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Amarcord Cagliari-Inter: quella dolce amara semifinale Uefa del 1994

Una formazione del Cagliari 1993-94

Ci sono storie di accecante bellezza che, però, per quanto splendide, lasciano l’amaro in bocca. Nelle cronache del passato relative a Cagliari-Inter, se ne contano un paio ma per ogni tifoso rossoblù che si rispetti il ricordo non può che andare alla semifinale di andata di Coppa Uefa del 30 marzo 1994.

Una sfida benedetta e allo stesso tempo maledetta quella di quel giorno di inizio primavera di ventitré anni fa: se infatti il risultato di 3-2 mandò in Paradiso il pubblico del Sant’Elia, il return match riservò al Cagliari di Bruno Giorgi e capitan Matteoli tre ceffoni, sotto forma di gol, e una cocente eliminazione.

I giocatori rossoblù festeggiano una rete nella semifinale d’andata di coppa Uefa contro l’Inter

Prima del sogno infranto, però, ci furono appunto l’apoteosi e una vigilia che riempì il cuore di tutto il popolo sardo. “L’attesa in tutta l’Isola è spasmodica”, ebbe a dire non a caso Bruno Pizzul ai microfoni della Rai nei momenti precedenti il fischio d’inizio dell’arbitro Lopez Nieto, giunto preciso alle 18:30. Quel fischio sancì l’avvio delle ostilità e di una favola che, per 90 minuti, fu per i rossoblù a lieto fine.

A scriverla furono quattordici uomini dal coraggio straordinario (Fiori, Napoli, Bellucci, Villa, Firicano, Pusceddu, Sanna, Allegri, Valdes, Matteoli, Olivieira, Pancaro, Criniti e mister Giorgi) e il meraviglioso tifo del Sant’Elia, che già in precedenza aveva trascinato il Cagliari lungo un cammino europeo in cui i rossoblù erano stati capaci di eliminare formazioni di rango quali il Malines, agli ottavi e, soprattutto, la Juventus di Roberto Baggio e Trapattoni, ai quarti.

Quella semifinale, insomma, era meritatissima e tutti i sardi si aspettavano una nuova impresa, tanto più che l’Inter allenata dall’ex campione del Mondo Marini, per quanto infarcita di ottimi giocatori come gli italiani Zenga e Bergomi e gli stranieri Bergkamp, Jonk e Sosa, non essendo certo lo squadrone di Mazzola, Suarez e Corso, in campionato navigava appena sopra la zona retrocessione.

Con queste premesse e la finalissima lì ad appena due gare di distanza, il gol nerazzurro di Fontolan al sesto minuto assomigliò tanto a una doccia gelata. I cattivi pensieri, però, per il pubblico del Sant’Elia, durarono lo spazio di cinque primi, il tempo che il Cagliari impiegò a pareggiare con una prodezza di Lulù Oliveira. Paura passata? Neanche per idea.

Al sessantunesimo, infatti, arrivò la marcatura dell’uruguaiano Sosa, a cui, per fortuna, tra l’ottantunesimo e l’ottantaseiesimo, quando tutto per il Cagliari sembrava perduto, in una altalena di emozioni proibita ai deboli di cuore, fecero da contraltare le reti provvidenziali di due eroi per caso e per una notte, Antonio Criniti e Pippo Pancaro, che, panchinari per una stagione intera, da subentrati, diventarono gli uomini del sogno pronto a diventare realtà.

Sì perché, dopo quella vittoria per 3-2, la finale di Coppa Uefa, un traguardo inimmaginabile appena qualche mese prima e neanche sfiorato ai tempi di Riva, sembrava veramente a portata di mano. Invece, niente da fare… Al ritorno, il 12 aprile, Bergkamp, Berti e Jonk trafissero la porta di Fiori e le speranze dei tifosi rossoblù, ai quali non restò che gridare: “Grazie lo stesso”.

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