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Omicidi, rapine, estorsioni. Dieci uomini ogliastrini sotto accusa

 

Al termine di lunghe indagini, coordinate dal dott. Danilo Tronci della Direzione Distrettuale Antimafia di Cagliari, e svolte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Nuoro, in collaborazione con altri reparti dell’Arma, è stata notificata la conclusione delle indagini preliminari per dieci uomini ogliastrini. 

GLI INDAGATI. Cesare Balzano (48enne, operatore ecologico, pregiudicato di Arzana), Angelo Balzano (52enne, operatore ecologico, pregiudicato di Arzana), Andrea Agus (48enne, operaio, pregiudicato di Lanusei), Luigi Piras (45enne, operatore ecologico, pregiudicato di Arzana), Salvatore Mereu (54enne, operaio forestale, pregiudicato di Tortolì), Giangiuseppe Ferrai (39enne, disoccupato, pregiudicato di Arzana), Paolo Mulas (52enne, allevatore, pregiudicato di Tertenia),  Armando Mameli (59enne, imprenditore, pregiudicato di Tertenia),  Fabrizio Demontis (43enne, allevatore, pregiudicato di Escalaplano),  Davide Balzano (29enne, allevatore, pregiudicato di Arzana).

I dieci ogliastrini sono stati indagati a vario titolo per i reati di rapina aggravata e reato in materia di armi, omicidio, tentato omicidio,  estorsione aggravata, associazione a delinquere.

L’inchiesta in una prima fase è stata incentrata sulla clamorosa rapina alla base militare di Capo Bellavista e sulla contemporanea scomparsa di Marco Mariano Ferrai, ma ha via via riguardato altri fatti collegati e, successivamente, ha fatto luce su altre vicende di cui alcuni indagati erano stati protagonisti.

LA RAPINA A CAPO BELLAVISTA.   Nel promontorio di Capo Bellavista aveva la base un distaccamento del Poligono Interforze del Salto di Quirra. Nel 2003 la struttura diventò anche la base operativa dei vari contingenti del Reggimento Corazzato di Teulada, del 151° e del 152° Reggimento della Brigata Sassari, che concorrevano alla vigilanza sull’aeroporto e sul porto di Tortolì. La sera del 21 settembre 2004 un malvivente richiamò l’attenzione del piantone. Il militare si affacciò a una finestra e vide, ferma davanti al cancello, una Fiat Uno rossa. In quei momenti due banditi, rizzatisi da sotto il davanzale, gli puntarono contro delle pistole. Un criminale gli legò le mani ed i piedi e nel frattempo i complici razziarono i fucili mitragliatori e le cassette contenenti le munizioni, portando via 13 fucili mitragliatori A.R. 70/90, munizioni e vario materiale.

LA SCOMPARSA DI MARCO MARIANO FERRAI. Nella tarda mattinata del giorno seguente Nino Ferrai si recò dai Carabinieri di Tortolì per cercare notizie sul figlio Marco Mariano, che non rispondeva al telefono e non dava notizie di sé.  Furono fatti accertamenti ma nessuno aveva sue notizie.  L’indomani, Nino Ferrai riferì che il figlio era scomparso tra le 15.30 e le 16 del 21 settembre, dopo essersi allontanato da casa con l’arzanese Cesare Balzano, che era passato a prenderlo. Sporse denuncia di scomparsa. 

Dalla mattina del 24 settembre e per molti giorni a seguire, diverse squadriglie dell’Arma, supportate da unità cinofile e dagli elicotteri, perlustrarono una vasta zona sita ai confini tra i territori di Arzana, Villagrande Strisaili, Talana, Baunei e Girasole. Le asperità del terreno  resero difficili le ricerche, che nonostante i vari tentativi ebbero esito negativo. In più circostanze, anche pubblicamente, Nino Ferrai e la moglie Mariangela Bangoni puntarono l’indice contro Cesare Balzano, ritenendolo responsabile della sparizione del figlio e accusandolo anche di fronte alle telecamere del programma RAI Chi l’ha visto? che si interessò del caso. I genitori non nascosero che avrebbero fatto ricorso a qualsiasi mezzo per scoprire la verità e che erano decisi a vendicarsi.

Il 13 novembre 2004, in piena notte, andò a fuoco la macchina di Nino Ferrai. Egli non ebbe dubbi nel ritenere l’incendio di origine dolosa. Nino Ferrai era cosciente che la ricerca di notizie e l’intervista a “Chi l’ha visto?” avrebbe provocato una risposta, per cui si attendeva di tutto. Ed il fatto che andasse in giro armato di pistola lo conferma.

IL DUPLICE OMICIDIO DI NINO FERRAI E MARIANGELA BANGONI.  La mattina del 3 dicembre 2004, in località Basaura a Tortolì, appena scesi dalla loro Fiat Uno, mentre stavano per accedere ad un terreno in cui da diverso tempo facevano pascolare il loro gregge di pecore, Nino Ferrai e Mariangela Bangoni furono colpiti da numerose fucilate.

L’uomo morì subito, la donna qualche ora dopo, nell’ospedale di Lanusei. L’indagine dei R.I.S. Carabinieri di Cagliari confermò che erano stati usati due diversi fucili, svelando, soprattutto, che uno era stato utilizzato anche il 13 novembre 2002, in agro di Loceri, per uccidere Ottavio Podda. Durante le investigazioni sono stati acquisiti elementi che portano a ritenere che Cesare Balzano e Luigi Piras siano i responsabili del duplice omicidio e che abbiano commesso il delitto per garantirsi l’impunità circa la rapina ai militari, di cui sono ritenuti pure responsabili unitamente ad Angelo Balzano, Salvatore Mereu e Giangiuseppe Ferrai.

L’OMICIDIO DI ANGELO TANGIANU.  Durante l’attività investigativa, lo stesso Balzano, in una intercettazione in cui parlava col suocero Armando Mameli, dopo aver descritto fin nei minimi dettagli l’attentato patito l’11 dicembre 2000, in cui perì il figlioccio, l’arzanese Lino Perotti, riferì di essersi vendicato dopo appena 15 giorni (assassinando Angelo Tangianu, quindi: l’omicidio fu infatti commesso il 26 dicembre 2000, da almeno due killer).

LA RICOSTRUZIONE. L11 dicembre del 2000, Cesare Balzano partì da Arzana, con la sua Fiat Uno, si fermò in Piazza San Rocco e prese a bordo Lino Perotti. Insieme si recarono, come ogni giorno, in campagna. Mentre Perotti stava per aprire il cancello una fucilata caricata a pallettoni lo colpì al fianco destro. Si portò le mani al fianco, fece qualche passo indietro, verso la macchina, e stramazzò al suolo. 

Cesare Balzano si diede a precipitosa fuga verso valle, in direzione Bau Nuxi. Il killer gli tirò sperò alla gamba destra ma Balzano riuscì a scappare. A circa 400 metri dal teatro dell’agguato, Balzano entrò in un oliveto, arrivò al fiume e si nascose. Quando si ritenne al sicuro, col  cellulare chiamò il fratello Angelo chiedendogli d’informare i Carabinieri e di raggiungerlo con loro sul posto. Cesare Balzano disse al suocero che il motivo che aveva armato la mano di Tangianu era da ricercarsi in una discussione avvenuta in un bar di Arzana con altri pregiudicati del luogo, e nell’attentato dinamitardo che aveva distrutto il fuoristrada dello stesso Tangianu.

Angelo Tangianu fu assassinato in località Accodula, agro di Arzana, il  26 dicembre 2000. Quindici giorni dopo l’attentato a Balzano e al figlioccio Lino Perotti. Quel giorno Angelo Tangianu, dopo aver pranzato in famiglia, uscì di casa per andare ad accudire il suo bestiame in montagna. Mentre percorreva un tratto in salita di una strada sterrata e dissestata, trovò il passaggio ostruito da alcuni massi e fu costretto a fermarsi.  Dal bosco partirono alcuni colpi di fucile e fu  raggiunto da diversi pallettoni. Cercò di fuggire ma fu colpito da altri pallettoni. Cadde a terra ed a quel punto i killer gli esplosero, a breve distanza, altri due colpi di fucile. Il cadavere fu trovato l’indomani mattina dal padre Ottavio.

IL TENTATO OMICIDIO DEI CONIUGI LOBINA.   Nel corso delle investigazioni sono stati, inoltre, raccolti elementi che portano a ritenere Armando Mameli e Cesare Balzano responsabili del tentato omicidio di Luigi Lobina e della moglie Francesca Longobucco. Luigi Lobina era considerato dal paesano Armando Mameli un acerrimo nemico: avevano interessi confliggenti in quanto entrambi proprietari di terreni sul mare. Il 6 febbraio 2006 a Tertenia il fuoristrada su cui viaggiava  Lobina, che come ogni mattina accompagnava la moglie a lavoro, fu colpito da due fucilate. Lobina rimase miracolosamente illeso, mentre la moglie fu colpita alla spalla destra.

ESTORSIONE AGGRAVATA AI DANNI DI MASSIMO COCCO  Cesare e Angelo Balzano e Luigi Piras sono ritenuti responsabili di questo reato, perchè nel 2006, per procurarsi un ingiusto profitto mediante violenza e minaccia, hanno ottenuto condizioni contrattuali più favorevoli e l’assunzione nell’impresa dello stesso Piras e del fratello, nonché di Davide Balzano, figlio di Angelo. Ottennero inoltre che per il compattamento dei rifiuti lo stesso Cocco prendesse a noleggio la terna di proprietà dei Balzano. Con l’aggravante di aver agito in più persone riunite e dell’avere utilizzato un metodo mafioso. Durante le indagini sono stati accertati anche reati in materia di armi a carico di Fabrizio Demontis, Paolo Mulas, Cesare Balzano Davide Balzano e Armando Mameli.

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