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I segreti della filigrana, l’arte orafa sarda che secondo la leggenda fu tramandata dalle janas (PHOTOGALLERY e VIDEO)

I segreti della filigrana, l’arte orafa che secondo la leggenda fu tramandata dalle janas.

La filigrana è una tecnica di lavorazione dei metalli molto antica, che consiste nell’intrecciare sottilissimi fili d’oro o d’argento, saldandoli tra loro e nell’applicare piccolissimi granelli dello stesso metallo.

Era già conosciuta fin dal 2500 a. C. È difficile stabilire con precisione attraverso quali popoli sia approdata in Sardegna dal momento che gli egizi, i fenici, gli etruschi, i greci, i romani e gli arabi conoscevano questa tecnica di lavorazione dei metalli preziosi. Secondo la leggenda erano le Janas che tessevano i sottili fili d’oro alla luce della luna. È plausibile che a importare la tecnica sull’Isola siano stati i fenici, infatti numerosi esempi di monili lavorati con questa tecnica sono stati rinvenuti negli scavi archeologici dei loro insediamenti: è probabile che nel corso dei secoli più popoli tra quelli che imposero la loro dominazione o comunque intrapresero rapporti commerciali con la Sardegna contribuirono all’evoluzione della filigrana sarda. Ma è solo nel rinascimento che l’uso della filigrana si afferma definitivamente nella tradizione orafa isolana. Inizialmente le “prendas”, i gioielli, venivano realizzati per adornare gli abiti delle famiglie aristocratiche, poi tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 soprattutto in virtù del fatto che si utilizzava anche l’argento, le preziose decorazioni comparvero anche sugli abiti delle classi meno agiate.

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Questa tecnica consente di realizzare un’infinita gamma di forme e intrecci, anche perché prevede l’applicazione di perline o altre gemme. Per realizzare oggetti così complessi occorrono una maestria e un’abilità manuale eccezionali, ma anche una profonda conoscenza della tecnica. Come spiega Galdino Saba, uno dei più noti artigiani orafi di Cagliari «I gioielli in filigrana possono essere prodotti anche assemblando parti già pronte realizzate in maniera industriale, si ordinano le basi, le sferette e si salda tutto, ma naturalmente il vero artigiano prepara da sé ogni singolo pezzo che servirà a comporre l’intero gioiello». Si parte dal lingotto e si arriva alla fede sarda passando attraverso una serie di passaggi obbligati. Il filo d’oro può essere sottile come un capello, il calibro più piccolo ha 0,15 mm di diametro. Per renderlo ritorto lo si fa scorrere tra due tavolette di legno. Per realizzare le sferette si fonde il filo d’oro centellinando il metallo fuso che goccia a goccia cade su un mattone di terracotta inclinato. Rotolando la goccia si sfredda e diventa una piccolissima sfera. Più è piccola la goccia più minuta sarà la sfera.

Ma la perfetta padronanza della tecnica non è l’unica prerogativa degli artigiani esperti. «È indispensabile una profonda conoscenza della storia della filigrana» precisa l’esperto artigiano «devi conoscere la struttura e il modello di ogni singolo gioiello, perché spesso capita di dover restaurare dei gioielli molto antichi e preziosi e il restauro dev’essere filologico, il gioiello deve essere ricostruito esattamente com’era originariamente».

Saba racconta del lavoro certosino che è stato fatto su un pendente chiamato Su Lasu: «È molto antico risale alla fine dell’800, ci è arrivato in pessime condizioni. L’abbiamo ricostruito utilizzando tutte le parti originali, non sempre è possibile talvolta dobbiamo ricostruire le parti mancanti, per questo occorre conoscere perfettamente tutti i modelli e le varianti che si possono presentare a seconda della zona di provenienza del pezzo su cui lavoriamo». Il lavoro finito è incantevole, si tratta del tipico ciondolo del Campidano, veniva indossato trattenuto da un nastro di velluto nero annodato al collo nelle occasioni più solenni. È formato da tre elementi uniti insieme da ganci a maglia. Il primo è su froccu, il fiocco, quello centrale è sa gioia e l’elemento inferiore è su dominu che simboleggia il potere domestico della padrona di casa. I tre moduli sono realizzati in lamina traforata con foglie incise, filigrana e imperlatura, l’elemento superiore e quello centrale presentano delle paste vitree e colorate incastonate, mentre su dominu ha un cammeo incastonato al centro.

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