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Enrico Santus, dalla Microsoft al CTO Office di Bloomberg: il 37enne sardo studia la linguistica che unisce uomo e computer

C’è chi la ama e chi la guarda con sospetto, temendo chissà quale catastrofe. C’è persino chi pensa che l’AI (Artificial Intelligence) prenderà presto il posto degli esseri umani – catastrofico come pensiero, ma tant’è. In realtà, la collaborazione tra uomo e macchina, quindi tra mente umana e computer, è un completamento tra parti, un arricchimento che la società deve – deve! – vedere come buono, come innovativo.

Enrico Santus, originario di Iglesias ma a New York, sostiene proprio questo: il 37enne, capo della computazione umana nel CTO Office di Bloomberg, l’aveva capito tanti, tanti anni fa, quando sistemi come ChatGPT non erano nemmeno nell’anticamera del cervello di noi poveri mortali, ma la comunità scientifica ne stava ponendo le basi. Lui ci aveva visto giusto, aveva lo sguardo più lontano.

Ma torniamo indietro.

Enrico si iscrive, da ragazzo, all’Alberghiero. Del resto, suo zio è il suo mentore. Si accorge subito che non è la strada fatta per lui e cambia, direzione Istituto Tecnico. Malgrado tutti pensino che lui non ce la possa fare, sorprende tutti: è un outsider, così si definisce, e ha sempre in tasca il vantaggio di poter stupire. Si diploma con il massimo dei voti un anno in anticipo e fa le valigie per Pisa. Prima però, durante gli anni delle scuole superiori, mette le radici per quello che sarà il suo lavoro: ispirato dal fratello, inizia a sviluppare programmi. E non solo: la scrittura fa parte di lui da quando, ancora bambino, digitava con fatica sui duri tasti di una vecchia macchina da scrivere.

Le basi ci sono tutte, no?

Quando arriva il turno dell’Università, Santus è stanco di studiare di nuovo programmazione e matematica, quindi a Pisa – dopo qualche mese in Ingegneria – cambia completamente ambito: Lettere, una facoltà che in effetti darà inizio a quella che è la sua carriera oggi. Si innamora della letteratura francese ma non solo, scopre un esame che non in tanti amano ma che a lui accende una scintilla: Linguistica Computazionale.

«Mi innamorai. Si parlava di reti neurali e della possibilità di replicarle attraverso sistemi computazionali. Sapevo programmare, avevo letto di tutto sulle reti neurali e amavo la letteratura… La domanda venne fuori serena: perché non unire tutte queste conoscenze?»

Per la specialistica, Santus si dedica totalmente a questa materia: «Per me era di fondamentale importanza comprendere a fondo tutti i principi della linguistica computazionale.»

Si è nel 2009, nessuno sa come si evolverà il mondo dopo di allora. Chi poteva prevedere sistemi complessi come ChatGPT? Chi poteva anche solo pensare al ruolo che l’IA ha oggi nelle nostre vite? Ma Santus studia e ingrana in quel mondo allora così innovativo. Si concentra sulla semantica distribuzionale, che anni più tardi finirà al centro di tutto il processamento del linguaggio naturale usato dalle Big Tech come Google, Apple, e così via. «Il computer riesce, in questi casi, a comprendere il significato di una parola osservandone il contesto, ovvero la relazione che ha con le altre parole che le stanno attorno.»

Si immerge completamente nello studio e nel 2012, poco prima della laurea specialistica, riceve una chiamata: la Microsoft lo vuole per lo sviluppo dei correttori grammaticali di MS Office. «Iniziai come sviluppatore del correttore italiano, in quanto madrelingua, ma poi fui promosso a leader di altri progetti, tra cui quello inglese, che potenzialmente serve più di un miliardo di utenti. C’erano anche l’ungherese, il brasiliano, il tedesco e il coreano»

Seguono Erasmus a Londra, Stoccarda, e finalmente un dottorato a Hong Kong: così parte quella che è una brillante carriera.

Adesso? Come abbiamo detto Santus, a New York, è a capo della computazione umana nel CTO Office di Bloomberg. Si occupa, senza mezzi termini, della collaborazione tra macchina e uomo: «Cerco di ottimizzare i processi che richiedono sia il contributo dell’essere umano che della macchina per l’estrazione dei dati e la creazione di valore aggiunto.»

New York gli piace, dice, ma non quanto l’Asia di cui si è innamorato. E per la Sardegna nutre nostalgia per la famiglia e le olive del giardino, sebbene senta di avere ancora tanto da dare a questo mondo. E a chi vuole partire dice: «Un’esperienza all’estero è sempre fondamentale, ma vorrei che anche chi vuole “costruire” in casa venga aiutato, supportato. L’Italia e la Sardegna sono indietro su questo: abbiamo dei grandi talenti, ma non vengono valorizzati, solo scoraggiati. Questo non è giusto. Possiamo e dobbiamo fare di più!»

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