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Il Cagliari deve imparare ad essere più forte del VAR, con la Roma zero tiri in porta

Foto Fox Sports

Aiutati dal panorama delle ipotesi, oggi si potrebbe parlare di un risultato diverso: il Cagliari che perde a Roma è uscito dal campo cornuto e mazziato, ma non esente da colpe. Tra l’uscita a farfalle di Alessio Cragno (fin lì il migliore assieme a Luca Cigarini e Marco Andreolli) e l’utilizzo del VAR per il tocco di braccio di Fazio c’è il deserto delle occasioni da rete rossoblù, incapaci di offrire uno spunto uno per far male ai giallorossi.

Non esagera Eusebio di Francesco quando fa intendere d’aver asfaltato il Cagliari. Lo ha fatto però con una squadra senza ritmo, specchiata su se stessa, in debito d’ossigeno e di idee. Forse i colori bianconeri all’orizzonte hanno spostato l’attenzione, ma questa Roma è stata ben lontana da quella che ha giganteggiato contro Chelsea e Atletico Madrid. Nel contempo però non ha concesso ai rossoblù mezzo tiro, ha chiuso tutte le ripartenze di Barella e compagni, ha pressato pressato fino a trovare un gol che solo una grande squadra può ottenere. Tanta fortuna e un aiutino serve sempre: il VAR pare aver toppato ancora una volta, e per Diego Lopez questo sarebbe il secondo torto dopo il fallo di Perisic su Rafael (in Cagliari-Inter) non ravvisato dall’arbitro. Anche perché ci sono due vizi di forma: manca sempre la moviola fondamentale, quella che ti mostra l’accompagnamento del pallone col braccio di Fazio; e manca l’uniformità di giudizio e la rigida esecuzione delle regole, col direttore di gara Antonio Damato che si prende la briga di “interpretare” una azione dubbia, aggiungendo confusione al già noto caos mentale visto quaranta minuti prima quando ammonisce per simulazione Edin Dzeko invece di concedere di suo pugno un rigore ben visibile (e qua il VAR ha adempiuto alla sua funzione).

Se Pavoletti non avesse fatto il fallo al limite dell’area non ci sarebbe stata la punizione da cui è scaturito il gol. Se la linea difensiva avesse accompagnato il passaggio della palla, Fazio non avrebbe segnato. Idem per l’uscita fuori tempo di Cragno: il campionario delle ipotesi è abbastanza vasto da creare un alibi. Certamente il risultato finale influisce: si può dire con certezza che se la partita fosse finita 0-0, avremmo parlato del bicchiere mezzo pieno. Ovvero della ben organizzata tenuta difensiva, in grado di reggere e smorzare l’urto dei giallorossi per oltre novanta minuti, di soffrire poco e subìre nulla, persino di respingere un calcio di rigore battuto da Diego Perotti alla solita maniera – senza trovare il solito portiere che si fa ingannare alla prima finta.

Invece, con un esito diverso, siamo costretti a guardare il bicchiere mezzo pieno: zero tiri in porta. Non è la prima volta che accade, ma col senno di poi pesa poiché questo Cagliari non è una squadra dalle virtù prettamente difensive. Ancora una volta si sono sprecati diversi contropiede, Joao Pedro è apparso avulso dal gioco per donare gambe e testa alla causa difensiva, Farìas continua ad essere una incompiuta, Pavoletti è sempre troppo solo a lottare contro il mondo. In questa raccolta manca totalmente la velleità del tiro dalla lunga distanza, concesso per tempi e spazio dalla linea difensiva giallorossa: Barella, Ionita e Cigarini hanno la potenza e la mentalità per impensierire i portieri avversari ma non ci provano mai, andando tutt’al più a sbattere contro il muro avversario. Questa inefficienza alla lunga si paga, e qualunque errore al VAR potrà essere una scusante ad insabbiare ciò che è mancato.

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