Luca Massidda, 37enne cagliariatano, è uno dei ballerini più stimati nel panorama sardo e nazionale. Ma come ci racconta lui stesso la sua passione per la danza non inizia da bambino.
“Inizio danza intorno ai 15 anni, dopo aver fatto altre attività sportive come pallavolo e judo. Alle medie quando mi allenavo nel dojo di judo che frequentavo mi ero reso conto che non mi piaceva combattere ma che adoravo il katà, cioè la replica coreografata di una tecnica. Approdai così in sala danza (a Dansetteria) per studiare danza moderna e il resto è storia”.
Cosa ti attirava della danza?
In cuor mio sapevo da sempre di essere appassionato di danza e di movimento: come tanti bambini passavo ore di fronte alla tv e cercavo di replicare le coreografie dei videoclip o dei musical che vedevo sullo schermo. Avevo iniziato a studiare danza senza uno scopo preciso, e forse avrei puntato a fare il performer di musical se un’amica in un caldo pomeriggio d’estate non mi avesse fatto vedere l’inarrivabile “Don Chischiotte” di Barysnikov dell’ABT e diamine! Anche io volevo fare quelle acrobazie! Non avevo mai visto un balletto prima di allora e ne rimasi folgorato. Quanta forza ci voleva per fare quelle evoluzioni, quanto carisma emanava un personaggio, quanta eleganza”.
Quindi a quel punto hai iniziato a ballare seriamente?
Iniziai a studiare danza classica e moderna più seriamente, anche perché frequentavo una community online chiamata “balletto.net” che mi ha portato ad essere in mezzo a un posto virtuale di appassionati di danza che parlavano di un po’ tutti i suoi aspetti; tra le varie sezioni molto interessanti ricordo in particolare il glossario dei passi di danza con le spiegazioni tecniche, una straordinaria galleria fotografica, un forum dove si parlava di un po’ di tutto, una mini enciclopedia dei balletti e di tutto ciò che gira intorno alla danza.
In breve: mi diplomo al Centro Studi Coreografici Teatro Carcano sotto la guida di Smirnova e Albano nel 2010, inizio la carriera subito dopo il diploma presso il Balletto di Milano rimanendoci per tre stagioni sotto Carlo Pesta, mi sposto presso il Landestheater Eisenach per quattro stagioni diretto da Andris Plucis dove danzo tantissimi titoli con ruoli solistici e di primo ballerino, e infine torno qui in Sardegna, dove ho collaborato con il Teatro Lirico, Asmed – Balletto di Sardegna, Actores Alidos, LucidoSottile ecc… Questo lavoro mi ha portato a danzare un po’ ovunque nel mondo (Italia, Francia, Svizzera, Spagna, Russia, Libano, USA…) ma anche in spazi non convenzionali come scuole, parchi pubblici e per strada.
L’esibizione più importante che ricordi?
Tra le cose più importanti che ho fatto… tante. Di sicuro una è stata potermi esibire in Russia, a Mosca, durante una tournée del BdM, e l’altra il provare a portare un po’ di balletto contemporaneo qui in Sardegna lavorando ad una versione femminista ed inclusiva di “Schiaccianoci”.
Ma secondo te oggi la danza classica oggi continua a essere attrattiva? O sta diventando un’arte di nicchia ancora più di prima? La troppa disciplina applicata a una generazione a cui viene permesso tutto è ancora praticabile?
Bisogna capire cosa si intende per “attrattiva”. La danza è insita nell’essere umano, perché l’essere umano si muove. Semplificando molto mi azzardo a dire che qualsiasi movimento può essere danza. Ci sono fior fior di ricercatorǝ e pionierǝ che hanno portato avanti questa idea nel campo della danza contemporanea. La “danza classica” è movimento con una grammatica, un codice preciso, una tradizione secolare ma viva che continua a evolversi anche dopo tutto questo tempo e che continua a parlare anche al nostro tempo.
Non è un qualcosa di vecchio, non è impolverato o da museo: basti vedere il successo che hanno i balletti nei cartelloni dei teatri in giro per l’Italia, malgrado l’assenza di corpi di ballo stabili e di investimenti corretti in tale direzione, e nel mondo. Il pubblico ha fame di bellezza, di arte, di danza e di balletto. Vedo però che la danza (in generale) è ammantata purtroppo di un grandissimo alone di ignoranza, di stereotipi e di provincialismo. Tra gli stereotipi in cui incappo più spesso ci sono i limiti mentali autoimposti sul fisico e sul fatto che chi faccia danza non debba sviluppare muscolatura perché l’immagine della danzatrice è quella anni ’70: magra allo sfinimento.
Per rubare le parole alla tua domanda, non penso che la danza classica sia un’arte di nicchia, tutt’altro. Forse siamo noi, persone contemporanee, che non abbiamo più gli strumenti per comprenderla al meglio. D’altronde qualsiasi rappresentazione nasceva dal popolo per il popolo per rappresentarlo ed educarlo. Tutte le arti sono difficili, specialmente per chi le pratica di professione, ma l’arte è di tutti. La danza essendo un’arte è di tutti, anche quella classica.
E sulla disciplina oggi, come rispondi?
Eh, la disciplina. Anche qui bisogna vedere cosa si intende per disciplina. Se si intende il sottostare a regole precise, allora sì, la danza ha una forte disciplina intrinseca, come tutte le arti, ma nello stesso tempo ti permette di giocare con le regole. Una volta appresi, gli schemi si possono (e si devono) rompere per progredire; bisogna però arrivare al momento in cui si ha tale consapevolezza… e purtroppo servono anni per arrivarci. Mi chiedi delle nuove generazioni. È cambiata la società e il modo di insegnare tutto, però qui entriamo in un argomento enorme.
Chi è davvero motivato a fare qualcosa la fa con piacere, pesantezza, momenti di sconforto, momenti di down completo, ma sempre con piacere.
Quale è il più importante insegnamento che offre la danza? Perché dovrebbe essere studiata da tutti?
Il più grande insegnamento che ho ricevuto dalla danza non c’è. Ho imparato dai miei maestri, dai miei colleghi, dai miei studenti, dai miei miti ad usare la testa per governare il corpo, ho imparato a usare lo spazio, ad essere attivo , proattivo, ricettivo, ho imparato a riconoscere i miei limiti provando comunque a superarli, ho imparato a guardarmi dentro e scavare nell’anima per cercare di togliere fuori bellezza, ho imparato la mia verità che ho tentato di portare in scena con i personaggi che interpretavo, ho imparato la propriocettiva corporea, ho imparato ad essere gruppo e ad essere solista, ho imparato il rispetto per tutte le maestranze teatrali ed artistiche, ho imparato a rappresentare la musica, ho imparato a disegnare la musica col movimento, ho imparato la forza del ritualismo e del rispetto per me stesso… Insomma, forse farei prima a dire cosa non mi ha insegnato!
Dovrebbe essere studiata da tutti perché studiandola capiamo che siamo “noi” al centro della danza. Senza il corpo umano la danza non può esistere.