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Le donne che ci piacciono. La cultura a 360 gradi di Belinda Boeddu, all’ombra della figura di Gramsci

Oggi incontriamo Belinda Boeddu, che la cultura la respira tutti i giorni e in ogni sua sfaccettatura. Originaria di Ghilarza, è giornalista, operatrice culturale, curatrice di eventi, responsabile del Centro di Assistenza didattica AlphaBeta e autrice dell’ebook “Storia, cultura e tradizione”.

La cicogna ti ha paracadutato a Ghilarza per premio, o tu lo avevi specificato nella domanda di ammissione alla Sardegna?

Se do uno sguardo al mio albero genealogico paterno e materno posso vedere che i miei avi sono tutti ghilarzesi, senza alcuna eccezione, quindi il mio luogo di nascita non è frutto di un caso, le mie radici sono qui e solo qui.

Radici profonde, che connettono con la terra di un grande pensatore: secondo te cosa rimane dell’insegnamento di Gramsci?

Nel famoso tema di quinta elementare di Antonio Gramsci troviamo dei consigli che ogni alunno dovrebbe far propri: egli asseriva con ferma convinzione che non si possono abbandonare gli studi, perché rappresentano l’unica speranza di vivere onoratamente. Chi non studia in gioventù se ne pentirà in vecchiaia. Come dargli torto? Dopo un secolo le sue parole sono inevitabilmente attuali, il suo pensiero è lungimirante, perché solo attraverso il sapere, il conoscere e riconoscere si può essere davvero liberi e scevri da ogni imposizione. Solo imparando, si può costruire un pensiero conscio e solido, un senso civico ed etico per vivere nella società odierna.

Bellissima considerazione, che riporta alle osservazioni delle prime righe: per Ghilarza, dico per chi ci vive, la cultura è un riferimento, vero?

Tra il XIX e il XX secolo un gran numero di personaggi originari di Ghilarza, hanno rivestito un ruolo di primaria importanza nella vita religiosa, civile, politica sia della Sardegna ma soprattutto in ambito nazionale ed internazionale. Ghilarza è la patria di giuristi, diplomatici, teologi e studiosi, è sempre stato un centro vivace e operoso con numerose manifestazioni ed eventi, addirittura nel 1853 venne fondato il Circolo di Lettura, che è tuttora attivo. Per trent’anni si è svolto tra settembre e ottobre e novembre Il mese della Cultura, con dibattiti, mostre, concerti ed ospiti di ampio respiro. Negli ultimi anni ho partecipato attivamente alla realizzazione di eventi culturali con Incontri d’autore e La Settimana classica, inoltre sono presenti numerosissime associazioni in campo culturale, storico, sportivo e religioso che creano coesione e tramandano il sapere e le tradizioni tra le generazioni. Non si può dire che la cultura sia un mero accessorio per noi ghilarzesi.

Giro pagina e faccio un’affermazione esagerata: Ghilarza è un’isola! Il mare è lontano, eppure è un’isola in mezzo al mare. Dove il mare sono le colline, un grande lago in lontananza, i pascoli a perdita d’occhio, e un porto d’arrivo ai piedi della Torre Aragonese. Forse un braccio di mare virtuale la stacca anche da Abbasanta. Ma tu hai già capito la mia provocazione: Ghilarza è un’isola?

Il termine isola può avere diverse accezioni sia positive che negative, ma io non considero il mio paese una realtà a sé stante, avulsa o lontana dal territorio circostante. Insieme ad Abbasanta e Norbello costituiscono un intercomune, è una triade ormai inscindibile. Le case sono costruite l’una a fianco all’altra e se non fosse per i cartelli stradali nessuno si accorgerebbe della differenza. Siamo una comunità affiatata, che collabora proficuamente in caso di necessità. Ovvio qualche campanilismo persiste, ma niente di insormontabile.

 

Dalle finestre delle aule del tuo centro didattico AlphaBeta gli studenti cosa vedono o sognano di vedere? 

In nove anni di attività ho accolto nel mio studio tantissimi studenti, ognuno di essi mi ha lasciato un pezzetto di sé, perché con loro ho studiato, discusso, riso, pianificato il futuro, chiacchierato di questioni personali e intime. È ovviamente un rapporto privilegiato rispetto a quello che si instaura in classe, più stretto ed esclusivo. Mi è capitato di “sacrificare” del tempo della lezione per parlare con loro, con sincerità e fermezza e aiutarli talvolta anche nelle scelte personali. Molti sognano di andare all’Università, intraprendere lavori importanti e di prestigio, altri cercano di ottenere il minimo indispensabile con il minimo sforzo. Non tutti diventeranno insegnanti, medici e avvocati, perché c’è necessità anche di muratori, meccanici e pastori, ma tutti diventeranno gli uomini di domani, ecco perché ritengo che possedere spirito critico, regole etiche, educazione civica e sentimentale, costituiscano la base di partenza e ineluttabile per ogni individuo. Una mente pensante non è mai un fallimento, anche se non ottiene voti eccellenti a scuola.

Tu hai scritto un E-Book sul tuo territorio, ricordacelo in un flash.

L’E-book “Ghilarza. Storia, cultura, tradizione” nasce dall’intento di valorizzare il territorio con le sue ricchezze storiche, artistiche e religiose attraverso una fruizione più agevole e immediata.

Cosa ti attrae particolarmente, cosa in questa terra va a toccare i sentimenti, e ti lascia dentro delle tracce?

Il Guilcier è costellato di piccoli paesi e Ghilarza è tra questi, con i suoi quattro novenari campestri che ne accrescono il valore, le sue chiese, la Torre Aragonese del XIV secolo e la casa di Gramsci ha delle peculiarità eccezionali. “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”, affermava Marcel Proust e io non posso che esser d’accordo con lui, abbiamo scrigni pieni di tesori che aspettano solo di esser guardati da un’altra prospettiva, valorizzati e resi fruibili dal pubblico.

La vita ha portato lontano dalla Sardegna molti sardi, come ben sai. Perché dovrebbero tornare al nido della nostra cultura?

Credo che gli immigrati sappiano meglio di me cosa li lega a doppio filo alla nostra terra, tutti loro immagino soffrano il mal di Sardegna. Una volta che ti allontani dalla nostra isola sogni i paesaggi sconfinati, i profumi, le persone, le feste, l’accoglienza e ovviamente il mare di ineffabile bellezza e non vedi l’ora di poterci tornare. Perché come ha scritto Pavese ne La luna e il falò, “un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

Non si convince nessuno a leggere, la lettura si fa amare. Tu, in primo piano anche in questo campo, cosa pensi degli autori sardi contemporanei? Facciamo anche qualche nome?

Io amo la Sardegna, ne conosco potenzialità e limiti, e sicuramente quel che non mi piace leggere sono gli stereotipi su pastori, banditi, pecore e triti luoghi comuni. Adoro invece scrittori come Marcello Fois e Alessandro De Roma che parlano della Sardegna in un modo diverso: l’uno con pathos attraverso uno stile intenso e carico di suggestione e l’altro ne descrive il carattere universale non locale, senza penalizzare le peculiarità intrinseche della nostra regione.

Cristina Caboni, Valeria Pecora Schirru e Vanessa Roggeri hanno finalmente portato la scrittura sarda femminile al di là delle nostre coste. Gianfranco Cambosu e Piergiorgio Pulixi, perché i loro ultimi romanzi racchiudono tutti gli ingredienti a me cari: Sardegna, mistero e storia nuragica con una scrittura precisa e d’impatto; Fabio Forma, che ha la capacità di raccontare l’ordinario in modo straordinario con descrizioni immersive e infine Marco Conti che racconta storie forti, drammatiche ma tristemente veritiere e attuali. La lista sarebbe davvero lunga e infinita, però voglio citare in chiusura l’esordiente Graziella Monni e il suo libro Gli amici di Emilio, appena pubblicato, che ci regala una storia delicata e appassionante durante il periodo fascista sardo.

Perché i più grandi autori, dal Novecento fino al passato più recente, che pure ci hanno lasciato opere molto importanti nella letteratura, non rientrano quasi mai nei programmi scolastici? Temo che forse abbiano qualcosa di troppo rivoluzionario per le polverose scelte ministeriali. 

Purtroppo tocchi un tasto dolente. Oramai la scuola sta diventando sempre più burocratizzata, legata al fattore tempo che è tiranno ed è imbrigliata dalle Linee Guida nazionali, per cui a malincuore devo convenire con te nell’affermare che grandissimi autori del Novecento, come Calvino, Eco, Morante, Pasolini, Merini e potrei continuare con un lunghissimo elenco, non vengono minimamente affrontati in classe. Spesso sono presenti nei manuali, ma in realtà nessuno li studia perché manca, come ho già detto, il fattore T(tempo), oltre a ciò, devo aggiungere che spesso viene addirittura snobbato il più grande esempio italiano di letteratura femminile: Grazia Deledda.

La tua libreria di casa è…

Stracolma di libri di ogni genere. Leggo ininterrottamente da quando avevo 15 anni, ho attraversato vari momenti, interessi e passioni: c’è stato un periodo in cui ho letto molta letteratura russa e francese e altri in cui mi sono dedicata esclusivamente ai gialli. Ho vissuto mille vite, in diverse epoche storiche, ho solcato mari e oceani tra le pagine dei libri. Leggo recensioni, ma molto spesso seguo l’istinto e credo che la lettura sia una cosa estremamente intima e privata, infatti raramente consiglio dei libri, ognuno deve seguire il proprio cuore nella scelta, io ad esempio non leggo mai saggi, anche se vengono osannati dalla critica.

Chiudi gli occhi, ed entra dentro un libro. Qual è?

I Promessi Sposi. Lo so, detto da un’insegnante può apparire una risposta banale e scontata. Invece non è cosi, lo adoro perché è di una modernità e concretezza sconcertante e abbiamo potuto constatarlo anche nel triste periodo che stiamo vivendo. Le parole manzoniane sulla peste del Seicento paiono scritte oggi, le reazioni della gente, il dolore, le leggi e la politica sono tutto ciò che abbiamo provato sulla nostra pelle quest’anno, il parallelismo dunque direi è stringente. Inoltre nel romanzo sono presenti le immutate problematiche dell’uomo: l’amore, il peccato, il potere, la guerra, il dolore, la giustizia e la fede con un’analisi profondissima dell’animo umano. Il celebre passo dell’Addio ai monti nell’VIII capitolo raggiunge vette di lirismo impareggiabile in letteratura e lo leggo sempre con forte emozione.

In conclusione, quindi sei ottimista? Con la cultura ci salveremo, più adesso che in passato?

La cultura sarà il nostro salvavita contro l’imbarbarimento e l’inciviltà imperante.

 

A cura di Pier Bruno Cosso per Tottus In Pari

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