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L’ideatore di videogiochi: Francesco Laddomada, alias Tio, racconta la Game Jam e la sua passione (VIDEO delle sue creazioni)

Una laurea triennale in Informatica a Cagliari, quindi la fondazione della startup Photocircle a Berlino, infine la scelta di riprendere gli studi nel settore della creazione dei videogiochi, la passione di sempre. Da qui una nuova serie di scelte: la laurea magistrale in Game Design a Copenhagen, l’esperienza in una compagna danese impegnata nella creazione di giochi di apprendimento e il tirocinio da King, a Barcellona, compagnia resa celebre dall’arcinota Candy Crush Saga. Francesco Laddomada, alias Tio, racconta un mondo – quello che ruota attorno alla creazione e allo sviluppo dei videogame – forse ancora poco noto a Cagliari, ma che progressivamente, pare, sta rivelandosi capace di conquistare il proprio spazio. La conferma? A fine mese torna a Cagliari la Global Game Jam.

Dopo una prima occhiata al curriculum di Laddomada pare impossibile non iniziare analizzando le esperienze all’estero. Necessità o casualità? «Nel campo dello sviluppo dei videogiochi purtroppo siamo rimasti molto indietro, anche se da qualche anno inizia a muoversi qualcosa» – spiega. «Ma – precisa – è comunque un inizio, ed è anche per questo che ho deciso di tornare». Un ambito quindi che inizierebbe a cercare di ricavarsi il proprio spazio anche qui, in Italia. «Oggi, oltre le storiche sedi di Milestone e Ubisoft a Milano, esistono poco più di un centinaio di studi indipendenti che stanno crescendo o che addirittura formano dei collettivi, come Contralto, a Milano. Ma anche in ambito universitario, nel 2017 è iniziato un Master in Game Design alla IULM di Milano e si è tenuto il primo Call for Papers di DiGRA Italia (Italian Digital Games Research Association).» Positivo perfino il riscontro ottenuto dallo Stato, che – continua Laddomada – «sta iniziando a vedere i videogiochi come un media di grande potenziale artistico e culturale. Si veda per esempio Father and Son, gioco sviluppato per promuovere il Museo Archeologico di Napoli». Iniziative che rendono lecito un discreto ottimismo, ma dietro cui si nasconde ancora un dislivello importate. «In molti paesi scandinavi, per esempio, l’università è gratuita, e alcune di queste hanno ottimi contatti col mondo del lavoro, mentre altre preparano al meglio lo studente che vuole cimentarsi nel creare il proprio studio indipendente».

Aziende che vanno imponendosi, Master universitari, videogame promossi dallo Stato. La situazione sembra incoraggiante, ma qual è, nello specifico, lo spaccato relativo a Cagliari? «Quest’estate il CRS4 ha tenuto una serie di seminari alla CRS4 Videogame Scientific School, ed è stato creato il primo gruppo facebook “Game Developers Sardegna” – racconta Laddomada. Perfino nel corso di laurea triennale di Informatica – continua – si è tenuto un primo corso di Game Design. Da poco hanno anche aperto la Game Maker Academy, che tiene diversi corsi di modellazione, narrazione e programmazione. Anche il fatto che nell’ultimo anno siano spuntate diverse escape room in Sardegna, è un ottimo segno di interesse verso l’argomento. Vuol dire che la gente è ancora interessata a giocare e a supportare chi crea nuove esperienze».

Negli scorsi giorni, però, il tema ha ottenuto una grande visibilità grazie a un appello, lanciato proprio dal cagliaritano, per la ricerca di creativi e ideatori di giochi e videogiochi. A fine gennaio, infatti, si terrà anche a Cagliari la Global Game Jam. Ma cosa è, e come funziona, esattamente, una jam? «In sostanza si tratta di un evento dove, dati un tempo limitato, un tema e un gruppo di sconosciuti, si prova a creare un gioco insieme, che non deve necessariamente essere un videogioco. La Global Game Jam in particolare dura 48 ore e avviene in contemporanea mondiale: dopo che si annuncia il tema, in centinaia di città iniziano a buttare giù idee e a formare team per cercare di concludere l’idea entro il tempo limite. Ognuno porta l’occorrente che gli serve per eseguire il suo lavoro e alla fine si prova a mettere tutto assieme. Non esistono regole particolarmente complesse, se non quella di essere ragionevoli con il prossimo – assicura Laddomada. – L’idea è che il gioco sia un prototipo funzionante, quindi non un prodotto pronto al lancio. Perciò bisogna anche essere bravi a capire dove si può arrivare in quel tempo limite e col resto del team».

Chi può partecipare, quindi, alla jam? «Servono personalità creative: artisti, compositori, programmatori, animatori, modellatori, scrittori, designer, che siano anzitutto capaci di pensare e lavorare in squadra». Un consiglio per chi deciderà di prendere parte a questa vera e propria maratona creativa? «Può succedere che il lavoro diventi quasi totalizzante… ricordatevi di mangiare e di dormire!».

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