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Il 31enne Matteo Arthemalle parla delle coltivazioni legali di canapa utili al nostro ecosistema

Da maggio a settembre delle bellissime piante verdi, dotate di foglie sagomate, hanno rivestito il suolo di un terreno situato nei pressi di Orrì. I più attenti si saranno di certo domandati cosa fossero; esse non sono nient’altro che piantagioni di canapa.

Matteo Arthemalle, ragazzo di 31 anni nato ad Oristano ma con origini ogliastrine, ci parla con passione dei suoi progetti. La sua azienda (individuale) si chiama “Canapa di Sardegna” (https://canapadisardegna.it/) che fa parte dell’associazione “Sardinia Cannabis”, il cui scopo è quello di promuovere l’applicazione e la reintegrazione della canapa nell’agricoltura moderna per sostenere la biodiversità e il recupero dei terreni abbandonati. Probabilmente deve agli studi in biologia il suo amore per la natura; lui, sostenitore dell’ecosistema, cerca di combattere l’inquinamento e tutto ciò che potrebbe danneggiare l’ambiente. Sottolinea inoltre le differenze che intercorrono tra canapa e cannabis, in quanto la seconda, avendo valori più alti di principio attivo psicotropo (tetraidrocannabinolo o THC), è illegale. Quest’ultima è considerata droga a tutti gli effetti e viene usata in medicina anche a scopo terapeutico. La canapa invece è stata da poco normata (legge N. 242 del 2 dicembre 2016) e per essere coltivata liberamente deve avere un tasso di THC inferiore allo 0,2% mentre, come previsto da regolamento europeo, è necessaria l’autorizzazione nel caso in cui la percentuale sia superiore.  Se tale percentuale risulta superiore allo 0,2% ma inferiore allo 0,6 % non viene attribuita all’agricoltore nessuna responsabilità. Se però tale soglia viene oltrepassata, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro e la distruzione delle coltivazioni di canapa.

Matteo produce canapa industriale. Ci racconta che il campo di applicazione della canapa è molto vasto e che già gli antichi compresero il valore racchiuso all’interno di questa pianta. Il suo fusto, da cui si possono ottenere eco-mattoni in canapulo e calce, è utilizzabile in bioedilizia per la costruzione di case di canapa, che per le loro peculiari caratteristiche e il basso costo risultano essere tra le migliori soluzioni per un abitare sostenibile. Mentre con il canapulo si possono riempire solai, pareti, tetti. Inoltre la canapa funge da termoregolatore ed abbatte le emissioni di CO2 contrastando il surriscaldamento globale. Viene utilizzata in campo tessile e anche per ottenere plastica biodegradabile. Altre applicazioni le troviamo nella cosmesi da cui si possono ottenere saponi, shampoo, profumi, creme, eccetera. Invece a livello alimentare è un buon nutraceutico; i semi di canapa sono considerati un ottimo alimento dato l’ampio spettro proteico in essi contenuto. Anche l’olio vanta importanti qualità organolettiche grazie alla proporzione tra omega 3 e omega 6 che risulta essere quella più compatibile con il fabbisogno fisiologico umano.

Matteo ci racconta che in Italia le attività presenti superano il migliaio e spera che in Sardegna quest’opportunità di crescita per l’economia locale venga sostenuta dalle istituzioni. All’interno dell’associazione di cui fa parte collaborano per studiare la coltura della canapa e per costruire una filiera che consenta a tutti di trovare uno sbocco commerciale. Ad oggi Matteo non è in grado di parlarci del risvolto economico essendo lui nuovo nel campo; però è possibile accedere a dei finanziamenti europei che vengono poi regolamentati da ogni singola regione. Sta anche lavorando alla costituzione di una cooperativa di comunità (startup innovativa ad alto valore tecnologico), il cui intento è quello di creare una piattaforma no profit in grado di bypassare l’intermediazione for profit delle multinazionali.

Aggirando la GDO e mettendo in connessione agricoltori e cittadini mediante una piattaforma online si possono abbattere i prezzi. Il risparmio così ottenuto viene diviso equamente tra agricoltore e cittadino. Alla cooperativa rimane una piccola parte necessaria per il sostentamento della stessa ma, essendo a mutualità prevalente, li reinveste in ambito comunitario al fine di alimentare l’economia locale e promuovere uno stile di vita resiliente così da contrastare il fenomeno della disoccupazione. Matteo spera in un domani in cui gli uomini possano iniziare a valorizzare la natura partendo dalle piccole cose. Mediante la sua attività cerca di donare il suo contributo, consapevole di quanto il nostro modo di agire possa influire negativamente sulle variazioni climatiche e non solo. Oltre all’inquinamento industriale l’uomo tende anche a disboscare riducendo l’assorbimento complessivo di CO2 delle foreste. Alte concentrazioni di quest’ultima nell’atmosfera stanno accelerando quello che è definito surriscaldamento globale e quindi i cambiamenti climatici che non solo aumentano il dissesto idrogeologico ma apportano anche importanti mutamenti al nostro ecosistema. Per questi motivi Matteo consiglia l’utilizzo della canapa; cresce in pochissimo tempo e per parità di spazio rispetto ad altre colture sviluppa maggiori quantità di biomassa. Grazie a queste sue peculiari caratteristiche assorbe grandi quantità di CO2 che fissa permanentemente all’interno del fusto riducendone la concentrazione in atmosfera.

Alcuni studi mostrano che “un ettaro coltivato a canapa industriale può sequestrare fino 15,46 tonnellate di CO2, di cui 13 verranno fissate all’interno dei materiali ottenuti da fibre e canapulo impedendone il ritorno nell’atmosfera, mentre le restanti 2,46 tonnellate rimaste in campo contribuiranno all’arricchimento del terreno di sostanze organiche. La canapa industriale risulta essere quindi un mezzo efficace per sequestrare il diossido di carbonio e legarlo permanentemente nei materiali da essa derivati. L’accreditamento della canapa industriale come un “pozzo” per assorbire grandi quantità di CO2 dall’atmosfera renderà la sua coltura ancora più attraente”.

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