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Cagliari gambe molli e poche idee: all’indomani della sconfitta con la Fiorentina, suona un campanello d’allarme

<<Non è ancora finita>> ha gridato un tifoso del Cagliari dopo il 3-5 siglato da Borriello. Proprio in quel momento Paulo Sousa ha iniziato a sgolarsi, timoroso di vedersi rimontato ancora una volta. Ma da lì al termine della gara è accaduto poco o nulla: un colpo di testa alto di Melchiorri e una buona occasione di Padoin, arrivato stanco alla conclusione. Ecco, la stanchezza fisica e mentale ha tolto la lucidità necessaria ai rossoblù per acciuffare il punteggio e far gridare al miracolo dopo aver subìto un passivo pesante. Gambe molli e poche idee, con la Fiorentina che giocava in scioltezza – forte del vantaggio acquisito grazie alla tripletta di Kalinic e alla doppietta di Bernadeschi, e badava a rischiare meno possibile in attesa che l’arbitro fischiasse la fine delle ostilità.

<<Se non sono riuscito a farmi capire, mi assumo la responsabilità di questa sconfitta>> ha ammesso Massimo Rastelli in conferenza stampa. Sconfitta salutare? Le prossime due gare (con la Lazio a Roma e col Palermo al Sant’Elia) daranno i loro responsi. Certamente il tecnico dovrà ragionare a lungo sulla tenuta difensiva della propria squadra, la seconda più battuta in Serie A (19 gol subiti) con una media di due gol a partita. A mollare gli ormeggi non è stata tanto la difesa quanto il centrocampo, settore nevralgico dove la Fiorentina ha saputo sfruttare la superiorità numerica tagliando le linee di raccordo nella trequarti. A mancare sono state le mezzali Isla e Padoin, spesso protese ad aiutare la fase avanzata ed incapaci di rientrare in tempo per chiudere ampi raggi di campo. Tachtsidis è stato così sovrastato dall’attacco dinamico viola ed ha lasciato la difesa in balia delle onde. Questo atteggiamento superficiale non assolve il reparto difensivo, certamente poco aiutato, ma ancora una volta poco maturo: Bruno Alves ha pagato la fase da stakanovista e la mancanza di un compagno ideale come Ceppitelli, diverso da un Salamon spaesato e spesso in ritardo di posizione. I terzini hanno dovuto fare un lavoro enorme per contrastare le folate degli esterni viola, perdendosi cross e assist letali.

È stata dunque una disfatta sì psicologica – il pareggio al limite di Kalinic ha spento la luce rossoblù – ma anche puramente tattica. I reparti hanno suonato per conto proprio e presentato una melodia stonata e senza fiato. Rastelli deve mantenere per sé il buon inizio – col vantaggio immediato di Di Gennaro ed il possibile 2-0 sfiorato poco dopo, e la reazione caotica ed orgogliosa del secondo tempo, quando i 15 mila del Sant’Elia hanno iniziato a pensare che non fosse ancora finita. Nessun miracolo è apparso all’orizzonte, nessun 5-5 a intitolare sui giornali che “il Cagliari non molla mai”. Ed invece il Cagliari molla, è ancora fragile, ha quell’animo delicato che si porta appresso dalla serie B, quando un infortunio o un episodio sfavorevole inficiavano sull’andamento delle gare. Questa sconfitta può essere salutare o tremenda: può fortificare i rossoblù e lanciarli verso la vittoria delle prossime due partite oppure può mettere a serio rischio la stima di ciascuno, abbassando la cifra della squadra. Per Rastelli un compito arduo, ovvero quello di saper lavorare sulla mente dei suoi uomini prima che sulla base tattica. Se riuscirà nell’intento di rendere la sconfitta un mero incidente di percorso, potrà proseguire la marcia verso la salvezza con le vele spiegate.

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