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Leggende ogliastrine. Le Janas e il pastore

Oltre all’ambiente e alle bellezze naturali, le cose che caratterizzano maggiormente il paesaggio sardo sono le sue testimonianze archeologiche; le più conosciute sono i nuraghi, che grazie alla loro imponenza, segnano più di ogni altra cosa il paesaggio della Sardegna, rendendolo unico rispetto a qualsiasi altra parte del mondo. Ci sono poi le Tombe dei Giganti, risalenti all’Età del Bronzo antico e i Menhir e i Dolmen, ancora più antichi.

Ma ad attirare l’attenzione e la curiosità della gente sono soprattutto le Domus de Janas, nicchie sepolcrali prenuragiche appartenenti al neolitico, comuni a tutta l’area Mediterranea. Formate da una o più ambienti quadrangolari o circolari, riproducono in scala ridotta le caratteristiche di un’abitazione vera e propria, nella quale i defunti si dovevano sentire come a casa. Più che delle tombe erano dei luoghi di culto di una civiltà antica che basava la sua religione essenzialmente sulla venerazione dei morti e degli antenati. Anche le culture successive continuarono a utilizzare questi siti come luoghi sacri ove celebrare riti e cerimonie. Con il passare dei secoli però, si perse memoria della funzione originaria che questi luoghi avevano avuto e la credenza popolare li reputò dimore di piccoli esseri fantastici, simili a fate o folletti, e da qui il nome Domus de Janas.

Attorno a queste creature sono nate nel tempo una miriade di leggende e racconti che oggi costituiscono un vero e proprio corpus mitologico. Sebbene ogni comunità tramandi delle storie differenti riguardanti le Janas, ogni racconto è modulato su caratteristiche descrittive comuni riscontrabili sia nelle particolarità fisiche degli esseri in questione, sia sui loro propositi morali. Infatti nella maggior parte dei racconti le Janas vengono rappresentate come delle donnine di bassa statura, dall’aspetto piacevole che potevano essere gentili o dispettose a seconda dei casi e delle persone oggetto delle loro attenzioni. Avevano dei grandi seni e la loro voce era simile a uno strillo acuto e sgradevole. Rimanevano nascoste nei loro rifugi scavati nelle rocce e si rendevano visibili solo ai bambini.

 

La seguente storia, dal titolo “Le Janas e il pastore”, è tratta da un racconto del compianto Francesco Marongiu, uomo di Arzana, esperto conoscitore delle leggende e della tradizione orale del suo paese.

 

LE JANAS E IL PASTORE

 

Tanto tempo fa, viveva ad Arzana un pastore che possedeva un piccolo gregge di capre. Era così povero che poteva permettersi solamente un remoto campo lontano dal paese. Nessuno voleva quel terreno perché, oltre ad essere arido e sassoso, era abitato dalle Janas. Ogni notte, infatti, le fate uscivano dalle grotte e disperdevano le greggi, mentre di giorno, con le loro urla stridule, disturbavano le capre al pascolo. Il nostro pastore però non aveva altra scelta e per ingraziarsi le Janas, ogni mese donava loro alcune forme di formaggio. In cambio, quelle minuscole creature lasciavano in pace gli animali, garantendo abbondante erba fresca. Tutto filò liscio fino a quando il capraio, stufo di essere così povero, rubò un intero gregge, lo condusse nel suo podere e lo unì alle sue capre. Come da sua consuetudine portò i doni alle fate, ma queste non gradirono affatto l’omaggio; la notte stessa uscirono dalle grotte e dispersero il gregge e al mattino iniziarono a strillare forte, impedendo così alle bestie di mangiare in tranquillità. L’uomo allora, credendo di non essere stato abbastanza generoso, diede alle Janas ancora più formaggio, ma per tutta risposta l’erba del fondo si seccò completamente facendo tornare il podere arido e sterile come era sempre stato. Il pastore, quindi, intuendo di aver commesso qualcosa di male, fece una piccola prova: chiuse in un altro recinto le capre rubate e munse solo i suoi animali; con il loro latte fece del formaggio e ancora fresco lo regalò alle Janas. Gli strani esseri apprezzarono l’offerta e smisero improvvisamente di tormentarlo. Il capraio allora capì quale era l’origine di tutti i suoi mali e restituì il maltolto al suo legittimo proprietario. Da allora i campi tornarono verdi e le greggi poterono continuare a pascolare indisturbate.

 

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