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Leggende ogliastrine. Il pastorello di Arzana e il “treppiedi dell’inferno”

Gli impervi dirupi del Gennargentu sono da sempre il rifugio prediletto delle aquile, che per la stessa morfologia del territorio tendono a costruirvi e nascondervi i propri nidi. Nidi presidiati con attenzione da questi maestosi animali, pronti a difendere con la vita i loro preziosi piccoli.

Una celebre leggenda sarda si lega a questi luoghi, e mette le radici nella balentìa, quel sentimento – particolarmente diffuso nell’entroterra sardo – che da secoli porta gli uomini di questa regione a dimostrare con orgoglio il proprio coraggio. Un pastorello di Arzana, desideroso appunto di esibire la propria forza, pare avesse quindi deciso di arrampicarsi fino alla cima di un monte sito al confine con Desulo. Nei suoi progetti, la cattura di un aquilotto da riportare in paese sarebbe stato la giusta testimonianza dell’impresa. Si racconta quindi che il piccolo animale fosse in effetti stato sottratto al nido, ma che non ci fosse mai stato modo di riportare la notizia fino ad Arzana.

Un’aquila, presumibilmente madre del cucciolo, scese infatti in picchiata sul giovane, inchiodandogli al petto i possenti artigli e costringendolo a retrocedere. Sarebbe nata così la leggenda del “treppiedi dell’inferno”, dirupo dal quale il pastorello arzanese cadde senza alcuna possibilità di sopravvivenza. Un precipizio temuto ancora oggi, ai piedi del quale si racconta sfilino le lamentose anime dei dannati. E, forse, anche quella del pastorello arzanese.

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