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Lo Sapevate? A S’arcu ‘e is Forros (Villagrande) fu ritrovato uno Scarabeo egizio

Ha fatto il giro del web nel mesi scorso la foto, condivisa nella pagina social del Museo Archeologico Nazionale Giorgio Asproni di Nuoro, di uno Scarabeo egizio in faïence ritrovato a Villagrande e risalente al VIII sec. a.C.

“Lo scarabeo è stato rinvenuto presso il villaggio-santuario nuragico di S’Arcu ‘e is Forros, in un contesto che ha restituito diversi materiali databili fra il XII e l’VIII secolo a.C. – si legge nel post -. Il manufatto presenta il dorso del coleottero realizzato con una resa naturalistica. Sulla base ovale, leggibile seguendo una sequenza orizzontale, all’interno di una linea curva incisa, è rappresentata a sinistra una figura accovacciata accanto a una sorta di piedistallo o stendardo (corrispondente al geroglifico ʿnh); a destra è raffigurato uno scarabeo che regge verosimilmente il disco solare (lo shed), con le zampe posteriori.  Lo scarabeo di Villagrande, di probabile produzione sarda, risente di evidenti influssi da modelli iconografici egiziani, ed è databile all’VIII sec. a.C. circa”.

“Nell’antico Egitto – si legge ancora – lo scarabeo era diffuso in ambito funerario come amuleto, simbolo di rinascita spirituale dei defunti, ma anche con la sua funzione pratica di sigillo; conosciuto in Oriente sin dal II millennio a.C., si ritrova negli insediamenti occidentali a partire dall’VIII-VII sec. a.C. In Sardegna numerosi scarabei provengono sia dalle necropoli e dagli abitati nati dai contatti con le popolazioni orientali, sia da contesti autoctoni”.

Si tratta di un luogo considerato dagli storici uno dei massimi centri metallurgici al mondo tra l’età del bronzo e l’età del ferro. Come racconta il sito di Sardegna Turismo S’Arcu e is Forros viene ritenuto “il più importante centro metallurgico nuragico finora rinvenuto in Sardegna” e caratterizzato da una “intima connessione tra tecnologia e sacralità”. “I metalli – si legge ancora – venivano usati per realizzare manufatti votivi da conservare nel templi. I reperti rinvenuti nell’area, tuttavia, non erano soltanto produzioni autoctone, tra i numerosi e preziosi ritrovamenti – metallici e non – molti provenivano da Etruria, Grecia e vicino Oriente, prova dell’intensità di contatti e traffici commerciali con gli altri popoli del Mediterraneo”.

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