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Ogliastrini nel mondo. Elisabetta Pisu da Barisardo al Maryland

Quando e come ha avuto inizio la tua avventura americana?

Tutto è iniziato con la mia partecipazione al progetto Intercultura. Appena sedicenne, attraversai per la prima volta l’Oceano per godere di quella che credo sia stata una delle esperienze più forti e formative della mia vita: un anno negli Stati Uniti, ospite di una famiglia del luogo. Anzi, approfitto dell’occasione per consigliare questa esperienza a tutti i ragazzi che sentono l’esigenza di imparare l’inglese e di ampliare le proprie vedute e prospettive.

Quale è stato l’impatto al tuo ritorno in Italia?

Dopo un anno stupendo trascorso pienamente immersa nello stile di vita americano, a dire il vero il ritorno a casa fu piuttosto traumatico. Tornata a Barisardo e terminati i miei studi liceali, decisi di iscrivermi all’Università di Giurisprudenza a Cagliari. Ma dopo un anno l’idea di tornare in America continuava a frullarmi in testa e così un giorno decisi di fare il biglietto e di dare inizio alla mia seconda piccola grande avventura.

Quali differenze hai riscontrato tra l’università italiana e quella americana?

Il sistema scolastico italiano, mi duole dirlo, ma non funziona. A mio avviso è poco pratico e lascia gli studenti allo sbando, in preda alle più svariate ansie. L’università americana, al contrario, mi ha conquistata subito: è dalla parte degli studenti. Qui le facoltà ti mettono a disposizione laboratori, programmi online, assistenti in ogni momento,  gruppi studio ben strutturati. Ti senti spalleggiato  e con questa sensazione non puoi non dare il meglio. Mi sono trovata benissimo e quindi ho conseguito una laurea breve in Biologia, una laurea in Scienze Forensi e Criminal Justice e per coronare il tutto ho preso un Master in Sistemi Informatici.

Che lavoro svolgi attualmente?

Adesso vivo nel Maryland, vicino a Baltimora, e lavoro con un’importante azienda informatica che si occupa di dare supporto informatico a grosse compagnie tipo la JLG (che ha sede anche a Milano). Mi piace molto il mio lavoro: mi ritengo fortunata per questo.

Cosa pensi di aver guadagnato  con questo trasferimento?

Non mi sono mai pentita di essere partita. Anzi, ringrazio costantemente i miei genitori per avermi aiutata a prendere, anni fa, questa decisione. La mia famiglia è stata importante: sarebbe stata dura cambiare vita così radicalmente senza una buona dose di appoggio e di incoraggiamento. Ho guadagnato un’esperienza unica sotto tanti punti di vista. Per fare qualche esempio, anni fa ho lavorato con il dipartimento di Polizia di Washington DC: ho visto da vicino le analisi della scena del crimine, ho osservato la costruzione del nuovo laboratorio della scientifica e ho partecipato ad un progetto di ricerca sugli omicidi irrisolti. Queste sono tutte esperienze che dubito avrei fatto se fossi rimasta in Italia.

Cosa, invece, credi di aver perso stando lontana da casa?

L’unica cosa che davvero mi manca sono i miei cari, quindi credo di aver perso la preziosa possibilità di stare accanto a loro in tutti i momenti di gioia e di dolore che si sono susseguiti in questi ultimi anni. A volte questo mi pesa tanto ma poi penso alla vita che sto conducendo qui e al fatto che vedo i miei sogni realizzati e, nonostante la nostalgia, torna il sorriso. Fortunatamente esistono le ferie.

Tornerai?

Mai dire mai. Nella speranza che in Italia cambino tante cose. Vista da qui, infatti, mette tristezza.

 

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