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Troppa plastica in mare, uno studio della Capitaneria lancia l’allarme

Troppa plastica in mare, uno studio della Capitaneria lancia l’allarme.

No, il mare sardo non se la passa bene.
Una delle eccellenze dell’Isola, uno dei patrimoni di maggior valore con cui far ripartire la nostra scalcinata economia, sta soffrendo proprio a causa nostra.
Il quadro (a tinte fosche) sull’inquinamento dei mari sardi è stato esposto questa mattina, nei locali della Capitaneria di Porto di Cagliari, dal Comandante Giuseppe Minotauro assieme ai rappresentanti del CNR di Oristano, dell’ARPA Sardegna e dell’associazione Marevivo.


La conferenza, dal titolo non casuale “Mare Mostro”, ha messo in luce in particolare la situazione dei rifiuti plastici, presenti sulle nostre coste in quantità enorme e spesso non visibile a semplice occhio nudo.
La costa messa peggio? Quella occidentale: «Ad esempio a Is Arenas, è facile in pochi metri di sabbia trovare una quantità di microplastiche immane, che va poi nello stomaco dei pesci» ha dichiarato Andrea di Lucia, del CNR di Oristano.
Secondo i ricercatori i rifiuti più diffusi sono quelli creati dagli avventori delle spiagge, come ad esempio le cicche di sigaretta, ma presenti in gran quantità sono anche altri piccoli oggetti, come i cotton fioc, per non parlare delle decine di migliaia di minuscoli frammenti che si possono trovare in pochi metri di acqua.
«Il Mediterraneo è ormai un’isola di plastica, la sesta al mondo» ha dichiarato il Comandante Minotauro: «Dobbiamo puntare sull’educazione ai giovani, altrimenti fra pochi anni ci sarà più plastica che pesci e sarà la fine del nostro ecosistema».
Il problema, però, non ha radici solo sarde o italiane. Le plastiche che invadono le coste dell’oristanese provengono in gran parte da Francia e Spagna, dove ad esempio non sono obbligatori cotton fioc biodegradabili: «Il problema va affrontato a livello europeo. Sia per gestire meglio i rifiuti, sia perché non si può pensare che i rifiuti che produce un luogo restino lì: la corrente marina porta in Sardegna grandi quantità di rifiuti spagnoli e francesi», ha evidenziato Pietro Caredda, esponente in Sardegna dell’associazione Marevivo, che con il Ministero dell’Ambiente studia le condizioni dei mari italiani e agisce con progetti di bonifica.
La soluzione è nell’educazione di giovani e adulti, ma anche nei controlli e nella repressione, concordano unitamente i relatori: Marevivo per conto del Ministero monitora il tratto meridionale di mare sotto Bosa e Arbatax e lavora all’ampliamento delle aree marine protette.

 
La Capitaneria di Porto è anch’essa attiva nel monitoraggio dell’ambiente: il Comando di Olbia è competente per il tratto di mare sulle coste nord dell’isola, il Comando di Cagliari lavora in sinergia con Marevivo per progetti di salvaguardia dell’ambiente e dichiara di essere intenzionata a rendere fissa la sezione di Villasimius, attualmente ora solo stagionale.
Dal punto di vista della sensibilizzazione, “Mare Mostro” è un esempio di progetto a cui Capitaneria e Marevivo lavorano assieme: la campagna è stata lanciata a Venezia, sulla nave Amerigo Vespucci, e si sposta nelle varie Direzioni Marittime italiane per incontrare studenti e amministratori locali.
Sul sito del progetto anche una proposta di legge per vietare l’uso della plastica nei cosmetici.

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