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Non solo calcio: Eugenio Meloni prodigio sardo del salto in alto che mira al cielo e sogna le Olimpiadi

Eugenio Meloni

Eugenio Meloni, l’altista che mira al cielo. Si esprime così, il prodigio cagliaritano appena ventitreenne, ogni volta che stacca il piede da terra per alzarsi in volo ed ergersi al di sopra dell’asticella in metallo, unico suo vero avversario. L’atleta azzurro ha toccato l’apice della sua giovane carriera nel 2015, quando è salito sul podio con la medaglia di bronzo agli Europei Under 23 di Tallin, realizzando il suo nuovo attuale primato personale all’aperto di 2,21 metri.

Ma Eugenio vanta un palmares costellato di svariati titoli nei campionati italiani giovanili e in manifestazioni internazionali, indoor e outdoor. Il talento è figlio d’arte, entrambi i genitori hanno detenuto primati nella specialità e, grazie a loro, il primogenito ha conosciuto la disciplina e varcato i record familiari. Ora lo incoraggiano, lo seguono come spettatori orgogliosi e non come esperti invadenti, come lui stesso definisce. «Non sento il peso del loro passato, anzi, sono motivato a fare di più e meglio di loro» dichiara.

Meloni ha mosso i primi passi con la Nuova Atletica Sestu seguito dall’ex allenatore del padre, Giovanni Lai. Era il 2009, quando iniziò ad abbinare gli allenamenti sul campo spugnoso con quelli sul parquet: la pallacanestro, altra disciplina che mira verso l’alto, fu il suo primo vero sport. Ma, svelato ben presto il suo talento, Eugenio si è dedicò solo all’atletica, incrementando ogni anno centimetri di pura eleganza. «Alla mia prima uscita saltai 1,85, altezza minima per partecipare ai campionati italiani – dichiara – Da allora fui rapito dal salto in alto al quale mi dedicai a tempo pieno».

Energico, longilineo ed armonico ogni qualvolta si avvicina al materasso in gomma piuma, in caduta libera dopo la performance che racchiude, in un solo minuto concesso, tutta l’elasticità delle fibre muscolari di un essere umano. Il salto perfetto è fatto di leggerezza, esplosività e coordinazione, tutte doti che Eugenio allena quotidianamente oltre ad incrementare con rigore il sistema nervoso e la freddezza mentale. «L’atleta che sono è frutto di un lungo percorso fatto di esperienze, persone e pensieri vissuti fino ad ora. Preferisco parlare di fatica, non di sacrificio. Per noi sportivi si tratta di sudore ed obbiettivi, è tutto frutto della nostra volontà non di una costrizione».

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 Eugenio Meloni 12  

Meloni veste la maglia azzurra dal 2010 e, da due anni, è stato arruolato nel Centro Sportivo Carabinieri. La sua attuale guida tecnica è Giuliano Corradi, “creatore” a Modena, in seno all’Associazione Sportiva La Fratellanza 1874, una scuola di salto in alto di altissimo livello proprio dove vive e si allena Eugenio dal 2013. «Il rapporto con Giuliano è ottimo, lavoriamo in perfetta sinergia – ammette – Alla quinta stagione insieme ci unisce un forte legame professionale ed affettivo. Le mie giornate sono abbastanza standard: mi sveglio alle 7, colazione, esercizi per piedi e caviglie ed allenamento –racconta – Poi pranzo, riposo, altri esercizi di riscaldamento ed allenamento. Alle 18 collasso sul divano e studio, prima di mettermi a tavola alle 20, a volte mi capita di cenare a Bologna con la mia ragazza o di bere una birra con il mio coinquilino olimpico Silvano Chesani».

Una condotta diligente, quella di un ragazzo che studia Antropologia all’università, che ama leggere e scrivere nel tempo libero. Il suo sogno si chiama Tokyo 2020 ma intanto, punta a superare il suo primato attuale: Meloni sa bene cosa vuole, come ogni volta che indossa le scarpette chiodate e mira dritto all’orizzonte, oltre quella barra a mezz’asta prima di levarsi, virare e inarcarsi sospeso in aria. Prima della gara, Eugenio è solito richiamare a sé tutti i pensieri positivi e l’attenzione tecnica ed emotiva per esprimersi al meglio in quella manciata di secondi: «Non è semplice gareggiare contro sè stessi ma ha i propri vantaggi: porta a conoscersi meglio, a crescere individualmente come atleta e soprattutto come persona. Conta essere lucidi, avere obbiettivi e capire quali strumenti utilizzare per raggiungerli».

Lui stesso si definisce determinato, nevrotico e competitivo. Gli piace usare un termine utilizzato una volta dal giornalista Mannironi per descrivere la sua specialità, “una poesia nevrotica”. «Il salto ha un che di poetico, se si osservano i gentili gesti per superare i propri limiti. Ma serve anche una sana dose di nevrosi per mettere il proprio sedere anche solo un cm più in alto.» Eugenio si ispira al saltatore svedese Stefan Holm che dal basso dei suoi 181 cm di altezza si è spinto oltre i 2,40 mt sfiorando la perfezione tecnica, e al cestista Gigi Datome: «Mi piace perché è un atleta intelligente e costruttivo, che vede in ciò che gli sta attorno una continua occasione di crescita. Questa è la dimostrazione che un grande sportivo può essere anche una grande persona: io sposo appieno questa mentalità – conclude – Infine, anche lui è sardo, la nostra terra è il nostro orgoglio. La mia città, come tutta l’isola, rappresenta per me qualcosa di magnetico: torno a casa appena posso e quando finirò la mia avventura, sono certo che questa splendida oasi sarà il posto in cui tornerò e rimarrò a vivere».

 

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