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Leggende sarde. Sant’Efisio e le cisterne di Castedd’e susu

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Sant’Efisio è il santo al quale i cagliaritani, nei momenti più drammatici, hanno affidato le loro preghiere. Primo fra tutti, la celebre peste del 1652 che dimezzò la popolazione in città e portò i fedeli a rivolgersi al santo, promettendogli lo scioglimento del voto che ogni anno avviene il primo maggio. Un altro momento, ricordato ogni Lunedì di Pasqua, in cui Cagliari manifestò la propria devozione al santo fu nel febbraio del 1793, quando una flotta di 20 navi francesi arrivò nei pressi del porto, pronta ad attaccare la città; in quell’occasione il santo, apparso in sogno ad una monaca e portato quindi nel baluardo del porto, provocò una tempesta che danneggiò le navi francesi, costringendole alla ritirata.

C’è però un terzo miracolo che al livello popolare viene attribuito a Sant’Efisio e che non è legato ad alcun voto e forse è per questo che è meno noto dei primi due. Anche le fonti a riguardo sono vaghe ma, trattandosi di una leggenda tramandata dai cagliaritani, vale la pena provare a collocarla all’interno della storia della città. Il racconto è breve e riferisce che Sant’Efisio – sempre in virtù del suo legame con Cagliari, per la protezione della quale si è fatto intercessore presso Dio – apparve in sogno al viceré e gli rivelò che era stato versato del veleno nelle cisterne dell’acqua di Castedd’e susu (il quartiere di Castello), evitando così che gli abitanti potessero venire avvelenati.

Vista la semplicità del racconto e la povertà di dettagli, si può pensare – come del resto accade con tutte le leggende – ad un tentativo di spiegare un fatto reale, quello della necessità di svuotare alcune cisterne del quartiere, con l’intervento di un santo tanto caro agli abitanti. Pur essendo una leggenda, c’è però nel racconto una base di verità che è quella della reale situazione nella quale versavano gli impianti di raccolta e distribuzione dell’acqua a Cagliari fino a tutta la prima metà dell’Ottocento.

Nel quartiere di Castello, in particolare, erano attive diverse fontane; Giovanni Spano nel 1861 ne contava cinque, spiegando che solo due, nel momento in cui lui scriveva, erano utilizzate. Una di queste, quella di San Pancrazio si trovava in mezzo alla piazza omonima (oggi piazza Indipendenza) ma la sua posizione e il funzionamento (i cavalli giravano infatti la ruota del mulino) avevano trasformato quel tratto della piazza in un pantano maleodorante sia d’estate che d’inverno.

Il grande studioso della storia architettonica di Cagliari Franco Masala spiega che l’acqua in Castello veniva conservata nelle cisterne private e pubbliche, queste ultime spesso erano locali in disuso, convertiti in cisterne. Nella prima metà del XIX secolo, inoltre, le condizioni igieniche del quartiere erano ancora alquanto precarie, vista l’assenza in alcuni punti dei canali di scolo delle acque e– racconta Masala – «delle abitudini poco ortodosse degli abitanti della città». Insomma, quello delle acque a Cagliari è stata per lungo tempo un problema annoso da risolvere e per iniziare a vedere dei tentativi reali di risoluzione, bisognerà aspettare il 1867 anno in cui verrà costruito l’acquedotto.

 

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