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Maialetto sardo e nuova legge, il Psd’az e i sindaci non ci stanno. La proposta di legge per preservare l’allevamento tradizionale

Il capogruppo e consiglieri sardisti Gaetano Ledda, Giovanni Satta e Paolo Dessì, in collaborazione con alcuni amministratori locali sardisti, Efisio Arbau, Ignazio Piras e Giuseppe Mesina, rappresentanti di realtà territoriali rurali come la Barbagia, il Marghine e l’Ogliastra, hanno predisposto una proposta di legge che consente di preservare l’allevamento tradizionale dei maialetti a uso familiare.

“La legge regionale n. 28/2018, rubricata Disposizioni per la valorizzazione della suinicoltura sarda, ha da subito palesato alcune criticità, in particolare quelle relative all’allevamento cosiddetto familiare. In particolare per quanto attiene la disciplina portata all’art. 4, comma 2,  all’art. 8 sulla formazione e all’art. 10 sulle consulenze. Con la proposta di legge si propone una stesura  comprensibile del comma 2 dell’art. 4 e l’abrogazione degli articoli 8 e 10, ritenuti dai proponente i due risvolti negativi della stessa medaglia: l’insopportabile giudizio negativo sulle capacità e professionalità del sistema produttivo tradizionale e lo sperpero di soldi pubblici in inutili consulenze che di fatto delegittimano le professionalità presenti sul territorio anche in campo pubblico” si legge nel comunicato. “Si propone di semplificare il comma 2 dell’art. 4, con la precisazione che la produzione dei «maialetti da latte» è consentito anche a livello familiare e che la riproduzione è altresì consentita senza la movimentazione degli animali allevati e/o con tecniche di procreazione assistita in campo animale. Si supererebbe così l’interpretazione letterale che pone dei problemi alla presenza dei riproduttori in azienda e all’autoconsumo di maialetti in famiglia, una pratica tradizionale ineliminabile. Nella proposta si evidenzia, altresì, la necessità dell’abrogazione dell’art. 8 che introduce l’obbligo di corsi di formazione che innalzano i costi e i livelli di oppressione burocratica nei confronti degli allevatori a favore dei soliti noti organizzatori di corsi inutili nel mondo reale ed utili a fomentare le filiere dell’assistenzialismo e del clientelismo. Norma che trova la sua giustificazione logica nel disposto dell’art. 10, una sorta di norma di chiusura, che giustifica, con la motivazione di fornire assistenza tecnica agli operatori, l’ulteriore spesa di soldi pubblici in non meglio precisate consulenze che di fatto certificherebbero la mancanza di professionalità nell’esercito di professionisti che del sistema veterinario pubblico sardo fanno parte e con grande dignità”.

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