Comincia ottobre, il mese autunnale per eccellenza, e così, anche per il prossimo fine settimana, l’appuntamento è fissato con i colori, i profumi e gli incanti che ci regala il suggestivo viaggio di Autunno in Barbagia. La mostra che celebra il lato più intimo dell’Isola vi aspetta per il suo sesto appuntamento che toccherà tre imperdibili tappe. Salutate Tonara e Lula, è la volta di Meana Sardo, Gavoi e Onanì: saranno le ricchezze di questi paesi barbaricini a mostrarsi ai visitatori per due giornate piene, dal 7 all’8 ottobre. Una ricca rassegna, quindi, in cui storia, tradizioni e buon cibo saranno, come di consueto, protagonisti. Oggi scopriamo Meana Sardo, guidati dal canto di fate leggendarie.
Meana Sardo è un piccolo borgo montano che si incontra nella storica Barbagia di Belvì. Questo eccellente centro agro-pastorale si adagia alle pendici del monte Sant’Elia e gode di una invidiabile posizione panoramica che permette di ammirare le bellezze paesaggistiche e naturali custodite. Qui la natura si concede generosa, per i sensi e per lo spirito: pendii granitici, fitti boschi, fresche sorgenti, profumati vigneti e, ancora, magnifici massi calcarei, misteriosi ispiratori di leggenda. Prezioso è il centro storico, scrigno di un passato medievale che si scorge nella vecchia architettura delle strade e delle case dal profilo spagnoleggiante: le antiche viuzze si snodano tra le tipiche dimore costruite in pietra scistosa, impreziosite da portali ad arco in stile campidanese e dalle eleganti cornici delle finestre in trachite e arenaria di stile gotico–catalano, realizzate dai “picapredis” (scalpellini), gli artigiani locali. A Meana Sardo, però, è soprattutto l’arte sacra dei luoghi di culto a regnare sovrana, testimone imponente di una forte spiritualità, tra cui spicca il tempio cinquecentesco dedicato a San Bartolomeo Apostolo, patrono del paese: le celebrazioni in onore del Santo si accendono ad agosto per tre giorni ricchi di festeggiamenti, tra riti solenni, spettacoli musicali e folclore. Oltre alla forte tradizione religiosa, questo borgo barbaricino è noto in tutta l’Isola per aver conservato, intatte, alcune tra le più antiche tradizioni locali, come quelle legate al mondo della gastronomia, dalla forte impronta pastorale: famosa è la Sagra del pecorino, un evento che ogni anno – a giugno – richiama un nutrito pubblico, isolano e non, che qui giunge per assaporare l’ottimo pecorino locale e altri formaggi, preparati secondo l’antica arte casearia.
Meana Sardo è sinonimo di natura mozzafiato, affascinante sacralità e antica tradizione popolare. Tutto ciò basterebbe per scoprire questo paese, il cui nome, in origine “Meana”, deriva dalla parola latina “mediana”, poiché nel territorio passava la strada romana che dall’antica Caralis portava a Olbia: il villaggio di “Mediana” – oggi Meana Sardo – si trovava proprio a metà del percorso.
BREVI CENNI STORICI. Questo borgo barbaricino attrae anche per il suo antico passato, in cui la storia è avvolta da suggestive leggende. Il territorio circostante fu frequentato sin dall’epoca preistorica: in località Polu, sono state ritrovate tre statuine raffiguranti la Dea madre mediterranea, dalle forme obese in quanto simbolo di prosperità. Qui, la civiltà nuragica ha lasciato profonde tracce che si leggono nella presenza di vari insediamenti e nuraghi, tra cui quello Nolza, Su Nuraxi e il nuraghe noto come Maria Incantada, da cui – secondo una famosa leggenda popolare – risuona la voce melodiosa di una bellissima jana (fata) che qui trovò rifugio. Quest’ultima, chiamata appunto Maria Incantada, cantava per il suo innamorato, tenuto prigioniero da un gigante, in “Su Cuccuru de Nolza”, nell’omonimo nuraghe. Al di là dei racconti popolari, le origini del paese risalirebbero all’età romana, come testimoniano la fonte romana, sita in quel che resta del villaggio di “Polcilis”, le tombe di “S’Enna sa Pira” e “Laldà”, e la già citata strada “Per Mediterranea”, che collegava Cagliari a Olbia. Oltre ai romani, anche i bizantini frequentarono il territorio di Meana Sardo: lo raccontano i pochi resti delle chiese di Sant’Elena e di Sant’Elia. Le prime notizie certe della villa di “Meana” risalgono, invece, al XII secolo, quando il paese, citato nel libro dei conti di Santa Maria di Bonàrcado, faceva parte del Giudicato di Arborea ed era capoluogo della curatoria della Barbaria di Meana. Successivamente, il borgo, passò sotto il controllo della signoria della Barbagia di Belvì e, in seguito, subì il dominio di diverse signorie feudali. Il paese, che nel 1839 si liberò definitivamente dal giogo feudale, cambiò il suo nome in “Meana Sardo” per differenziarsi da un omonimo paesino piemontese, nel 1862.
COSA VEDERE. Sebbene questo centro barbaricino non sia annoverato tra le mete turistiche più battute, le attrattive non mancano di certo, in primis quelle storico-archeologiche. Tappa obbligata è il nuraghe Nolza, simbolo del paese, che, eretto sul rilievo noto come “Su Cuccuru de Nolza”, nel pianoro di “Su Planu”, domina il territorio circostante: la costruzione nuragica, che ricorda quella de “Su Nuraxi” di Barumini, risale all’età del Bronzo ed è formata da quattro torri angolari, unite da bastioni rettilinei, e da una torre centrale, alta 13 metri. Interessante è anche il già citato nuraghe Maria Incantada, una costruzione a più torri, situata nei pressi della chiesetta di San Lussorio, in cui si trovano anche varie domus de janas. Per chi preferisce, invece, ammirare l’architettura dei luoghi di culto, merita una menzione speciale la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, una struttura cinquecentesca, dove si intrecciano forme gotico-aragonesi e rinascimentali: accanto alla facciata, su cui primeggia un magnifico portale, svetta il campanile in stile pisano che, concluso nel 1673, conserva i bassorilievi d’arte popolaresca. Oltre alle chiese di San Salvatore (XV secolo) e San Francesco (XX secolo), interessante è la chiesetta campestre di San Lussorio, profanata e abbandonata, fu poi ricostruita nella prima metà dell’Ottocento.
NATURA. A Meana Sardo ciò che colpisce maggiormente è la natura, un mix tra montagna e collina in cui freschi corsi d’acqua, tra cui il rio Araxisi, attraversano e plasmano il territorio ricoperto da una fitta vegetazione mediterranea. Tutta l’area è testimone della grande tradizione pastorale e del ruolo centrale dell’allevamento: tra i monti non è difficile incontrare “is pinnazzus”, antichi ricoveri in pietra usati dai pastori. Qui, le bellezze naturali non si contano. Partendo dal magnifico paesaggio regalato dal monte Sant’Elia, da cui si ammirano i picchi del Gennargentu, si passa a quello di Funtana Casida, una bella località campestre dove sgorga una ricca sorgente, e si giunge sino alla rigogliosa foresta comunale di Ortuabis, detta anche “Su Comunali”, casa di una ricca flora con numerose e rare specie endemiche. Rimanendo in località Ortuabis (orto delle api) si incontrano anche grandi massi calcarei che – stando al racconto popolare – sarebbero degli alveari pietrificati, frutto di una maledizione lanciata sul proprietario, come conseguenza della sua avarizia.
CUCINA E ARTIGIANATO. In questo paese della Barbagia ottima è la cucina. Oltre ai gustosi formaggi e al vino, frutto dei vigneti circostanti, vi sorprenderanno “su pani pintau”, il pane tipico delle feste, “su pani ’e saba”, il dolce pasquale, e “su succu stuffau”, un tipico piatto meanese, che alla vista ricorda le classiche lasagne e ha il sapore intenso del pecorino fresco. Tra le varie tradizioni artigianali che qui si conservano, oltre all’attività degli scalpellini, le produzioni artistiche spaziano dalla tessitura, alla ceramica e all’intaglio del legno e, ancora, alla lavorazione del ferro battuto e dei cestini.
Se per il sesto appuntamento di Autunno in Barbagia intendete visitare Meana Sardo, alla scoperta di fate e leggende, qui trovate il programma completo.