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Vistamusic, Flavio Secchi: “Essere Rock’n’roll” significa concedersi di essere sé stessi. A otto anni la prima chitarra…”

Per la nostra consueta rubrica “Vistamusic”, abbiamo intervistato il cantautore Flavio Secchi, il quale evidenzia una particolare influenza targata Lucio Dalla. Rock, melodia e poesia: una triade che racchiude l’essenza musicale dell’artista sardo.

Partiamo subito da una domanda bruciapelo: come descriveresti il tuo modo di fare musica in soli tre aggettivi.

Sincero, artigianale, ispirato.

Quanto è complicato per un cantautore come te affermarsi in Sardegna? Pensi che la nostra isola ponga dei limiti sotto questo aspetto?

È un’impresa titanica (ride). Io credo che, per ragioni diverse, affermarsi sia difficile dappertutto. Mi capita sempre più spesso di suonare fuori dalla Sardegna e non mi pare di incontrare situazioni molto più facili per i cantautori emergenti. Però, ti confido una cosa, credo che la preoccupazione del successo sia una trappola che porta fuori strada. Ci fa ammalare, ci fa fare scelte che non ci somigliano, ci fa vivere una vita rincorrendo qualcosa. Invece credo che a musica, come tutta l’arte, dovrebbe avvicinare a sé stessi, dire chi siamo, dovrebbe avere come unica preoccupazione quella di sapersi esprimere sempre meglio e arrivare al cuore delle persone. Il resto viene da sé, se vuol venire. Se no anche pazienza.

Che difficoltà può riscontrare un cantautore, nel proporre la propria musica, in confronto ad una band?

Beh, credo che dipenda dai contesti in cui si propone. Una band è più adatta in piazza o in un palco in cui è richiesto molto ritmo e un po’ di “festa”. Un cantautore con la sua chitarra è più adatto a situazioni intime o comunque può piacere a un pubblico che ha voglia di ascoltare storie e riflettere un po’ o anche solo emozionarsi. Da un punto di vista “manageriale” (il lavoro con cui tecnicamente ci si promuove), ugualmente, penso ci siano pro e contro in entrambi i casi. In una band l’unione fa la forza, … ma spesso c’è disunione e, parafrasando il detto, essa fa la debolezza!! Nei casi di doppia personalità, le divergenze di opinione accomunano cantautore e band!!

Cosa ti ha spinto e come è nata la tua passione per la musica? Quando hai capito che questa sarebbe stata la strada giusta per la tua vita?

Ho iniziato a “giocare” col pianoforte che neppure camminavo. La chitarra l’ho presa in mano a otto anni. Non ho mai smesso. Se devo individuare proprio un punto di inizio ti direi che fu quando ascoltai per la prima volta Samba Pa Ti di Santana. Quella prima frase di chitarra, sola nel vuoto.. Magia pura. Tutt’oggi è una delle cose più belle che ho mai ascoltato in vita mia. Mi ha totalmente stregato. In quell’istante sapevo cosa avrei voluto fare nella vita.

Personalmente ho notato un sentimento profondo nel tuo modo di riproporre i brani di Lucio Dalla, e aggiungo: in alcuni tuoi brani si nota una piccola influenza del cantautore bolognese. Sbaglio?

Lucio è il mio preferito in assoluto. Una fonte perenne di ispirazione. Una contraddizione vivente. Poeta, musicista, folle, mutevole, libero dagli schemi. Un vero modello per me. Ogni volta che canto i suoi brani me li godo e me li vivo. Li sento miei. Aveva un modo di descrivere le cose unico, a cui mi sento davvero affine. È molto probabile che ci sia qualcosa della sua influenza nelle mie canzoni. Non è una cosa volontaria (pure volendo, è impossibile inventare qualcosa copiando qualcun altro, a mio parere) ma la sua influenza c’è sicuramente. Come potrebbe essere altrimenti?

A quale delle tue canzoni sei maggiormente legato? Quale ti emoziona particolarmente ogni volta che la riproponi in pubblico?
Una domanda molto difficile. Forse la mia preferita è Stella di Mare. Ma anche Le Rondini, Felicità… Il greatest Hits di Lucio è la sua discografia intera.
Questa è una domanda che faccio spesso: qual è stato l’album musicale che ha segnato la tua adolescenza?
Koln Concert di Keith Jarrett, credo sia stato il più influente. E le Variazioni Goldberg suonate da Glenn Gould nel 1955. Anche Almoraima di Paco de Lucia, a pensarci. Secret Story di Pat Metheny…è difficilissimo dirtene uno solo!
Si può essere rock’n’roll senza la necessità di pestare a sangue su una batteria e regalare virtuosismi paranormali su una chitarra elettrica? Cosa significa per te “Essere Rock’n’roll”?
Secondo me “Essere Rock’n’roll” significa non prendersi troppo sul serio, concedersi di essere sé stessi anche se si esce completamente dal coro, anche se si può risultare “strani”. Fregarsene dei giudizi della gente. Accettare di non essere perfetti (o, se si preferisce come atteggiamento, prendere coscienza che la bellezza di ciascuno è proprio nella combinazione dei suoi difetti). Io son stato un metallaro, da ragazzino. Era bellissimo. Tutt’oggi ogni tanto mi ascolto con grande piacere South of Heaven degli Slayer. Grandissimo disco.

Infine, quali sono i tuoi progetti per il futuro? Cos’hai in programma?

Sto scrivendo il mio terzo disco da cantautore, ho appena finito di scrivere un nuovo libro – stavolta un romanzo per ragazzi -, e insegnamento permettendo (insegno chitarra alle scuole civiche), mi sto laureando in psicologia e prendendo la patente nautica. Ce la farò? Mah! Portami fortuna (ride n.d.r)

VIDEO esibizione live Flavio Secchi

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