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Il Mondo in Ogliastra. Intervista a Said Dursun, dal Kurdistan a Tortolì

Said Dursun, 33 anni, originario di D. Bayazit, cittadina ai piedi del monte Ararat nel Kurdistan Turco, è arrivato in Europa nel 2000. Dal 2002 vive stabilmente in Italia dove da operaio edile è diventato mediatore culturale lavorando in diversi C.P.A. e tribunali italiani. Da alcuni mesi si è trasferito in Ogliastra, abita e lavora a Tortolì, qui ha trovato la sua anima gemella.

Qual è la situazione attuale del tuo Paese?

La situazione è sempre stata difficile, ma dopo le ultime elezioni di giugno, con le quali il partito curdo HDP (Paritito Democratico del Popolo, ndr) è riuscito ad entrare in Parlamento, le tensioni sono aumentate. Il presidente Erdoğan ha cercato di ostacolare il nostro partito indicendo altre elezioni e minacciando di morte i dissidenti politici. Ha fatto esplodere diversi ordigni nelle città di Suruç e Ankara, massacrare centinaia di persone ed evacuare con la forza circa ottanta sedi dell’HDP, ma, nonostante tutto, è riuscito a prendere parte al Governo. Il presidente ha risposto a questa sconfitta con il coprifuoco per alcune città curde (come Silvan) e la distruzione di altre (come Nusaybin e Van). L’obiettivo principale della polizia è quello di spargere il terrore tra la minoranza curda, tanto che sono arrivati a scrivere sui muri delle case “Se sei turco, lodati. Se non sei turco, prega i turchi.” Oggi in Turchia puoi essere tutto, tranne curdo.

Quando e perché hai deciso di lasciare la tua patria?

Sono nato e cresciuto sotto il Nazionalismo Turco. Questo regime ci portava a credere che tutto il mondo fosse in Turchia, ma la prima volta che vidi una cartina geografica capì che la Turchia, rispetto al mondo, è come un orecchio rispetto al corpo. Mia sorella si sarebbe dovuta arruolare nelle PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan,ndr), ma fu scoperta. Per evitare il carcere, sposò un turco, che, in seguito, scoprimmo avere origini curde. Mio cognato mi aiutò nella fuga e io, come clandestino, nel 2000 giunsi in Italia per poi dirigermi in Austria. Dopo due anni, fui espulso dall’Austria e ritornai in Italia, dove ormai sono cittadino. Decisi di lasciare la mia casa non solo perché spinto da mio cognato, ma anche perché ero in cerca di un futuro migliore e volevo conoscere me stesso.

Una volta arrivato in Italia, e poi in Sardegna, che difficoltà hai incontrato? Ti sei sentito subito accettato?

Una volta in Italia fui costretto a fare la richiesta di asilo politico, che in realtà non sapevo cosa fosse. Mi dissero di andare in questura e, una volta entrato, rimasi affascinato dalla scritta “La Legge è Uguale per Tutti”. Questa frase mi fece commuovere e mi fece sentire subito accolto: in Turchia la legge non è uguale per nessuno. Col passare del tempo, dopo aver riso a lungo per la terminazione “o” di quasi tutte le parole italiane, mi innamorai della vostra lingua. Ovviamente non mancarono gli eventi di xenofobia. Alcune persone si credono superiori ad altre solo perché nate e cresciute in uno stato a differenza tua, ma non è così: siamo tutti uguali.

Come si vive sapendo di essere fisicamente lontano dalla propria famiglia in costante pericolo?

Si vive a metà perché ti manca quella parte importante della tua vita che è la tua famiglia. Questo sentirti distaccato dai tuoi, ti porta a vivere male e, quando non puoi far nulla per aiutarli a metterli al sicuro, ti senti incompetente. Spesso non riesci neanche a rispondere alle loro telefonate o essere tu il primo a chiamarli e tutto ciò vivendo onestamente con un lavoro.

Raccontaci della tua terra e delle tue tradizioni

La mia terra si chiama Kurdistan o Mesopotamia o Mezzaluna fertile. La mia è una terra ricca di storia, del buon costume e del buon linguaggio. È la terra del “si” e non del “no”, al massimo del “ma”. La popolazione si occupava della terra e del bestiame a differenza di altri che si occupano di inquinare la natura. Le persone erano libere e ognuno poteva indossare gli abiti che voleva; anche le donne erano libere di indossare o meno il velo. La mia è la terra dove convivevano tutte le religioni: il musulmano proteggeva il cristiano, il cristiano proteggeva l’ebreo e così via. La mia terra oggi è stata trasformata nella terra del terrore.

Cosa ti manca più di tutto e di tutti?

La mamma. Per il resto non guardo dove sono nato, ma dove sono rispettato e io ricambio rispettando loro. E oggi è difficile essere rispettato se sei un diverso. L’unico modo di essere rispettato è quello di farsi vedere uguale agli abitanti della terra in cui vivi.

“Che rimanessero a casa loro invece di venire qui “nel lusso”!” Come risponderesti a questi commenti, purtroppo, sempre più presenti nei social e in molte conversazioni quotidiane?

L’unico modo di vivere nel lusso è quello di vivere in pace con la propria famiglia. Il mondo in cui viviamo sta andando in rovina. In questo mondo le persone non sono in grado di fare niente se non fare la guerra. E spesso mi commuove e mi rattrista vedere i giovani sotto effetto di droghe, privi dell’amore vero, coinvolti dalla società del consumismo che non capiscono che il futuro consiste nell’avere una propria famiglia.

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