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“Così muore l’Unione Europea”. La riflessione del sindaco di Jerzu Carlo Lai su questi tempi sospesi

 

Sono giorni di profonda preoccupazione legata strettamente alla situazione sanitaria che è straordinariamente, ancorché ovviamente, avvertita dai cittadini che osservano scrupolosamente le prescrizioni restrittive imposte dalle autorità in queste ultime tre settimane.

Riportiamo integralmente, a questo proposito, la riflessione del sindaco di Jerzu Carlo Lai, pubblicata nella pagina FB del Pd Ogliastra:

«Da Sindaco avverto il peso della preoccupazione del cittadino, ne avverto l’angoscia per i propri figli, dei figli per i propri genitori, e per i propri nonni.

Sono il Sindaco di Jerzu da meno di due anni. Un sindaco dev’essere un punto di riferimento costante per la propria comunità, se ne deve avvertire la presenza sempre. Un sindaco risponde a decine di telefonate in tempi normali, è facile ipotizzare quante ne riceva in tempi come questi.

Tutte le telefonate aldilà della scontata preoccupazione, talvolta paura, legata all’aspetto sanitario sono accomunate da un elemento, oserei dire, ossessivo e ricorrente in misura universale. E’ l’angoscia per lo scenario economico futuro. E’ la preoccupazione di imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti e dei loro collaboratori e io l’avverto come una lama sulla carne viva.

Non potrebbe essere altrimenti, non c’è preoccupazione più giustificata. Cosa e come risponde la politica? Come pianifica il momento della ripartenza?

Il Governo Italiano che ha il sostegno del Partito Democratico ha fatto e fa nell’immediato ciò che andava e che va fatto. Ma il Governo Italiano come prevede di operare fra un mese? Non esistono bacchette magiche, né soluzioni semplici né tanto meno semplicistiche. Ma ciò non giustificherebbe l’inerzia.

Quanto dura l’emergenza di chiunque è costretto a “star chiuso”, cioè quasi tutti? Due mesi? Aggiungiamoci il calo dei consumi e della capacità di spesa di ognuno di noi nei mesi prossimi mesi.

Appena terminata l’emergenza sanitaria un’unica parola d’ordine dovrebbe guidare chi ha la responsabilità del governo del Paese: liquidità, liquidità e ancora liquidità con cui letteralmente inondare il sistema produttivo italiano.

Fatturavi tot? ​ Non lo fatturi più?

Le banche devono erogare finanziamenti per l’ammontare equivalente e lo Stato dovrà garantire, mentre tu, azienda o individuo,​ senza bisogno di presentare garanzie reali o fideiussioni personali, senza burocrazia asfissiante e con l’unico vincolo di mantenere i livelli occupazionali, non paghi un euro di interessi e cominci a rimborsare in centoventi rate a partire dal 2022.

Siamo in​ guerra e “à la guerre comme à la guerre”. Finita l’emergenza sanitaria sarà l’ora, per l’appunto, delle garanzie statali, degli investimenti pubblici e di un’altra politica fiscale. Altro che “patrimoniale” e austerità!

Siamo impazziti? Per far questo dobbiamo poter sforare, fare e disfare. E’ finita l’era del “parametro”, dei vincoli di bilancio, dei “patti di stabilità”. Erano già in discussione a prescindere ed erano anacronistici perché questo Paese boccheggiava. E quando un Paese boccheggia, i più deboli, quelli che il Partito Democratico cui appartengo ha la pretesa (sacrosanta) ​ ​ di rappresentare, non boccheggiano. Sono già morti.

L’Italia rischia di essere un morto che cammina.

Le soluzioni semplicistiche non esistono ma è lapalissiano che livelli più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e oserei dire che è persino​ banale pensare che o le istituzioni Europee sapranno dare un segnale​ forte e concreto di compattezza e lungimiranza o l’Unione Europa è finita.​

La sospensione del patto di stabilità che sembrerebbe delinearsi, bontà loro, ​ può essere utile solo se contemporaneamente la Banca Centrale Europea inizia a acquistare i titoli di Stato italiano a tasso zero. In questo modo noi aumenteremmo il nostro debito pubblico, ma con la garanzia di avere un compratore e senza pagare tassi d’interesse. Per come è congegnato oggi, invece, il meccanismo della sospensione del patto di stabilità porterà a un aumento del nostro debito pubblico e questo cappio alla fine ci strozzerà. Sono proposte che richiedono una modifica dei trattati, ma se non c’è la volontà politica di rivedere i trattati in queste situazioni, allora non ci sarà mai più.

L’Europa non può pensare di cavarsela permettendoci di indebitarci un po’ di più a tassi d’interesse di mercato.

Qualcuno obietterà che la Germania (e i suoi accoliti che amano definirsi “Paesi frugali”) non voglia sussidiare continuamente “coloro che non sanno tenere i conti in ordine”. Aldilà dell’inesattezza dell’affermazione (l’Italia i conti in ordine li tiene eccome, ha solo un “piccolo” problema: non cresce da vent’anni) non si può ​ ignorare quello che sta succedendo. Gli aiuti europei dovevano partire tre settimane fa, e invece siamo ancora qui a discuterne mentre le persone muoiono.

E sempre ai cosiddetti Paesi virtuosi (si fa per dire), andrebbe ricordato che la redistribuzione delle risorse nell’Unione Europea avviene già, ma al contrario di come dovrebbe essere, cioè dai Paesi più poveri a quelli più ricchi. Altroché!

Quando c’è una crisi finanziaria, infatti, gli investitori corrono verso i titoli di Stato tedeschi: la Germania ne beneficia pagando tassi di interesse negativi. Questo non è altro che un trasferimento di risorse italiane, spagnole o greche verso la Germania.

Io personalmente sono nato e cresciuto con il mito dell’Unione Europea. Appartengo ad un partito profondamente europeista e per questo non vorrei mai dover prender atto che l’Unione Europea sta per morire.

O creiamo davvero un meccanismo di solidarietà europea, oppure si arriverà ad una disgregazione, perché i cittadini avranno la prova che l’Unione Europea non serve quando ce n’è davvero bisogno.

L’Unione Europea sarebbe percepita come colei che ti presta l’ombrello quando fuori splende il sole e te lo richiede indietro quando fuori diluvia. Ora è tempo di invertire la marcia altrimenti l’Unione Europea muore.

Se morirà perché in questo dramma non ha saputo far altro che proporre un pannicello caldo a fronte della più grande crisi dopo il secondo conflitto mondiale nessuno la rimpiangerà.

Sarà una fine spaventosa.​ Ma mantenere lo status quo potrebbe garantirci solo un’altra opzione: uno spavento senza fine».

 

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