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Vistamusic, Vittorio Pitzalis: “Iniziai a 18 anni grazie a Eric Clapton. Difficile suonare in Sardegna. Mai pensato ad un disco, ma…”

vittorio pitzalis

Per la nostra rubrica “Vistamusic“, abbiamo intervistato Vittorio Pitzalis. Cagliaritano doc e artista blues a 360°. Un sogno nato a 5 anni, il quale continua ad assumere, giorno dopo giorno, dinamiche affascinanti, cariche di amore e poesia musicale.

Come nasce la tua passione per il blues? Quanto è complicato approcciarsi a questo genere musicale?
Un giorno lontano, credo fosse il 1978. Io avevo 18 anni. Durante una visita con amici comuni , sentii un brano suonato da Eric Clapton,”I CAN’T HOLD OUT”. Fu una scossa fortissima dentro di me. Era un bellissimo slow-Blues ma nelle note di copertina della musicassetta lessi che l’autore di questo brano era Elmore James. Mi misi alla ricerca di questo autore (se non compravi qualche libro in quel periodo potevi sperare di sentire qualcosa su una strepitosa radio libera cagliaritana, RADIO ALTER) e scoprii un mondo nuovo per me,  e mi son detto: questo è ciò che voglio suonare, per sempre!Non credo sia stato complicato approcciarsi a questo genere (almeno per me non lo è stato nonostante i pochi mezzi a disposizione in quegli anni.).

Fare musica in Sardegna: ci puoi dire, a tuo avviso, pro e contro della nostra isola nel valorizzare i propri artisti?
Qua nell’isola è sempre stato difficile suonare,se per suonare si intende una professione, qua si “gioca” ancora parecchio. Ci piace farci notare, disquisire di musica,far vedere che ce ne intendiamo. Criticare chi cerca di combinare qualcosa, rosicare. Secondo me siamo un po’ superficiali, ecco. Forse non so, sai, ci son tante belle realtà qua in Sardegna e non solo nel Blues, ma come ho detto prima queste realtà si annullano con il poco coraggio a provarci seriamente,e spesso, l’ostacolo più grosso, clamorosamente, è il fatto che molti dei musicisti (o presunti tali) hanno tutti un lavoro (meno male aggiungo io….) e dunque non possono aver la libertà che vorrebbero, e suonano per fortissima passione, ma fine a se stessa.

Il tuo album “Jimi James”, prodotto da Michele Giuseppe Rovelli per l’etichetta MGJR Records, ha un’impronta decisamente particolare: vena totalmente blues, largo a spensieratezza totale, ma, paradossalmente, spazio anche ad un lato triste e introverso. Possiamo riassumerlo così? Tu cosa aggiungeresti?
Direi che hai messo a fuoco perfettamente quello che è lo spirito di questo disco. Aggiungo che su Jimi James mi son messo abbastanza a nudo e ciò non è e non è mai stata mia abitudine, essendo una persona molto riservata, ed invece, eccomi qua!
Primo album a 57 anni: questa è la risposta che la musica non ha età. Cosa consiglieresti ai giovani artisti di oggi? Quanto è complicato affermare il blues in questa nuova realtà?
Non mi è mai interessato fare un disco. Ci sono andato vicino solo due volte e tutte e due si son dimostrate bolle di sapone.Ma se ora ci son riuscito,è grazie soprattutto alla caparbietà di Michele Rovelli. Ai giovani artisti di oggi, ma anche ai meno giovani, e mi limito a parlare di Blues, (e in Sardegna ce ne son davvero tanti di Bluesmen ) dico di credere di più a loro stessi, di evitare i virtuosismi e pensare di più ad arrivare al cuore e alla sensibilità della gente , di criticare di meno e mettersi in gioco. Ecco questo è il mio pensiero, più che un consiglio. Giusto o sbagliato che sia.

Ci puoi descrivere il tuo stato d’animo sopra un palco di fronte al tuo pubblico? Cosa provi esattamente?
Una cosa bellissima.Ho sempre paura a descrivere i miei sentimenti al riguardo per non esser tacciato di presunzione o di protagonismo, perchè chi mi conosce sa come son fatto. Musicisti anche più bravi e/o più giovani di me, mi portano molto rispetto. Il pubblico con il quale divido anche parecchi rapporti di amicizia, mi porta rispetto e stima, a volte forse anche esagerati, ma a me piace, è un aspetto troppo rock and roll, mi piace! Dunque, per me è sempre una forte emozione salire su un palco. Se un giorno non dovesse piu esser così, beh, sarà meglio che io smetta di suonare. Non voglio perdere i miei amici, la loro stima e rispetto.
Secondo te, come accennato prima, si sta perdendo la tradizione jazz-blues tra i giovani d’oggi? Hai la sensazione che questo genere musicale sia parzialmente snobbato e poco “rispettato”?
Guarda, solo qua a Cagliari c’è una valanga di jazzisti. Io parlo del Blues, un genere di nicchia, lo è sempre stato e lo sarà sempre. B.B. disse che il Blues si potrà molto spesso rinnovare, ma rimarrà sempre un affare tra pochi eletti. Non credo sia snobbato, forse poco rispettato, compreso chi lo suona, ma che nel Blues, in fondo, non ci crederà mai. 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro dopo la pubblicazione del primo album?
Ora come ora non so dirti. Questo  per me è un sogno, iniziato a novembre dello scorso anno e che continua, continua senza che io mi opponga. Dunque, vedremo come andrà. Se sono Blues, fiorieanno! Quando sentii per la prima volta il brano di cui ho parlato in precedenza, mi son sempre chiesto: “Chissà quando sarò vecchio se sarò in grado di suonare con almeno la metà della bravura degli artisti Blues degli anni ’20, ’30, e ’40. Era un altro mio sogno quando avevo 18 anni. Infine, aggiungo, avevo solo 5 anni quando ho toccato una chitarra per la prima volta. Ora ne ho 57, sto sognando, non mi svegliate guys! Lunga vita al blues.

Vittorio Pitzalis (Esibizione Live)

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