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“Adottare un figlio significa amare”. La storia di mamma Susanna e dei suoi tre bambini

Susanna Arzu, classe 1961, è una mamma di Lanusei. Per lei “la famiglia è un dono speciale”, come racconta, “un regalo prezioso per una coppia”.

Il sogno di diventare mamma, comune a tante giovani donne, è però stato stroncato alla giovane età di 27 anni quando, a causa di una leucemia e delle cure pesanti e interminabili affrontate per tre lunghi anni, una menopausa precoce l’ha resa sterile. Questo amareggiante  volgersi della sua vita però, non ha intaccato il suo sogno, anzi: ha reso questa donna ancora più forte e determinata.

“Dopo un breve periodo di terapie ormonali, decisi assieme a mio marito Franco di fare domanda d’adozione: non volevamo perdere tempo!” racconta Susanna, consapevole del lungo iter che avrebbe dovuto percorrere, ma che le avrebbe permesso finalmente di adottare un bambino.

“Inoltrammo domanda nel 1988, e dopo tutte le varie trafile tra assistenti sociali e psicologi, arrivò la comunicazione dal Tribunale dei minori per il colloquio con un giudice, che ci avrebbe spiegato i pro, i contro, le varie difficoltà che avremmo incontrato ma anche le gioie che ci avrebbe portato questa scelta d’amore.”

Poi, finalmente, la prima chiamata.

“Era il 26 luglio 1991, mi trovavo a lavoro quando il mio telefono squillò: un bambino, Giuseppe, ci aspettava. Si può immaginare la gioia unita al pianto ma anche alla paura, avevamo bisogno di tempo per somatizzare la notizia, tutto si svolse nel giro di una settimana, compresa l’organizzazione della camera e della biancheria. La gioia più grande – racconta sempre Susanna – è stata quando abbiamo scoperto che aveva solo un mese, non ci aspettavamo che fosse così piccolo! Grazie all’aiuto di parenti e amici però riuscimmo a comprare tutto, carrozzina compresa.”

Il piccolo Giuseppe arrivò nella sua nuova casa, accompagnato dalle assistenti sociali, il 2 agosto.

“Non avevo il coraggio di aprire la porta, avevo paura di sentirmi male dalla gioia – ricorda mamma Susanna – definisco quel momento come un “travaglio d’amore”. Giuseppe ha avuto un’infanzia bellissima, coccolato (forse anche troppo) e amato fin dal primo momento. Dall’età di quattro anni ha però iniziato a chiederci perchè non avesse un fratellino anche lui. Gli spiegai che per la mamma era difficile, che non sarebbe potuto crescere nella mia pancia, e in quel momento decisi di raccontargli la sua storia, attraverso una fiaba scritta da me. Gliela raccontai, e fu così felice che presto mi disse: “Mamma, ordiniamo un altro fratellino?”. Assieme a mio marito Franco, ascoltammo il consiglio di Giuseppe e il nostro cuore, e decidemmo così di inoltrare un’altra domanda”.

La risposta arrivò dopo un anno e mezzo, il 27 novembre 1997: a Cagliari li attendevano Anna e Christian, i due fratellini per Giuseppe.

“Li incontrammo nell’aula consigliare del Comune – racconta Susanna – erano due bambini impauriti. Non sapevano bene come comportarsi e correvano da una parte all’altra. Un po’ rimanemmo sconvolti da questo comportamento, sembravano due leoncini appena scappati da una gabbia, ma decidemmo che non potevano restare ancora in una comunità. Arrivarono a casa una settimana dopo con le assistenti sociali, Anna aveva 5 anni e Christian 4. Ricordo che preparai il pranzo per tutti, e che i bambini appena arrivati mangiarono tutto molto velocemente, come se avessero paura che qualcuno portasse via loro il piatto. Osservammo i loro vecchi vestiti, e soprattutto tutti i loro atteggiamenti, e capimmo che il lavoro sarebbe stato tanto. Crescere in una comunità per loro fu molto difficile. Ci raccontarono delle cose terribili, non furono anni tranquilli per loro, e lentamente iniziammo a capirlo. Non conoscevano ciò che li circondava, non sapevano il nome di moltissimi oggetti comuni, parlavano nel linguaggio dei cartoni animati. La televisione era per loro una sorta di dipendenza, in comunità trascorrevano ore davanti allo schermo e questo causò numerosi problemi, soprattutto a Christian, che vedeva solo 4 su 10 decimi”.

“Questa adozione – spiega Susanna – rispetto all’altra fu più problematica, affrontammo un lungo percorso tra monellerie, ribellioni, psicologi e neuropsichiatri, questo per più di 5 anni”.

Nonostante le difficoltà però, Giuseppe, Anna e Christian, oggi rispettivamente 26, 25 e 24 anni, “sono cresciuti benissimo, con sani principi e innamorati di noi genitori”, come racconta orgogliosa Susanna.

“Ringrazio il cielo che ci sono loro – prosegue la mamma – rifarei tutto e lo rifarei anche ora. Consiglio sempre a coloro che, desiderosi di crescere un figlio ma per vari motivi impossibilitati, l’adozione, ancora prima di sottoporsi a inseminazioni varie senza nessuna sicurezza. Adottate e fate adottare, non fate crescere i bambini in un istituto”.

“Amo i miei figli – conclude Susanna – e guai a chi me li tocca! Per me la famiglia è dove c’è amore, e adottare significa amare”.

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