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Centodue anni fa Antonio Gramsci scriveva “Odio il Capodanno”, non il manifesto di un misantropo, ma un inno alla libertà e all’anticonformismo

Centodue anni fa Antonio Gramsci scriveva “Odio il Capodanno”, non il manifesto di un misantropo, ma un inno alla libertà e all’anticonformismo.

Nell’era di Facebook piace un po’ a tutti fare gli alternativi, ed ecco che puntualmente si cita Gramsci il 31 dicembre. Ovviamente quando Gramsci, il primo gennaio 1916, scrisse questo articolo sull’Avanti!, non intendeva prendere le distanze da quelli che finiscono accasciati semincoscienti su un divano, si bruciano mezzo stipendio coi botti,  o si accodano a un trenino di perfetti sconosciuti sulle note di “Meo amigo Charlie Brown”.

Per questo è bene che l’articolo si legga fino in fondo, perché a dispetto del titolo il contenuto ha una fortissima connotazione positiva. Un invito a cercare la libertà del pensiero, l’autonomia delle idee. Già l’incipit chiarisce che il problema non è “Cenone a casa o in ristorante”. Gramsci invoca il cambiamento, mentre scrive, il Paese è in guerra perché anzi che sostenere la posizione neutrale, si è preferito accodarsi alle nazioni belligeranti. Non è necessario operare certe scelte, solo perché l’hanno fatto le generazioni che ci hanno preceduto. Dopo aver letto tutto l’articolo ci si renderà conto che Gramsci, avanti di cento anni, senza la televisione né i social, aveva perfettamente capito che il pericolo maggiore per la società è l’omologazione. Il Capodanno, è solo il pretesto per invitare le persone a pensare con la propria testa, a prendere le decisioni perché le si ritiene giuste e non perché fino a quel momento si è sempre fatto così. “Travettismo”oggi è un termine sconosciuto, ma di un’attualità sconvolgente. Si riferisce a una commedia in voga in quel periodo, il cui protagonista Monsù Travet, era un mediocre impiegato dalla vita opaca e insignificante, asservito al potere per conseguire un modesto riconoscimento che non otterrà mai. Gramsci cercava di far suonare una sveglia che oggi risulta quanto mai necessaria: serve che le persone smettano di vivere nella mediocrità, che si pongano obiettivi più alti del loro modesto tornaconto personale.  Quindi se vogliamo citare Gramsci facciamolo, ma soprattutto seguiamo il suo consiglio e non solo per Capodanno, ma tutte le volte che stiamo per asservirci alle convenzioni. (Dalila)

“Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno. Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date. Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna.

E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 o il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante. Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.

Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca. Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell’immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d’inventario dai nostri sciocchissimi antenati”.

Antonio Gramsci

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