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Letto per voi. “La Notte dell’Orsa Maggiore” di Virginia Murru nelle parole di Elio Aste

di Elio Aste

Nel suo libro “La notte dell’Orsa Maggiore”, edito da Terra d’Ulivi – Lecco, Virginia Murru usa la penna con un tocco, che solamente un’anima, profondamente sensibile, è capace di fare. Il suo è un minuzioso racconto sul sequestro e la prigionia di Laura, una ragazza dotata di una grande forza d’animo.

La narrazione, è così reale, attenta e partecipata, che ti porta a pensare che l’autrice possa aver vissuto in prima persona un’analoga, dolorosa situazione; ma sappiamo che, dopotutto, è solo frutto di grande sensibilità e capacità descrittiva.

Interessante l’episodio che riguarda la relazione (platonica) fra la sequestrata ed uno dei carcerieri: un giovane intelligente, equilibrato e compassionevole, più vittima che colpevole, giacché coinvolto, suo malgrado, nel sequestro come custode, il quale cerca di proteggerla e, alla fine, riuscirà a condurla verso la salvezza e la libertà.

Fra i due inizia una conoscenza, quasi un’amicizia piuttosto sofferta, poiché il destino li ha collocati su posizioni antitetiche. E’ un difficile rapporto, che tende a ad evolversi nell’ambiente angusto ed ostile di una grotta, ove la protagonista si trova rinchiusa. La convivenza forzata fra la prigioniera ed il carceriere genera nella ragazza complessi sentimenti, noti come “sindrome di Stoccolma”, che perdureranno anche dopo la sua liberazione.

Soprattutto in certe parti del libro l’autrice si sofferma a descrivere gli stati d’animo della protagonista, assillata da angosce e tormenti psicologici, incentivati, durante la sua prigionia, da un altro carceriere, crudele ed ottuso: malesseri interiori che la soverchieranno anche dopo la liberazione. Su questi aspetti introspettivi l’autrice tende a soffermarsi. Ciò porta ad una lettura, satura di un “pathos”, che andrebbe più dosato, descrivendo in maggior misura e con più attenzione il mondo “esterno”, l’ambiente ed i personaggi che fanno da corollario alla narrazione.

Resta il fatto che la scrittrice ha l’arte di dispiegare  le emozioni ed i turbamenti di Laura, spesso assai dolenti: la constatazione della propria fragilità umana, l’orrore della prigionia, l’angoscia del domani.

La storia narrata è sicuramente di altri tempi, ma è comunque realistica; infatti, sino alle fine del secolo scorso, i sequestri di persona avvenivano in Sardegna con cadenza preoccupante, non risparmiando neanche le donne.

A tale proposito, fra la folta schiera di quelle che subirono tale terribile esperienza, vorrei ricordare la prima sequestrata, Assunta Gardu (1970) e l’ultima, Silvia Melis (1997). Alcune di esse, purtroppo, non fecero più ritorno: Gina Manconi (1983) e Vanna Licheri (1995).

Nel libro della Murru non ci sono personaggi di spicco, tranne la protagonista, Laura, quasi un’accentratrice nel contesto del romanzo: un’opera che ha tutti gli ingredienti per essere collocata, nel filone della narrativa, fra i più validi libri di “comunicazione e società”, usciti in Sardegna.

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