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Treulababbu nelle sale. Intervista al regista Simone Contu

L’incontro con Simone Contu, regista jerzese del film “Treulababbu (Le ragioni dei bambini)”, in questi giorni nelle sale cinematografiche della Sardegna, era per le dodici in punto ma l’appuntamento è slittato di un’ora. Alle 13 ecco finalmente Simone, che scusandosi per il ritardo mi dice: “Perdona.mi, ma nci apu dèpiu acumpangiari a Roberteddu a Seui”. Quelle parole in sardo, pronunciate con l’inconfondibile cadenza jerzese, mi hanno fatto subito dimenticare l’attesa. Ci accomodiamo così nello studio di registrazione di Radio Stella per l’intervista.

Chi è Roberteddu?

È Roberto Marci! Lui e Cristiano Laconi sono i bambini protagonisti dei due mediometraggi che compongono il film “Treulababbu”. Roberto è di Seui, ed ha interpretato la parte di Efisio in “Sa Règula”, mentre Cristiano Laconi è di Ussassai e interpreta Vincenzo in “Su Molenti de Oramala”.

Perché hai scelto titolo “Treulababbu”?

Il titolo è nato per caso sul set e l’ispiratrice è Daniela Boi, attrice non professionista di Bari Sardo che interpreta la parte di “Brulla”.

Qual è il significato di questa parola?

Come sai “Treulababbu” si articola in due episodi, “Sa Règula” e “Su Molenti de Oramala”, due racconti “crobaus a pari” ossia legati l’un l’altro. In entrambi, infatti, ci sono due bambini che si ribellano alla volontà del padre. Durante le riprese a Daniela sfuggì la parola “treulalogu”, riferendosi a una persona ritenuta da lei un piantagrane e un disturbatore. In sardo “sa trèula” è il centro dell’aia, dove avveniva la battitura del grano, per antonomasia un luogo di grande tormento, un luogo attraversato da uomini, donne, bambini, animali, arnesi e gioghi di buoi. Per puro caso, quindi, ho associato la parola ai due episodi del film ed è saltata fuori l’espressione “treulababbu”, un gioco di parole che dovrebbe significare “tormenta padre”, un neologismo che in sardo, in realtà, non esiste, ma che suona bene e che incarna bene il senso del film.

Parlaci del primo episodio del film, “Sa Règula”.

Nel 2003 mi trovavo a Milano a lavorare per una produzione di Ezio Greggio e Enzo Iachetti. Ero ospite da mia sorella e una notte che non riuscivo a prendere sonno, ho iniziato a pensare ad un racconto di un capretto rubato, di un bambino triste che si arrabbiava contro la  sua famiglia. Nel 2005, approfittando di una pausa di lavoro tra febbraio e marzo, quel racconto mi ritornò in mente e iniziai a scrivere la storia. Nel 2006 mi trasferì a Roma e nel mese agosto, grazie a qualche suggerimento di alcuni amici, terminai la sceneggiatura. Tornai in Sardegna e fondai un’Associazione Culturale per raccogliere i finanziamenti per girare il film. Ottenuta parte dei finanziamenti, in poche settimane feci i casting e a novembre, in quindici giorni girammo il film. Sa Regula ebbe un buon successo, grazie ai circoli dei sardi in Italia e in Francia e a un fortunato speciale mandato in onda nella trasmissione di Vincenzo Mollica, “DoReCiakGulp”.

Com’è nata, invece, l’idea di “Su Molenti de Oramala”?

Quando finì la promozione di “Sa Règula” decisi di dedicarmi a un progetto più impegnativo con Bepi Vigna. Grazie al suo aiuto tutti i miei ricordi infantili sui racconti di streghe, giganti, nani, bambini morti, asini magici, prendevano forma. È nato così “Su Molenti di Oramala”, che è un Fantasy vero e proprio.

Da cosa deriva la scelta dell’uso della lingua sarda?

I due bambini protagonisti del film parlano il sardo, Roberto come linguamadre e Cristiano come seconda lingua, ma in ogni caso entrambi parlano correntemente l’italiano, come il resto dei bambini dei nostri paesi. Quindi non posso dire di aver scelto di usare sardo per una questione filologica o di fedeltà a un panorama socio linguistico. La mia è stata una valutazione valoriale che deriva da una scelta politica. L’uso del sardo si sta perdendo? Le famiglie non lo parlano più? E allora bisogna fare in modo che i bambini e la gente lo sentano in televisione, nei film e che lo leggano nei giornali. Solo così il sardo può tornare a essere una lingua di prestigio e le persone possono capirne il valore e insegnarlo nuovamente ai figli.

Quanto è stato difficile realizzare questa pellicola?

Per me è stata una vera impresa; un’impresa che è andata a buon fine solo grazie all’aiuto di tutti. Il film è stato realizzato con soli 500.000 euro, senza produttore e senza alcun distributore. Immagina che gli attori e i collaboratori non hanno ancora avuto nessun compenso per il loro lavoro ed è a loro che va la mia riconoscenza. Penso ai costumisti, agli scenografi, agli autori, ai tecnici del suono e a chi si è occupato delle musiche. Devo dire grazie anche alle amministrazioni locali, alla Provincia Ogliastra e ai sindaci di tutti i paesi, dove il film è stato girato.

Vuoi dire qualcosa ai lettori di Vistanet?

Visitate il sito ufficiale del film http://www.treulababbu.it/ e andate a guardare “Treulababbu” che sarà proiettato al Cinema Garibaldi di Tortolì fino al 20 marzo!

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