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Evelino Loi: “La tomba di Priebke si trova in Sardegna”

foto Repubblica.it

Secondo Evelino Loi, ex detenuto e personaggio poliedrico di Barisardo, il corpo di Erich Priebke si trova in Sardegna, nel cimitero della colonia penale di Isili. L’ipotesi, tutta da dimostrare, è saltata fuori subito dopo un articolo di  Repubblica in cui il direttore Ezio Mauro ha svelato i particolari della segretissima sepoltura del boia delle fosse Ardeatine, morto a cento anni senza nemmeno un segno di pentimento.

 

Dal giorno della sua morte, l’11 ottobre, la salma di Priebke è stata rifiutata da tutti. Nessuno ha voluto correre il rischio di ritrovarsi un sacrario nazista sotto casa. Così il corpo è rimasto in un hangar vuoto nella base militare di Pratica di Mare, in Lazio, fino al misterioso trasferimento. Verso dove? Del luogo misterioso si sa solo che si tratta di un cimitero dentro un carcere, in Italia.

 

Le foto che corredano l’articolo di Ezio Mauro mostrano il luogo della sepoltura. Si vede un cancello con una croce sopra, poi una tomba irriconoscibile circondata da sterpaglie. Difficile, se non impossibile, capire di che luogo si tratti. Ma Evelino Loi, 68 anni di cui quasi trenta passati in galera, una vita vissuta fuori dall’ordinario fra manifestazioni, scalate al Colosseo e libri di poesie, giura di aver subito riconosciuto nelle foto il piccolo cimitero della colonia penale di Isili. Non ha dubbi, ha detto in un’intervista a La Nuova Sardegna. Quel carcere lo conosce bene, dato che ci ha passato dentro un anno, nel lontano 1976. Ma soprattutto suo padre Eugenio è morto nel 1947 proprio mentre era detenuto nel carcere di Isili, ed è sepolto in quel piccolo cimitero. “Durante la mia detenzione ho curato la tomba tutti i giorni. – Ha detto Loi – Il posto è quello, io non ho dubbi”. E sostiene di aver ricevuto delle conferme anche da certi suoi amici, che gli avrebbero parlato di strani movimenti nel carcere proprio nei giorni in cui potrebbe essere stata spostata la bara di Priebke, e di un “misterioso aumento di secondini”. È arrabbiato, Evelino Loi. “Quel boia ha ucciso tutta quella gente senza mai chieder scusa. Non l’hanno voluto nemmeno i preti, che dovrebbero accogliere tutti. E deve finire in Sardegna, vicino a un pover’uomo come mio padre, morto in galera per aver rubato un pezzo d’asino. Io questa cosa non la sopporto proprio”.

Ma dal carcere di Isili è già arrivata la smentita. “Non è assolutamente vero, Priebke non è sepolto qui”, hanno dichiarato. Ed è stato smentito tutto anche dal sindaco di Isili Orlando Carcangiu, secondo cui le affermazioni di Evelino Loi sono totalmente prive di fondamento. E per dimostrarlo, Carcangiu ha fatto un sopraluogo nel campo santo dove, dice, non c’è traccia della tomba dell’ex SS. Inoltre, il cimitero si troverebbe in uno stato di completo abbandono.

C’è da dire che “la pista sarda” è stata ipotizzata anche da altri giornali. Le modalità del viaggio descritte nell’articolo di Mauro coincidono proprio con quelle di uno spostamento in Sardegna. Un viaggio lungo, che fa pensare a una navigazione fino all’approdo nell’isola. Le strade vengono descritte prima comode (e questo fa pensare alla Carlo Felice) poi di  “mezza montagna”. Ma potrebbe trattarsi di altre decine di strade d’Italia, e queste sono solo ipotesi. E fra le cose descritte da Ezio Mauro, vincolate da segreto per questioni di ordine pubblico, potrebbero essere disseminati dei falsi indizi.

Il legale dell’ex nazista, Paolo Giachini, non ha né confermato né smentito. Manterrà il segreto. Ma ha specificato che la sistemazione attuale della bara di Priebke è temporanea. E ha detto pure che le foto pubblicate da Repubblica sono un evidente falso.

Negli anni 2000 le vicende più buie di un triste ‘900 continuano ad essere al centro di un dibattito difficile e doloroso, sempre vivo nella memoria degli italiani. E la necessità di tenere segreto il luogo della sepoltura di un’ex SS, uno dei responsabili, nel 1944 della morte di 335 persone (10 italiani per ogni tedesco morto nell’attentato di attentato di via Rasella), è una conferma del fatto che non abbiamo ancora smesso di fare i conti con il passato.

 

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