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Straordinaria scoperta archeologica: una statua simile ai Giganti di Mont’e Prama anche a San Sperate

scoperto Gigante di Mont'e Prama San Sperate

Al contrario di quanto finora si credeva, i Giganti di Mont’e Prama potrebbero non essere un unicum nel contesto archeologico sardo. È questa la proposta avanzata dall’archeologo Alberto Mossa, a seguito del riesame di alcuni reperti provenienti dal territorio di San Sperate, dal 1975 custoditi nei depositi della Soprintendenza Archeologica di Cagliari. I resti, interpretati dallo studioso come frammenti di un elmo e di armi pertinenti alla statua in arenaria di un Gigante, potrebbero permettere di fare nuova luce su un passato della Sardegna ancora poco indagato.

Era il 1975 quando nel centro storico di San Sperate, nel corso dei lavori finalizzati alla realizzazione degli impianti fognari, emersero i resti di un villaggio nuragico risalente circa al 1800 a. C.. I reperti frutto dello scavo furono catalogati e custoditi nei depositi della Soprintendenza dove hanno atteso pazientemente più di 40 anni, prima di essere rianalizzati dall’archeologo trentunenne di San Sperate, Alberto Mossa. Si tratta di cinque frammenti, quattro dei quali interpretati come la porzione di un copricapo (probabilmente il corno di un elmo) e un altro dalla dubbia identificazione, forse parte di una faretra o di uno scudo.

Frammento del copricapo della statua di San Sperate

Ma come facciamo ad affermare con certezza che i ritrovamenti di San Sperate siano da assimilare a grandi sculture simili a quelle di Cabras? Come spiega lo stesso Mossa: «In archeologia è opportuno avere un atteggiamento di massima prudenza, ma certamente la scoperta di questi frammenti permette di affacciare l’ipotesi che la statuaria di Monte Prama non sia un unicum. Ho trovato stringenti confronti tipologici e dimensionali con i materiali recentemente pubblicati del sito di Cabras, che mi hanno fatto prendere coscienza dell’importanza straordinaria rivestita da questi elementi scultorei. In realtà sono diversi i luoghi che hanno restituito esempi di scultura nuragica: per quanto riguarda la statuaria antropomorfa si hanno pochi elementi, ma uno di questi è la testa recuperata nel pozzo di Banatou a Narbolia».

Sappiamo che i Giganti di Mont’e Prama facevano parte di una necropoli e dunque di un contesto funerario, mentre i reperti di San Sperate sembrano appartenere ad un contesto abitativo. Come si spiega questa apparente contraddizione? «È molto presto per fare ipotesi però, da quello che sappiamo, i frammenti di San Sperate provengono da un antico edificio monumentale che, a detta degli scopritori, poteva avere “una valenza pubblica e di importanza sociale”. La funzione poteva essere quella di autocelebrare una classe sociale preminente per l’epoca, come quella aristocratica tipica dell’età del Ferro. Conciliare due contesti diversi è una cosa molto ardua, però per entrambi i casi si potrebbe ipotizzare una “monumentalizzazione” di aree che aggregassero le comunità».

Proposta di ricostruzione per i frammenti di San Sperate

Dai dati in possesso degli studiosi si intuisce dunque un quadro degno di ulteriori indagini. Come conferma anche Gianfranca Salis, Funzionaria presso la Soprintendenza Archeologica di Cagliari «Il territorio di San Sperate è ricchissimo ed è già stato oggetto di numerosi scavi. Purtroppo, per certi aspetti, il lavoro degli archeologi è complicato dal fatto che l’area dei ritrovamenti si trova proprio sotto l’attuale centro abitato, e ha subito una frequentazione umana ininterrotta praticamente dalla Preistoria ad oggi. Operare in un contesto simile ovviamente comporta intoppi e difficoltà».

In ogni caso, come afferma anche l’archeologo Alberto Mossa, buona parte del lavoro di ricerca dovrà incentrarsi sul materiale già in nostro possesso, che necessita di essere rianalizzato: «È importante che lo studio dei manufatti custoditi all’interno dei magazzini prosegua. I reperti conservati in questi locali molto spesso ci rivelano grandi sorprese, utili a ricostruire situazioni per certi versi ancora nebulose». Non a caso, al centro dello studio di Massa, consultabile al seguente link, sono anche due modellini a forma di nuraghe quadrilobato, frutto di ritrovamenti casuali avvenuti diversi decenni fa.

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