Per sentire gli umori, o meglio, i malumori, abbiamo incontrato alcuni pescatori. Sono tutti giù al porto, facciamo due chiacchiere mentre due di loro riparano una rete. “Sono sessant’anni che faccio questo mestiere – racconta un pescatore dal forte accento ponzese- ma mai ho visto un periodo così nero, ci sono più spese che guadagni. Abbiamo tanti problemi, per esempio, i delfini che rovinano le reti e mangiano il pescato. Ogni anno spendiamo fino a ventimila euro per le reti e non abbiamo alcun aiuto. Inoltre, dobbiamo fare i conti con le esercitazioni militari che limitano il nostro lavoro, ma i rimborsi che ci spettano sono minimi rispetto al nostro sacrificio e arrivano sempre con lunghi ritardi. Non mesi, ma anni. Al giorno d’oggi la piccola pesca è morta, non consiglierei mai ad un giovane di fare questo lavoro.”
E il centro pesca, l’edificio color salmone che si trova nella darsena cantieristica? “Soldi buttati al mare – rispondono in coro – non è mai stato usato da noi pescatori. Avremmo potuto farne un mercato ittico come accade in tutti i porti e invece no, abbiamo un edificio per il quale sono stati spesi milioni di euro, per tenerlo chiuso.”
E’ palpabile la situazione di forte disagio e malcontento vissuta dai pescatori, che si sentono una categoria totalmente abbandonata in un periodo e in un territorio duramente provato dagli effetti della grave crisi economica internazionale.