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Zuckerberg dalla parte dei migranti: “Sono una risorsa, non rimpatriamoli”. Tim Cook (Apple) e Jeff Bezos (Amazon) gli fanno eco

Ius soli, permesso di soggiorno, clandestini: negli ultimi anni sono parole diventate pane quotidiano nella dialettica politica italiana. Ma anche Oltreoceano il dibattito è acceso, fino alle sfere più alte della classe dirigente americana. Ad alimentare la discussione che, a dir la verità, non si è mai placata, ci ha pensato Mark Zuckerberg. Il padre di Facebook, e con lui altri top manager Made in USA del calibro di Tim Cook (Aplle) e Jeff Bezos (Amazon), hanno preso carta e penna per scrivere al Presidente Trump.

La preoccupazione di Zuckerberg riguarda la stretta dall’attuale amministrazione americana sull’immigrazione. In pericolo, secondo quanto si legge nella lettera recapitata al Presidente, il  Daca (Deferred Action for Childhood Arrivals) . La richiesta riguarda la necessità di preservare i diritti di chi è emigrato illegalmente negli Usa da bambino.

E così, mentre in Europa si discute sui modi per limitare il fenomeno migratorio, alcuni tra gli imprenditori più importanti d’America sottolineano l’importanza dei “Dreamers” (sognatori, così vengono definiti questi immigrati). Secondo quanto si legge nella lettera, questi sognatori sono «essenziali per il futuro delle aziende e dell’economia. I Dreamers – prosegue la lettera di Zuckerberg – che sono arrivati nel paese da piccoli e senza permesso di soggiorno, non solo pagano tasse e contributi come normali cittadini, ma rappresentano una risorsa unica che, se rimpatriata, farebbe perdere al Pil oltre 460 miliardi di dollari».

E voi, da che parte state?

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