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Federica Depau: da Tortolì a Newcastle upon Tyne

image-8Un lavoro, degli amici, una casa, una famiglia e un cagnolino. Il caffè, il timbro del cartellino, il tè con le amiche di sempre, la spesa, il riposo, il timbro del cartellino. Tanti progetti e la voglia di stabilità nel posto più familiare al mondo, quello nel quale sei cresciuto. La spiaggia, il posto vicino allo scoglio. La pizza preferita, quella della pizzeria in centro. Poi, una mattina ti svegli e pensi che il mondo non sia in quella cornice rassicurante che ti eri creata, il mondo è grande e subentra una presa di coscienza della sua immensità che ti porta a dire “O adesso o mai più, faccio le valigie!”.

Per Federica Depau, 32enne di Tortolì, la decisione è stata del tutto naturale. La voglia di volare via era talmente forte che a quattro mesi dal momento in cui l’idea l’ha sfiorata per la prima volta si ritrovava già a bordo di un aereo per Edimburgo, dove un’amica la aspettava per la destinazione “definitiva”: Newcastle, Regno Unito.

“Ho preso la decisione di lasciare la Sardegna a settembre dell’anno scorso ma mi sono trasferita in UK a gennaio di quest’anno”. Nessuna urgenza per lei, solo la voglia di mettersi alla prova. “Penso che la mia esperienza si discosti un po’ da quella della maggior parte dei miei conterranei, perché la mia scelta non è scaturita dalla mera esigenza di andare all’estero in cerca di un’occupazione”, spiega.  “Io, infatti, avevo un lavoro che, se pur precario e a tratti poco gratificante, mi consentiva di vivere dignitosamente. La mia esigenza di emigrare è stata dettata più dal desiderio di viaggiare, conoscere altre culture, confrontarmi con persone nuove e vivere in un posto che mi consentisse una maggior libertà di movimento”.

Ma come gestisce la sua nuova esistenza? “Attualmente vivo con una mia amica ed ex collega di lavoro (sempre ogliastrina) che a maggio, sull’onda del mio entusiasmo, ha deciso di seguirmi in questa nuova avventura e di ricominciare tutto da capo in un altro paese. Per quanto riguarda il lavoro, concepisco questo periodo della mia vita come una sorta di “anno sabbatico” in cui dedicarmi, oltre che all’apprendimento della lingua inglese, a cercare di capire cosa voglio fare “da grande”.

“Capisco che questa considerazione, visto che ho 32 anni suonati possa far sorridere. Penso però che ogni tanto rimettersi in discussione e cercare di capire se ciò che facciamo ci piace davvero o semplicemente lo subiamo sia fondamentale per la nostra crescita personale. Non ho nessuna fretta di rientrare in quei meccanismi un po’ alienanti di cui, chiunque faccia un lavoro routinario si trova spesso a esser vittima. Insomma, ho tanti progetti per il futuro e considero l’idea di realizzare qualcosa di mio ripartendo da zero estremamente stimolante. Qualsiasi cosa accada, che io decida di tornare in Sardegna di stare qui o di volare altrove, sarà enorme il bagaglio che porterò con me”.

Un bagaglio enorme di esperienze, fatto di leggerezza e spensieratezza, voglia di vivere e di mettersi alla prova. “Amo profondamente la mia terra e non escludo un giorno di tornare a viverci stabilmente, magari reinvestendo a casa le competenze che conto di acquisire in questo paese, perché vorrei intraprendere un nuovo percorso formativo. Per il momento sono felicissima di essermi data questa grande opportunità di cambiare la mia vita e poter guardare il mondo da un’altra prospettiva”.

Una nuova vita fatta di scoperte quotidiane ed entusiasmo ma anche di attimi di nostalgia per la Sardegna e momenti nei quali si percepisce la sensazione di essere ospiti in terra straniera.

“Certo, i momenti di difficoltà ci sono, non lo nego” spiega. “Nel mio caso non è stato affatto complicato adeguarmi ad usi e costumi del luogo, ma c’è un fattore al quale stento ad abituarmi: quello climatico. Per un sardo accettare di vedere il sole estremamente di rado e come fosse quasi una “concessione divina”è veramente dura! Mi manca tanto l’odore del mare e della macchia mediterranea. Oltre al clima, ultimamente percepisco in misura maggiore la sensazione di essere “ospite”. Con la Brexit, ho potuto osservare finora solo pochi effetti, ma piuttosto incisivi: mi è stato sospeso un corso di lingua che si reggeva sulla base di finanziamenti europei e ho percepito un generale aumento di sentimenti di intolleranza e razzismo nei confronti di tutti gli immigrati. Ma d’altronde si sa, l’ignoranza non ha confini!”