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4 maggio 1871. La tragedia di Montevecchio: muoiono in miniera 11 operaie

Erano le 18.30 del 4 maggio 1871. Una trentina di donne, come ogni giorno, concludeva le proprie sedici ore di lavoro nel cantiere Azuni, uno dei tanti della miniera di Montevecchio, e raggiungeva il dormitorio per il meritato riposo. Stava sul tetto dell’edificio un’enorme vasca piena d’acqua – usata per il lavaggio dei minerali – che quella sera si ruppe, provocandone il crollo e la morte di undici operaie.

Cernitrici a Montevecchio [Archivio fotografico del Comune di Iglesias]

Delle undici vittime – in larghissima parte originarie di Arbus – otto erano poco più che bambine, aventi meno di quindici anni. In merito alla tragedia – una delle pagine più nere della storia del lavoro femminile nell’Isola – fu aperta un’inchiesta, che si concluse con l’assoluzione piena di tutti i dirigenti. Nessuno – si disse – poteva essere considerato responsabile dell’incidente, se non il fato. Certo è che in Sardegna, a fine ‘800, la sicurezza sul lavoro e la tutela dei diritti dei lavoratori – e, sopratutto, di quelli delle lavoratrici – godevano di un’attenzione decisamente scarsa. Paghe misere, turni massacranti e totale o quasi subordinazione al lavoro dei loro colleghi uomini: era questa la condizione delle operaie impiegate presso le numerose miniere dell’Isola. Un impiego disprezzato, difficile e pericoloso, che veniva accettato come un male necessario, date le precarie condizioni sociali ed economiche in cui versavano queste donne giovani e giovanissime, spesso orfane o vedove.

 

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