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Chiude a Cagliari un altro negozio storico, serrande abbassate dopo 28 anni anche per la Città del Sole

Chiude un altro negozio storico, serranda abbassata anche per la Città del Sole. La crisi colpisce tanti, anche quello che sino a poco tempo fa era il negozio più fornito di giochi e giocattoli speciali ha dovuto serrare i battenti. Fine delle vendite quindi in via Oristano a due passi da via Garibaldi.  Questa volta tocca a uno dei negozi più amati da tanti genitori e bambini cagliaritani. Dopo 28 anni è successo anche alla Città del Sole, più che un negozio un luogo dove grandi e piccoli potevano andare a vedere, provare e acquistare prodotti speciali, eticamente e qualitativamente all’avanguardia. Ed erano tanti i clienti che pur non comprando si intrattenevano a visionare scacciapensieri, bastoni della pioggia, rappresentazioni del cosmo, microscopi e tanti altri giochi, per bambini ma anche per ragazzi.

Stop ai prodotti speciali, stop alla cortesia delle commesse, oberate di lavoro anche sotto Natale, ma sempre gentilissime. Già il nome, che richiamava l’opera di Tommaso Campanella, rendeva tutto ancora più piacevole: l’equo e solidale, l’ecologico già 28 anni fa. E adesso? La crisi di vendite è irreversibile, le decisioni della casa madre sembrano esser già state prese.

Nelle parole di una delle socie, Roberta Parisi, scritte subito dopo la chiusura sul suo profilo Facebook, tutto lo sdegno per questa decisione:

“Dopo 28 anni di attività, chiude la Città del Sole di Cagliari.

Siamo stati un punto di riferimento a Cagliari per tanti bambini, tante famiglie, tanti appassionati dei giochi di qualità. Tantissimi che venendo a trovarci hanno pensato che giocare fosse “una cosa seria”, un momento fondamentale nella crescita di un bambino e nella vita di un adulto. E che anche la scelta di un gioco si dovesse fare con l’aiuto di professionisti, di persone che hanno dedicato la vita all’approfondimento e allo studio di oggetti di grande valore educativo e formativo. Abbiamo fatto giocare due generazioni.
Ai tantissimi che acquistando alla Città del Sole in questi 28 anni hanno creduto in questi valori e nella competenza di chi li trasmetteva, dedico queste parole come un immenso ringraziamento. Il rapporto che lega un cliente ad un marchio è anche fatto di emozioni, di esperienze coinvolgenti legate a momenti importanti della vita. Quando finisce, è un dovere per chi l’ha vissuto salutare e dire grazie. E magari anche “scusateci”, se qualche volta non siamo stati all’altezza.
Non solo. Sento anche il dovere di raccontare perché e come siamo arrivati a questo epilogo triste. Senza segreti, senza nascondersi o vergognarsi. Un dovere verso chi per tanto tempo ha amato la Città del Sole ed è bello che sappia anche come un’avventura finisce. Un marchio ha anche il dovere di spiegare, ringraziare e salutare quando le cose non vanno più bene: è una parte importante nella moralità del commercio, come di tutte le cose.
Lo facciamo noi – Roberta Parisi, Sarah Paolucci e Simonetta Lai – dipendenti del negozio di Cagliari, perché sembra che la casa madre, il Gruppo Città del Sole nazionale, incredibilmente non senta questa esigenza e non voglia manifestare questo rispetto per i suoi clienti affezionati da tanti anni. Rispetto che a noi sembra irrinunciabile.
Attendevamo ieri la visita di un responsabile della catena per discutere dell’andamento del negozio, della crisi delle vendite perdurante, dei modi per affrontare il momento difficile. Tutte cose diventate purtroppo familiari a chi vive nel mondo del commercio, soprattutto in una città come Cagliari: non molto popolosa, non certo ricca, incastonata in un territorio che sembra in decadenza costante e inarrestabile.
Riceviamo invece la visita dell’intero board di comando dell’azienda, che dopo averci consegnato le lettere di rito ha semplicemente abbassato le serrande nel bel mezzo della giornata lavorativa, con clienti che avrebbero voluto entrare e poi cercavano di capire da dietro le serrande cosa mai fosse successo.
“Questa situazione è ormai divenuta non più sostenibile e ci vediamo pertanto costretti ad adottare la soluzione più drastica consistente nella chiusura del negozio. Nel ringraziarLa per la collaborazione da Lei prestata all’azienda in questi anni, Le rinnoviamo i migliori saluti.”
Fine. Pochi minuti per raccattare gli effetti personali lasciati in negozio (qualcosa dimenticata per la fretta e l’emozione), incredulità, lacrime, sconcerto.
Bastano queste poche righe di una lettera a rendere onore e giustizia ad un rapporto trentennale di collaborazione, di condivisione di valori, obiettivi e pratica quotidiana? Basta un semplice foglio volante affisso alla serranda con la scritta “chiuso per inventario straordinario” come spiegazione e saluto ai tanti clienti altrettanto trentennali della Città del Sole di Cagliari?
È in armonia questo colpo di mano della durata complessiva di pochi minuti con l’immagine che la Città del Sole ha sempre voluto dare di sé e della sua strategia aziendale? Equa e solidale nella scelta dei produttori, ecologica, eco-compatibile… e poi capace di chiudere un negozio storico senza mostrare la minima comprensione e interesse per il significato di questo gesto per la vita dei suoi dipendenti? Senza credere di dover provare tutte le strade prima di arrivare all’ultimo bivio? Senza sentirsi in dovere di preparare per tempo i propri dipendenti alla peggiore delle eventualità, perché anche loro possano avere il tempo di pensare a come riprogettarsi, a come affrontare un futuro incerto e minaccioso?
Ognuno dia la sua risposta. Ognuno che conosce la Città del Sole e la sua storia da quando è nata nel lontano 1972 per mano di Carlo Basso, dica la sua. Dica se questa procedura è coerente con la costruzione di una “brand reputation” moderna e consapevole – che non si costruisce con il mero rispetto delle procedure di legge.
Se invece che per un piccolo negozio del Centro di Cagliari, la stessa cosa, negli stessi identici modi, fosse successa per una fabbrica o una grande azienda con centinaia di dipendenti, tutto il Paese griderebbe allo scandalo ed esprimerebbe sdegno. Non si chiude un’azienda letteralmente in un’ora, senza che i dipendenti vengano informati con largo anticipo sulla possibilità che lo stato di crisi dell’azienda possa portare alla più drastica delle decisioni. Senza aver sperimentato prima altre soluzioni, anche insieme ai dipendenti consapevoli della situazione, consapevoli che certo la chiusura rientra fra le eventualità del commercio e della vita, ma che c’è un managament all’altezza che vuole provarle tutte prima di abbassare la serranda per sempre.
Questo è successo. Ancora adesso, il giorno dopo,tutto ha le sembianze di un film.
Ancora grazie a tutti voi. Sentiremo la vostra mancanza”.
Roberta Parisi Sarah Paolucci Simonetta Lai.

 

 

 

 

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