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Accadde oggi: 29 maggio 1985, la tragedia dell’Heysel, muoiono 39 persone, 4 sono sarde

La tragedia dell'Heysel, Giovanni e Andrea Casula

La tragedia dell'Heysel, Giovanni e Andrea Casula

Il tragico pomeriggio dell’Heysel: il dramma del 29 maggio 1985 tra Juventus e Liverpool

Il 29 maggio 1985, l’Heysel di Bruxelles si trasformò in un teatro di tragedia che avrebbe segnato per sempre la storia del calcio e dello sport mondiale. In quella calda giornata di fine maggio, si disputava una delle finali di Coppa dei Campioni più attese, un evento che avrebbe dovuto celebrare il massimo livello di competizione tra le migliori squadre europee. La Juventus, rappresentante del calcio italiano, e il Liverpool, una delle formazioni più potenti e popolari d’Inghilterra, si stavano affrontando in una partita che avrebbe consegnato il prestigioso trofeo internazionale al vincitore. Tuttavia, quello che doveva essere un momento di gioia e di celebrazione si trasformò in una tragedia indelebile, un capitolo oscuro che ancora oggi si ricorda con dolore e riflessione.

Circa un’ora prima dell’inizio del match, le tensioni tra i tifosi delle due squadre si fecero sentire in modo drammatico. Un gruppo di supporter inglesi iniziò a pressare con veemenza le barriere di separazione che dividevano i settori dello stadio, creando una ressa sempre più caotica e pericolosa. La tensione, alimentata anche dall’alcool e da un clima di nervosismo, culminò in una pressione insostenibile che portò alla rottura delle barriere e a un’improvvisa e violenta calca. La ressa che ne seguì provocò la morte di 39 spettatori, schiacciati sotto il peso di una folla impazzita e incapace di reagire. Tra le vittime, 4 erano sardi, un uomo e una donna emigrati,e  un padre e suo figlio, che si trovavano lì per assistere alla finale, senza poter immaginare che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero visto il loro amato sport.

Il dramma dell’Heysel si inscrive tra le pagine più nere della storia del calcio, un evento che ha portato a riflessioni profonde sulla sicurezza negli stadi, sulla gestione degli eventi sportivi e sui comportamenti dei tifosi. Le immagini di quella giornata, le testimonianze di chi visse in prima persona la tragedia e le analisi di esperti hanno contribuito a delineare un quadro doloroso di un pomeriggio che nessuno potrà mai dimenticare. La morte di quegli 39 spettatori ha rappresentato un monito per tutte le società sportive, le autorità e le istituzioni, affinché si evitino in futuro simili tragedie e si promuova un calcio più sicuro, più responsabile e più rispettoso dei valori che lo rendono uno sport universale. La memoria di quella giornata resta viva, affinché il ricordo di quelle vite spezzate possa portare a un impegno costante per la tutela di tutti coloro che amano e vivono il calcio.

Il fischio finale, quella sera, era previsto per le 20.15. Preventivamente, le tifoserie organizzate erano state distribuite fra i settori dallo stadio in modo che i gruppi avversari stessero nelle due curve opposte. Attorno alle 19.20 gli hooligans – il gruppo più acceso della tifoseria britannica, cui erano stati riservati i settori X ed Y – iniziò a fare pressione su una delle barriere divisorie. Gli spettatori sull’altro lato erano in prevalenza italiani, e immediatamente iniziarono ad arretrare spaventati dalla ressa. L’impreparazione delle forze dell’ordine belghe – che non compresero l’entità del pericolo – fece sì che i tifosi spaventati venissero repressi a manganellate, portandoli ad ammucchiarsi proprio al di sotto della recinzione, che inevitabilmente cadde sotto i colpi sempre più ravvicinati degli inglesi.

La tragedia dell’Heysel

Il crollo registrò circa 600 feriti, e 39 furono coloro che persero la vita nell’assurda tragedia, schiacciati dalla recinzione e dalla folla impazzita. Fra loro 32 italiani, di cui due cagliaritani, padre e figlio. Si trattava di Giovanni Casula, di quarantaquattro anni, e del figlioletto Andrea, di dieci, che – come ebbe a raccontare poi la vedova – avevano trovato all’ultimo momento quei due posti a sedere, in un settore che si sarebbe rivelato maledetto. Nella tragedia morirono anche due sardi emigrati, Barbarina Lusci, 57enne di Domusnovas emigrata in Belgio e Mario Spano, 41enne di Perfugas residente a Novara.

Nonostante le discussioni, la partita si giocò comunque. L’arbitro fischiò l’inizio alle 21.40, nel rispetto di quanto deciso dalla commissione UEFA, timorosa di aggravare i disordini annullando l’incontro. Il match vide la vittoria della Juventus, che si impose grazie alla rete di Platini, ma le tv di tutto il mondo presero provvedimenti atti a ricordare l’assurda tragedia che si era consumata poco prima. Il commentatore italiano – indispettito per la decisione – propose una cronaca asettica, mentre la televisione austriaca la eliminò del tutto. Quella tedesca, invece, si rifiutò addirittura di trasmettere il match. In tanti polemizzarono per l’esultanza di Platini seguita al gol, ma lo stesso calciatore ammise poi di non avere idea dell’entità della tragedia.

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