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Il mondo greco in Sardegna: l’abito tipo campidanese? Ha anche un capo greco

Il mondo greco in Sardegna: l’abito tipo campidanese? Ha anche un capo greco.

Ierisi è tenuta a Cagliari, presso la Mediateca del Mediterraneo, la conferenza “Viaggiatori e commercianti greci in Sardegna prima e dopo Cristo”, che ha fatto luce sui rapporti intrattenuti nei secoli tra Sardegna e Grecia. Partendo dagli albori dell’età micenea, i relatori hanno tenuto le fila di un racconto che arriva fino ai giorni nostri, passando per un fatto singolare: nel Settecento furono dei mercanti greci a importare in Sardegna il caratteristico “sereniccu”, il cappotto che diventerà tipico del costume tradizionale maschile di Cagliari e dintorni.

Tuttavia, le relazioni tra sarti greci e cagliaritani non furono delle migliori e scaturirono perfino in una curiosa disputa legale.

La conferenza si apre con l’intervento dell’archeologo Carlo Tronchetti, che tenta di rispondere ad un’annosa questione: in Sardegna ci furono mai colonie greche? Non si può sapere. Nei siti archeologici sardi non son rari vasi e manufatti provenienti dall’Egeo, a testimonianza del fatto che l’Isola intratteneva rapporti commerciali con la Grecia e che piccoli nuclei familiari ellenici erano presenti nelle nostre città.
Inoltre, le fonti scritte del passato parlano di un insediamento greco ad Olbia, nel VI secolo a. C., ad opera di coloni focesi. La grande presenza, nel centro gallurese, di ceramica greca, sembra confermare quest’informazione e, anche se la prova definitiva non è ancora stata trovata, Tronchetti ammette: «Io ne sono fermamente convinto, Olbia fu un insediamento di Greci della Ionia».

Ma la frequentazione greca delle coste sarde non si limita al lontano passato. Come spiega Leluda Dimopoulos, studiosa e guida turistica, le sorti di Cagliari e della Grecia si ritrovano di nuovo strettamente unite tra Settecento e Ottocento.
Era il 1775 quando a Cagliari giunse un uomo dall’Epiro. Il suo nome era Antonio Staico, ed era il primo di un gruppo di Greci che venivano qui per iniziare il commercio di un cappotto, quello che si sarebbe poi chiamato “su sereniccu”; molti credono si tratti un indumento autoctono sardo e invece deve il suo nome proprio alla città greca di Salonicco.

Ai tempi dell’arrivo di Staico, le attività commerciali di Cagliari erano organizzate in “Gremi”, le antiche corporazioni di arti e mestieri, a cui qualunque artigiano doveva aderire. Vi era dunque il Gremio dei Calzolai, quello dei Muratori, quello dei Falegnami e, naturalmente, anche quello dei Sarti.
I commercianti greci, invece, svolgevano i loro affari autonomamente, senza i pesanti vincoli delle associazioni di mestiere e, contro la prassi dell’epoca, assumendo chiunque, anche le donne. Forse fu proprio questa la ricetta del loro successo: intraprendenza, incuranza delle regole, e indiscusso fiuto per gli affari.

I sarti cagliaritani, come è facile prevedere, non videro di buon occhio l’arrivo della concorrenza straniera, ma inizialmente sottovalutarono il problema. In pochi decenni però il mercato greco si estese: il nuovo modello di cappotto venivano indossato da tutti gli uomini, a Cagliari e dintorni, fino a diventare elemento distintivo di molti costumi tradizionali campidanesi. Nel giro di pochi anni, i proprietari delle sartorie cagliaritane avevano quasi tutti cognomi ellenici (come Paxì, Asterios, Kimì, Anghelopoulos o Kostas) e si arricchivano a dismisura, mentre gli artigiani cagliaritani quasi ormai non battevano più cassa.

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