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Intervista a Anthony Muroni: “Rottura assoluta con i partiti italiani. Psd’Az? Grave se si allea con la Lega”

Anthony Muroni

Anthony Muroni

La novità politica delle prossime elezioni in Sardegna è rappresentata dalla nascita del polo di Autodeterminatzione sardo. Una novità importante per il panorama politico sardo, nata all’insegna della discontinuità con il “sistema” che fin qui ha governato l’isola. Ne fanno parte i partiti e movimenti Rossomori, Sardegna Possibile, Sardigna Natzione, Irs, Liberu, Sardos, Comunidades e Gentes, e come simbolo hanno adottato “Su Carrabusu”, lo scarabeo, a significare una rigenerazione costante che ripulisce l’ambiente generando nuova vita.

AutodetermiNatzione ha ufficializzato nello scorso fine settimana la sua presenza alle prossime elezioni politiche nazionali con un suo simbolo e suoi candidati in tutti i collegi pluri e uninominali. In una conferenza stampa dello scorso 24 novembre, i rappresentanti delle otto formazioni politiche – Paolo Mureddu, Alberto Filippini, Alessandro Mongili, Valentina Sanna, Marta Onnis, Pier Franco Devias, Gavino Sale e Bustianu Cumpostu – hanno designato come portavoce il giornalista Anthony Muroni, giornalista ed ex direttore dell’Unione Sarda, da tempo impegnato in una percorso di discussione sulle sorti politiche e culturali dell’isola. E con lui abbiamo discusso della nascita di questo nuovo polo.

È nato un nuovo polo in Sardegna. Di cosa si tratta nello specifico?

Si tratta di un processo di aggregazione prima di tutto culturale e poi politico. Di un mondo che fin qui ha viaggiato diviso e che ha nel suo orizzonte un’esperienza politica fatta di decisioni da prendere per il presente e il futuro della Sardegna, senza dipendere dai partiti che hanno testa, cuore e anima a Roma.  Le politiche degli ultimi 25 anni hanno fatto peggiorare tutti gli indicatori della Sardegna, da quelli economici a quelli sociali, da quelli del benessere a quelli dell’assistenza, da quelli dell’accesso al lavoro a quelli dell’istruzione. Dobbiamo cambiare la prospettiva, far emergere quelle forze che non si sono impegnate in politica poiché hanno trovato sbarrato l’accesso dai partiti politici italiani. Quindi far emergere le esperienze del mondo dell’impresa, delle professioni, delle associazioni culturali e del volontariato, delle persone che ogni giorno combattono contro la mala burocrazia, contro le tasse, contro la delusione derivante dal mondo politico. Molti hanno perso la speranza, molti se ne vanno o perché costretti o perché non vedono futuro in questo sistema. Noi vogliamo dare una risposta a queste persone.

Nel vostro lavoro verso l’autodeterminazione, come vi ponete nei confronti del governo nazionale?

Il lavoro si fa dentro e fuori dalle istituzioni. Fuori dalle istituzioni si fa un lavoro culturale che serve a capire qual è l’idea di sviluppo per la Sardegna, perché un ragazzo dovrebbe rimanere qua e qual è la prospettiva che ha davanti. Poi la politica si fa dentro le istituzioni, nei consigli comunali, nel consiglio regionale e nel Parlamento. Più persone si riesce a far eleggere nelle istituzioni con un’idea di indipendenza in testa rispetto alle logiche partitiche che ci hanno negato una idea di sviluppo, più c’è la speranza di poter cambiare le cose.

Si parte il 4 marzo con le elezioni nazionali. Qual è il vostro obiettivo e quali sono le indicazioni che vorrete raccogliere?

L’obiettivo è quello di far emergere dal corpo elettorale un’idea di Sardegna e di lanciare un segnale chiaro ai partiti che fin qui hanno deluso. Non partiamo battuti poiché nei collegi uninominali verrà eletto il candidato che otterrà un voto in più rispetto a quello dell’altra coalizione. Ci sentiamo in competizione in tutti e nove i collegi uninominali. Mentre dal punto di vista dei collegi proporzionali, se la coalizione raggiungesse il 20 % di consensi, parteciperebbe alla distribuzione su base regionale dei senatori. Ma il problema non è far eleggere qualcuno, ma far sapere ai sardi che esiste un’altra strada democratica alternativa a quella conosciuta, si tratta di prendere una rincorsa per le elezioni amministrative e quelle regionali. Il nostro progetto andrà avanti a prescindere dal risultato che arriverà dalle urne il 4 marzo.

Anthony Muroni in tutto questo è solo un portavoce, o anche il leader e promotore di questo polo? Qual è il tuo ruolo?

In questo momento sono stato individuato come momento di sintesi fra i componenti di questa associazione, e così mi sento. Probabilmente mi hanno scelto come portavoce poiché il mio mestiere è quello di comunicare essendo un giornalista. I nostri modelli sono quello catalano e quello corso. All’interno di quelle due coalizioni ci sono le più diverse espressioni che passano dall’estrema sinistra all’estremo conservatorismo, eppure convivono all’interno di un programma perché ognuno ha ceduto un pezzo della loro sovranità per il bene della loro terra. Sono due esperienze che hanno portato i loro progetti a governare il loro territorio: la stessa cosa dobbiamo fare noi qua, senza sgomitare o litigare, ma cercando di privilegiare ciò che ci unisce. Come si è visto questo percorso è iniziato da mesi, e non c’è niente che ci abbia allontanato perché al centro non ci sono interessi personali ma della nostra isola.

Nella vostra aggregazione mancano essenzialmente due partiti che fin qui hanno assunto un ruolo importante a livello regionale come il Partito dei Sardi e il Partito Sardo D’Azione, che in questo momento stanno lavorando su coalizioni di base nazionale. C’è stato un discorso con loro per integrarli nel progetto? Com’è la situazione?
Il nostro interesse è quello di riunire in maniera paritaria tutte le forze che mettono al centro la Sardegna. Non è una questione etnica ma etica, abbiamo già visto che i partiti italiani non mantengono le promesse. Noi pensiamo vada messo un solco inderogabile, e qualche risultato lo stiamo ottenendo se è vero che il Partito dei Sardi aveva messo delle condizioni al PD e il PD non le ha accettate; se è vero com’è vero che il PSD’Az ha proposto i dieci punti programmatici a tutti, persino alla Lega che è una forza razzista e al PD che è l’esatto contrario. Mi pare di capire che per loro Lega o PD pari siano e credo che questa sia una cosa che non faccia onore a quella bandiera. Penso invece che il posto del Partito Sardo D’Azione sia al fianco dei sardi e non altrove.
Come vi rapportate con la galassia del Movimento 5 Stelle?
Non ci alleiamo anche con loro poiché riteniamo che le decisioni sulla Sardegna vadano prese in Sardegna, e anche loro sono molto dipendenti da Roma. C’è però un dialogo che è fatto nell’interesse della Sardegna sui contenuti. Il Movimento 5 Stelle pesca nel nostro stesso elettorato, cioè degli scontenti che cercano una speranza nuova. Crediamo che come già successo in Catalogna e in Corsica, il popolo sardo debba cercare al suo interno le forze per mandare un messaggio ai partiti italiani. Dunque ritengo che come aveva già detto Grillo in due occasioni, la presenza del Movimento in Sardegna sia inutile, poiché quello che loro stanno facendo nel resto d’Italia qua lo stiamo facendo già noi. Auspicavo perciò che alle elezioni politiche e a quelle regionali, il M5S lasciasse fare ai sardi. Ciò non è ancora accaduto, ma non perdo le speranze: può darsi che in futuro Grillo provi ad applicare quello che ha già detto in passato.

Quali sono i punti programmatici del Polo?

Noi vogliamo creare un’assoluta rottura con tutte le politiche attuate negli ultimi vent’anni. Innanzitutto sulle entrate: la giunta regionale uscente ha lasciato per strada circa quattro miliardi di euro dei sardi nella parità delle entrate. Per governare bene la Sardegna c’è bisogno di soldi. Non di più soldi, ma dei soldi che ci spettano e che vanno spesi meglio, dando delle priorità. La priorità in questo momento è il lavoro: non quello creato dall’ente regione ma l’ente regione deve creare le condizioni strutturali, economiche e di prospettiva perché il mondo delle imprese possa dare lavoro. Ci vogliono leggi per la defiscalizzazione delle imprese in maniera mirata, con l’abbandono dell’industria pesante e di una serie disarticolata di attività; leggi su un modello di sviluppo che si basa sulle peculiarità della Sardegna: su bellezza, cultura,  prodotti tipici, sistema diffuso di imprese legate al lavoro della terra. Serve modernizzare il settore dell’agricoltura, serve renderlo competitivo sui mercati, e per questo va fatto un lavoro legislativo, di formazione e di programmazione. Le risorse vanno convogliate in un settore di prospettiva che non abbia bisogno di una mano pubblica per essere gestito. Non bisogna poi dimenticare il settore dell’assistenza e del benessere per coloro che hanno perso il lavoro, per le famiglie, per le mamme, per il mondo dell’istruzione con una serie di misure nuove. Dobbiamo fornire gli strumenti per star meglio. Dobbiamo applicare la costituzione senza riempirci la bocca come fanno i partiti italiani.

Quali sono i tuoi progetti dopo la dipartita dall’Unione Sarda e quali le paure per questa nuova fase che stai vivendo?

Non ho mai avuto paura. Cerco di fare cose che ritengo eticamente giuste, che mi motivino in maniera profonda. Ho fatto il giornalista per venticinque anni, voglio continuare a farlo e credo di averlo fatto in maniera onesta. Ho fatto la gavetta, ho scalato le varie gerarchie di un grande giornale fino ad arrivare a 40 anni a diventarne direttore. All’età di quarantré anni ho ritenuto necessario trovare altri stimoli e non abbandonare le battaglie che avevo fatto sulle colonne del giornale, come quello degli interessi della Sardegna. Sono stato fortunato nel trovare delle aziende che su di me hanno investito, ho lavorato e sto lavorando su docu-film su tutta quella parte di Sardegna che spesso rimane nascosta. E continuo a portare là fuori le mie battaglie.

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