Agente penitenziario sardo si suicida a Oristano. Il Sappe: “Ennesima morte ingiusta”
Il grido disperato di denuncia del sindacato: «Sembra davvero non avere fine il mal di vivere che caratterizza gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria».
Un poliziotto penitenziario di 31 anni effettivo alla Casa Circondariale di Aosta, di origini sarde, sposato da pochi mesi, in forza al Gruppo Operativo Mobile della Polizia Penitenziaria e in questo periodo operativo in Piemonte si è tolto la vita nella propria abitazione ad Oristano.
A dare la triste notizia è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE: «Sembra davvero non avere fine il mal di vivere che caratterizza gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria».
«Tragedie che ogni volta che si ripetono determinano in tutti noi grande dolore e angoscia – spiega Capece -. E ogni volta la domanda che ci poniamo è sempre la stessa: si poteva fare qualcosa per impedire queste morti ingiuste? Si poteva intercettare il disagio che caratterizzava questi uomini e, quindi, intervenire per tempo? Siamo vicini alla moglie, al figlio, ai familiari e agli amici».
«Non sappiamo se vi siano correlazioni con il lavoro svolto» – precisa – ma è luogo comune pensare che lo stress lavorativo sia appannaggio solamente delle persone fragili e indifese: il fenomeno colpisce inevitabilmente anche quelle categorie di lavoratori che almeno nell’immaginario collettivo ne sarebbero esenti, ci riferiamo in modo particolare alle cosiddette “professioni di aiuto”, dove gli operatori sono costantemente esposti a situazioni stressogene alle quali ognuno di loro reagisce in base al ruolo ricoperto e alle specificità del gruppo di appartenenza. Il riferimento è, ad esempio, a tutti coloro che nell’ambito dell’Amministrazione di appartenenza spesso si ritrovano soli con i loro vissuti, demotivati e sottoposti ad innumerevoli rischi e ad occuparsi di vari stati di disagio familiare, di problemi sociali di infanzia maltrattata ovvero tutto quel mondo della marginalità che ha bisogno, soprattutto, di un aiuto immediato sulla strada per sopravvivere».
«L’Amministrazione Penitenziaria non può continuare a tergiversare su questa drammatica realtà – conclude Capece – non si può pensare di lavarsi la coscienza istituendo un numero di telefono – peraltro di Roma – che può essere contattato da chi, in tutta Italia, si viene a trovare in una situazione personale di particolare disagio. Servono soluzioni concrete per il contrasto del disagio lavorativo del Personale di Polizia Penitenziaria. Come anche hanno evidenziato autorevoli esperti del settore, è necessario strutturare un’apposita direzione medica della Polizia Penitenziaria, composta da medici e da psicologi impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria».
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Manifestazione contro l’uso delle pellicce: Cagliari di nuovo presente
La manifestazione di questa sera a Cagliari è legata a quella organizzata per chiedere al brand Max Mara di dire basta alle pellicce in volpe, cane procione e visone. Si parte alle 16
La manifestazione di questo pomeriggio a Cagliari è legata a quella organizzata per chiedere al brand Max Mara di dire basta alle pellicce. Il Gruppo Max Mara, che conta oltre 2.500 negozi in 105 paesi, è uno degli ultimi grandi marchi ad impiegare la pelliccia. L’attuale gamma include articoli realizzati in volpe, cane procione e visone.
Appuntamento oggi, sabato 20 aprile nel Largo Carlo Felice dalle ore 16
La campagna globale fur-free lanciata dalle associazioni animaliste Humane Society International (HSI), Humane Society of the United States (HSUS) e le organizzazioni della Fur Free Alliance (FFA) è un importante sforzo per promuovere la cessazione dell’uso della pelliccia animale nella moda, in particolare presso il gruppo Max Mara Fashion Group.
Ci sono diversi motivi per cui l’uso della pelliccia animale è controverso e oggetto di critica:
- Crudeltà verso gli animali: gli animali utilizzati per la produzione di pellicce sono spesso tenuti in condizioni di vita estremamente degradanti e sono sottoposti a pratiche di uccisione crude e dolorose, come l’elettrocuzione o l’asfissia da gas.
- Impatto ambientale: la produzione di pellicce ha un impatto significativo sull’ambiente, con elevate emissioni di gas serra rispetto ad altri materiali e un consumo considerevole di risorse naturali.
- Rischio per la salute pubblica: gli allevamenti di animali da pelliccia possono fungere da terreno fertile per la diffusione di malattie zoonotiche, come dimostrato da focolai di COVID-19 e influenza aviaria negli allevamenti.
- Disponibilità di alternative cruelty-free: esistono numerose alternative cruelty-free alla pelliccia animale, come tessuti sintetici di alta qualità o pellicce vegetali, che offrono agli stilisti e ai consumatori opzioni etiche senza compromettere lo stile o la qualità.
La richiesta di adottare una politica fur-free da parte del Max Mara Fashion Group è quindi fondata su considerazioni etiche, ambientali e di salute pubblica. La campagna mira a sensibilizzare sia il pubblico che l’azienda stessa riguardo a questi problemi e a promuovere una moda più etica e sostenibile.
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