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Il tempio di Astarte sulla Sella del Diavolo: quando la prostituzione sacra si esercitava anche a Cagliari

La luna sopra la Sella del Diavolo durante la blue hour - Foto di Stefano Marrocu

La luna sopra la Sella del Diavolo durante la blue hour - Foto di Stefano Marrocu

di Carla Cossu

Che l’area della Sella del Diavolo sia una delle più belle e suggestive della città, è cosa nota a tutti i cagliaritani. Quello che non tutti sanno però, è che proprio in quella zona, sorgeva in età antica un tempio dedicato ad Astarte, la dea punica dell’amore, della fertilità e della guerra. Quello che rendeva celebri i suoi luoghi di culto era il fatto che fossero legati ad una pratica particolare, quella della prostituzione sacra. Secondo gli studiosi, anche il santuario sardo non faceva eccezione: le ragazze (e forse anche i ragazzi) della Cagliari punica vendevano qui i loro corpi per rendere grazie alla dea.

Statuetta di Astarte dal Museo Archeologico di Cagliari

Era il 1870 quando l’archeologo Filippo Nissardi trovò sul promontorio un’iscrizione in caratteri punici databile al III secolo a. C.: vi si menzionava, appunto, la dea Astarte, a cui un fedele dedicava un altare di bronzo. Nonostante l’importante scoperta, l’area non venne interessata da studi sistematici fino agli anni recenti, quando ben cinque diverse campagne di scavo dell’Università di Cagliari fecero luce sulla situazione.

Iscrizione con dedica a Astarte (foto di S. Angiolillo e R. Sirigu)

In base ai risultati degli scavi, gli studiosi poterono ipotizzare che il culto di Astarte, portato in Sardegna dai Cartaginesi, fosse poi proseguito anche in seguito, quando i Romani conquistarono l’isola: anch’essi erano devoti alla dea, a cui però si rivolgevano con l’appellativo di Venere Ericina. Non è un caso, inoltre, che il tempio sorgesse proprio in quello che, con i suoi 139 metri di altitudine, è il punto più alto della città: pare proprio che la posizione sopraelevata e a picco sul mare fosse una caratteristica tipica dei santuari della dea, come testimonia anche quello situato ad Erice, in Sicilia. La loro collocazione fa ipotizzare che fungessero anche come punti di segnalazione per i naviganti, di cui la dea era protettrice.

Ma quali altre attività si svolgevano all’interno del santuario? A spiegarlo è l’archeologa Simonetta Angiolillo che, in un suo studio del 2008, ritiene plausibile e fondato pensare che anche a Cagliari si esercitasse la prostituzione sacra, la quale «consisteva nell’unione tra una donna (ma in alcuni santuari era praticata anche la prostituzione maschile) che personificava la dea della fecondità e uno straniero, in cambio di un pagamento che, nella maggior parte dei casi era destinato alle casse del santuario».

Gli archeologi al lavoro nell’area della Sella del Diavolo. Foto dell’Università di Cagliari.

La pratica, originaria della Mesopotamia, è ben attestata anche dalle fonti antiche. Lo storico greco Erodoto ci fa capire meglio come funzionassero le cose: pare che le giovani di ogni ceto sociale, almeno una volta nella vita, dovessero trascorrere un periodo al tempio di Astarte e concedersi a uno dei visitatori forestieri. Ciascuna ragazza doveva stare nel tempio fino a che non avesse avuto almeno un rapporto. I fedeli uomini che arrivavano in visita avevano la possibilità, tra le varie donne presenti, di scegliere quella che preferivano, gettandole il denaro sulle ginocchia. La prescelta non poteva in alcun modo rifiutarsi, ma doveva obbligatoriamente congiungersi con l’uomo; dopodiché poteva dedicare un sacrificio alla dea e finalmente tornare a casa. L’aspetto ironico che fa notare lo storico greco è che «le donne che sono dotate di un bel viso e d’una figura slanciata tornano a casa presto. Quelle invece che sono brutte rimangono per lungo tempo, anche tre o quattro anni, prima di essere scelte».

Ma il tempio di Astarte non è il solo protagonista, nel suggestivo scenario della Sella del Diavolo. Dagli scavi è emersa anche la presenza di ben due cisterne (probabilmente una di età punica e l’altra di età romana), nonché di una piccola chiesa dedicata a Sant’Elia, donata ai monaci Vittorini di Marsiglia nel 1089 e abbandonata alla fine del Settecento.

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