberto Murru ci spiega il perché di questi successo e dove sta maturando la musica in Sardegna nel 2018.

Foto credit: Francesco Pintore

1) Quando è nata la possibilità di unire Iosonouncane e Paolo Angeli, e come avete organizzato lo show all’Auditorium?

La possibilità di ospitare questo concerto unico non nasce da noi, bensì dalla volontà dei due stessi artisti. Insieme a Fabio abbiamo chiesto al management di Iosonouncane di poter ospitare lo spettacolo che era già andato in scena intorno ad Ottobre a Nuoro, e di poterlo portare in un luogo prestigioso a Cagliari. In poco più di una settimana è stato messo su un tour che sarebbe passato per diverse città, tra cui Cagliari. Abbiamo puntato tanto sulla comunicazione, dai social al volantinaggio abbiamo capillarizzato l’informazione, e quello che ne è venuto fuori è stato un bel pienone per uno spettacolo tutt’altro che facile da portare in scena e soprattutto da recepire. L’organizzazione è venuta naturale, supportati da uno staff all’altezza e soprattutto fiduciosi della riuscita.

2) Quali sono state le emozioni vissute quella notte? Cosa avete pensato una volta che tutto è finito?

Non ti nascondo che all’inizio abbiamo avuto un po’ di timore: ‘‘riusciremo a far entrare tutte queste persone prima dell’inizio?’’. Poi il timore si è trasformato in orgoglio, vedere 700 persone che con il sorriso stampato sul volto entrando in sala è una cosa bellissima. Abbiamo visto lo spettacolo a tratti, il live è stato emozionante, la fusione delle esperienze dei due musicisti ha creato un clima quasi mistico, è stato un po’ come se le viscere della terra si fossero trasformate in musica. Una volta finito lo spettacolo ci siamo alleggeriti da tutte le ansie, orgogliosi del risultato.

3) Il prossimo luglio riproporrete il Waves Festival con la presenza di Suzanne Vega e Bianco. Quali sono gli obiettivi? Cosa dovremo aspettarci da questa edizione?

Si, il 14 giugno riparte il Waves e Suzanne Vega e Bianco sono solo i primi due nomi annunciati. Un festival nato quasi come uno sfogo, un connubio di voglie artistiche e vincoli geografici. Saranno sette giovedì con ospiti importanti, molto differenti tra loro, che siamo certi contribuiranno ognuno in maniera diversa a rendere l’atmosfera magica. Ovviamente l’obbiettivo è quello di contagiare quanta più gente possibile, e coinvolgere quanto più pubblico possibile. Nella passata edizione il pubblico si è fidato di noi e si è lasciato trasportare in sette racconti artistici differenti, siamo sicuri che ci ripeteremo anche quest’anno. Aspettatevi ancora una volta della magia al centro della città.

4) Che momento storico stiamo vivendo con la musica dal vivo? Come si è mosso il flusso delle persone da eventi mainstream a eventi di diverso genere, un tempo di nicchia?

La musica dal vivo ha subito un grosso scossone negli ultimi tempi che possiamo definire ‘professionalizzante’. Oramai anche le band o i cantautori più piccoli e sconosciuti hanno una gestione aziendale della loro attività; comunicazione, live e produzione sono gestiti sempre di più in maniera impeccabile rispetto al passato. Se da una parte le band hanno migliorato tanti aspetti legati alla professione, dall’altra parte non ci sono progetti musicali che fanno gridare al miracolo. Un passo indietro lo abbiamo fatto forse rispetto ai locali, sempre meno, soprattutto in Sardegna. Sulle differenze di pubblico o ascolti credo non sia cambiato nulla. Quello che noi chiamavamo indie è migrato nel mondo del pop, il rap si è impadronito parzialmente della classifica, e in tutto questo i grossi nomi comunque non hanno perso la loro importanza. Ora a scegliere possiamo essere direttamente noi, siamo noi i direttori artistici, niente di più democratico!

5) A livello di location come siamo messi? State puntando decisamente l’Exmà, all’Auditorium avete fatto il sold out… Ci sono altri luoghi che varrebbe la pena esplorare?

Sono profondamente convinto che la cornice influisce profondamente nella creazione di un’atmosfera piuttosto che un’altra; per esempio all’ExMa si crea una situazione di ascolto e attenzione assoluta, a contribuire è sicuramente il luogo. L’Auditorium è un posto bellissimo che ha bisogno di sostanziali interventi, e soprattutto ha bisogno di vita, non di accensioni sporadiche. Non possiamo non citare il Fabrik, il locale che garantisce nella stagione invernale una gamma coloratissima di concerti e che raccoglie il più alto numero di persone che pagano per sentire un concerto.
Ci sono tanti altri luoghi che potrebbero ospitare la musica, sono palcoscenici naturali sparsi qua e là per l’isola, e chissà, magari in qualcuno passeremo!

6) Come è cambiata la scena sarda? Qualche anno fa c’era un fulgore enorme, con decine di band che si affacciavano anche in contesto nazionale, mentre oggi sembra che la cosa sia più limitata a pochi splendidi casi. Ritieni si sia persa quella spinta oppure è semplicemente un momento dove i progetti si stanno riformando per qualcosa di nuovo?
La scena sarda mi sembra viva, certo ci sono meno locali in cui esprimersi e forse meno band o progetti che attraversano il mare per suonare fuori dall’Isola. Ci sono tanti festival in giro per la Sardegna, tanti piccoli eventi, ma gran parte degli spettacoli qui, continuano ad essere le feste di paese; su queste non ci siamo ancora evoluti, continuiamo a vedere relitti e personaggi ormai vecchi della musica, che si trascinano sui palchi della Sardegna. È sempre più raro beccare tra le feste delle proposte artistiche interessanti e fuori dagli schemi, visti numeri e soldi investiti, potrebbero essere una bella risorsa. Forse è semplicemente un momento, migliaia di ragazzi ora sono rifugiati nelle loro cantine ad accordare le chitarre e trovare nuovi suoni negli ampli, e chissà che tra qualche anno non si ritorni a mettere il muso in maniera convincente in Italia.

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