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Ogliastrini nel mondo. Da Jerzu all’Olanda, la storia dell’infermiera Simona Spanu

Simona Spano, 26 anni, di Jerzu, dopo aver conseguito una laurea nella facoltà di infermieristica presso l’Università di Padova, ha deciso di partire alla volta dell’Olanda, precisamente nella città costiera di Den Haag, dove tutt’oggi vive. La voglia di scoprire il mondo, di non adattarsi, di trovare un luogo in cui la sua figura professionale venisse valorizzata, sono solo alcuni dei motivi che, circa due anni fa, l’hanno spinta a concretizzare la sua necessità di partire.

Conosciamola meglio. 

 

Perché hai deciso di trasferirti proprio in Olanda?

 

Dopo essermi laureata nel 2017 all’Università di Padova, ho iniziato a cercare un lavoro in Sardegna. Ho spedito centinaia di curricula nelle città sarde e mai nelle piccole realtà. L’idea di vivere in un paesino mi terrorizzava perché avevo paura di abituarmici. Infatti ho sempre avuto la necessità di  ampliare i miei orizzonti, ma allo stesso tempo avevo la consapevolezza che tutto ciò mi avrebbe portato lontano dalla mia famiglia. Una sera di inverno, passata come tante a mandare curricula, mi capitò davanti un annuncio lavorativo: “Vuoi diventare infermiere in Olanda?”. In quel momento preciso iniziò ufficialmente la mia avventura. Ricevetti la chiamata due giorni dopo e dopo circa due settimane mi ritrovai con la valigia in mano. Dopo sei mesi di studio della lingua Olandese in Grecia, dove i corsi costano molto meno, iniziai a lavorare dove tutt’oggi vivo. 

 

Raccontaci del tuo percorso lavorativo. 

 

Per via della barriera linguistica ho iniziato a lavorare come OSS. Dopo ho iniziato a lavorare in una casa di riposo come una via di mezzo tra Oss e infermiera, figura non presente in Italia. Solamente dopo aver maturato un certo livello linguistico dimostrato con i certificati, mi sono finalmente potuta registrare all’Albo degli infermieri. Voglio iniziare qualcosa di molto importante ma questo, per ora, non posso condividerlo con voi.

 

Puoi fare un paragone tra il sistema sanitario olandese e quello italiano?

 

Le opportunità lavorative nel settore sanità sono davvero tante, c’è una carenza molto grave di personale infermieristico. In Olanda è quasi inesistente l’ansia del non trovare lavoro, tutti hanno un’opportunità, diversamente dall’Italia. Nei siti online dedicati agli infermieri di cui faccio parte non si legge altro che di frustrazione, malcontento, gente obbligata ad accettare salari minimi pur di lavorare, infermieri che vengono visti come badanti e tutto fare: fa capire quanto ancora la figura infermieristica in Italia sia sottovalutata. Addentrarsi nella sanità Olandese non è certo facile perché è completamente diversa da quella italiana, ci sarebbero mille e più paragoni che si potrebbero fare. 

 

Com’è stato lavorare come infermiera in un periodo, a livello mondiale, così difficile? 

 

La mentalità olandese e le profonde credenze sono molto diverse da quelle italiane. Qui è stato attuato, durante la prima ondata di Covid-19, un “lockdown intelligente” che è stato un vero e proprio fallimento. Nella casa di riposo in cui lavoravo, vedevamo gli ospiti morire uno dopo l’altro, cadere come pedine senza poter fare nulla di concreto per poterli aiutare. Dall’inizio della pandemia, ai pazienti over 65/70 con pluripatologie sono state negate le cure e la terapia intensiva. L’unica soluzione che avevamo era somministrare ossigeno e sperare per il meglio. Non è stato facile. 

 

 

Nella tua vita privata invece come hai affrontato la pandemia?

 

La mia vita privata non è cambiata tantissimo, in relazione soprattutto al mio lavoro da infermiera. Non ho mai sperimentato la vera vita da quarantena, il dover stare tutto il giorno chiusa in casa, non ho vissuto lo stress delle persone che si sono ritrovate senza lavoro o in Smart Working etc. Alcune parti della vita giornaliera si sono dovute naturalmente adattare ma questo non mi è pesato particolarmente. La prima fase della pandemia l’ho vissuta abbastanza serena, sino a quando non è scoppiata la crisi in Italia. Da quel momento sono aumentate le pressioni, l’ansia, le paure. Qua in Olanda non si parlava altro che della situazione italiana, tutti mi chiedevano come stessero i miei cari. La gravità del Coronavirus è stata presa sottogamba dall’Olanda: sembrava un virus presente solo in Italia e in Cina ma in realtà era anche in mezzo a noi. Fino al 1 Dicembre 2020 qua si girava tranquillamente senza mascherina, non essendo obbligatoria. 

 

Oltre al lavoro, a cosa ti dedichi nel tempo libero?

 

Prima della pandemia, quando avevo dei giorni liberi di seguito, amavo prendere un treno e farmi dei mini viaggi in giro per l’Olanda. Adesso, a causa delle restrizioni negli spostamenti, utilizzo il mezzo di trasporto olandese più famoso in assoluto: la bicicletta. Se il tempo lo permette, faccio dei giri enormi in bici che mi permettono di scoprire sempre qualcosa di nuovo e che mi alleggeriscono la mente. Poi passo del tempo in casa a guardare film, a stare con gli amici, a leggere.

 

Ti manca la Sardegna? 

La mentalità, le differenze culturali, le forti credenze, gli stili di vita, la quotidianità: questi sono aspetti con cui ti scontri/confronti ogni giorno e che ti portano a chiederti se tutto questo sia adatto a te. Io ancora la risposta non ce l’ho. Sono consapevole che non mi adatterò mai a tutto, ma ci sono tantissime opportunità qui in Olanda a cui, per ora, non posso proprio rinunciare. 

Mi manca la Sardegna, mi manca lo stile di vita italiano e soprattutto mi manca la mia famiglia. Niente potrà mai ripagare il tempo che trascorro lontano dai miei cari. Non vedere i miei genitori raggiungere nuovi traguardi, mia sorella Roberta affacciarsi al mondo dei grandi, mia sorella Francesca nel ruolo di giovane mamma, le mie adorate nipoti crescere, mia nonna con qualche ruga e dimenticanza in più. Mi mancano tutti.

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