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Tra infortuni e sfortuna cresce il carattere e l’intensità del Cagliari di Lopez

Il Cagliari di Massimo Rastelli non esiste più. Non c’è un briciolo di fragilità nella formazione attuale, nel suo carattere: ieri sera alla Sardegna Arena, i rossoblù hanno dato sfoggio di una buona dose di caparbietà davanti a infortuni, sfortuna, due gol subìti a freddo e qualche errore di troppo che avrebbe potuto rendere pesante il passivo inflitto dalla Sampdoria. Questo è il Cagliari di Diego Lopez, e l’uruguayano non potrebbe essere più felice di così.

Nel recente passato siamo stati abituati a vedere una squadra che, punita nei peccati d’ingenuità, lasciava scivolare via la partita senza colpo ferire. Magari riusciva a svegliarsi, ma solo nel finale, a conti fatti. Aveva bisogno di essere “giusta” dal primo all’ultimo minuto, di azzeccare tutto il corso della gara per non doversi ritrovare negli scorci finali a rincorrere, un verbo che leggeva con una certa allergia. Viveva nel continuo dilemma che le partite dovessero essere colorate o di bianco o di nero, che andassero vinte o perse durante l’arco dei novanta minuti, ed è per questo che il pareggio non pareva esser più un risultato contemplato nel vocabolario calcistico.

Diego Lopez ha insegnato le sfumature, i dettagli. Ha insegnato che Vujadin Boskov aveva ragione: la partita finisce quando l’arbitro fischia. Che si può essere più forti della sfortuna, della palla che non entra, degli sbagli dentro l’area, di tre giocatori che devono lasciare il campo dopo 40 minuti, di un portiere che deve dare forfait nel riscaldamento, di un portiere che non è al meglio e ad un certo punto non ha più la forza di battere i rinvii, di un secondo tempo senza lo straccio di un cambio. Ha insegnato che non può piovere per sempre, e che il sole esce all’orizzonte. Che la ruota gira, e quando gira ti dona dei regali impensabili come il gollonzo di Farìas sull’ennesimo regalo di Viviano al Cagliari.

E a quel punto cambia tutto, si trasforma. Cambia tutto perché la Sampdoria accusa il secondo tempo da diverse partite, sente la mancanza della lucidità necessaria per comandare come si conviene. Non arriva più per prima sul pallone, si impaurisce di fronte alla reazione di un animale che fuori dalla gabbia ha imparato a sbranare. Il recupero su Murru da parte di Farìas è sintomo di quella rabbia, di quella sete di gol che permetterà a Pavoletti di mettere il quarto sigillo della sua stagione. È stato un fuoco intenso che si è affievolito col passare dei minuti, coi giocatori costretti a spremersi per la mancanza di cambi, ma al contempo consci che esiste anche il pareggio tra le occasioni per muovere la classifica: un passetto in avanti è sempre meglio che star fermi.

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