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Da Sarroch a Dublino per fare musica. Il cantante Pierfrancesco Dessì: «Sempre un po’ di Sardegna in ciò che faccio»

«C’è sempre un po’ di Sardegna in quello che faccio.»

Chissà se l’ora 28enne Pierfrancesco Dessì immaginava, quando da bambino a Sarroch si innamorava giorno dopo giorno della musica, che un giorno in Irlanda avrebbe trovato la sua strada. Con una laurea al BIMM Dublin (British and Irish Modern Music institute), due singoli, Hollow e Campari, e un Ep in arrivo – in fase di mixaggio – Dessì è pronto a tutte le prossime sfide, sempre animato dalla musica.

«La musica ha sempre accompagnato la mia crescita fin da quando ho memoria» racconta. «Nonostante non ci siano dei veri musicisti in famiglia, i miei genitori sono stati sicuramente i primi a tramandare questa curiosità. Sono cresciuto ascoltando veramente ogni genere, dai classici rock anni 70 al cantautorato italiano, dagli evergreen della classica ai gioielli della world music un po’ più di nicchia. Durante la mia infanzia si viaggiava spesso in macchina e ovviamente imperversava l’era del CD: ricordo di aver imparato l’ordine di tutte le canzoni sui dischi che giravano nella nostra Lancia Zeta, in particolare Greatest Hits II dei Queen, quello con la copertina blu e il logo dorato, e Cainà di Mauro Palmas. Chiamavo le canzoni per numero e cominciavo a cantare a squarciagola.»

Sarroch? Be’, Pierfrancesco è perentorio: «Fondamentale crescerci: il paese ha sempre avuto una ricca tradizione di cultura e spettacolo, tantissimi concerti di artisti locali, nazionali e anche internazionali. Penso che la fortuna che io ho avuto sia stata proprio quella di scoprire la musica in modo molto naturale, vivendola con curiosità e lasciandomi trasportare dalle sensazioni senza aspettative. Tutti quei pensieri su carriera e sovrastrutture varie che ne derivano sono arrivati molto dopo…»

Inizia a strimpellare la chitarra verso i 14 anni, ma non gli è ancora passata per la mente l’idea di cantare o comporre pezzi: del resto, a quell’età, si è presi da tutt’altro. Scuola, amici, giro, divertimento, playstation: «Facevo fatica a trovare una certa costanza nello studio dello strumento, anche se il mio fedele lettore mp3 non mi ha mai abbandonato (penso di non aver mai ascoltato e scoperto così tanta musica come nelle tratte ARST dei miei anni liceali)» spiega. «Durante il mio anno di scambio culturale in Finlandia, trovai nella musica il modo più semplice per integrarmi con il resto della classe e mia volta relazionarmi con loro, e così riscoprii il piacere di suonare, e una volta tornato divenne quasi naturale affidarmi a quello come mezzo di espressione.»

Quando torna in Sardegna, si iscrive alla facoltà di Architettura di Cagliari e inizia a prendere lezioni di canto con Alice Marras alla scuola di musica Diapason di Sarroch.

«Lei mi prese da parte dopo la seconda lezione e mi fece un discorso, da quel discorso io presi coscienza del fatto che volevo fare le cose seriamente. Da lì intensificai lo studio del canto, della chitarra e frequentai i seminari di Mare e Miniere a Portoscuso. Quest’altro fu un evento molto importante, per la prima volta mi ritrovai circondato da musicisti che parlavano una lingua che io non conoscevo, parlavano di struttura, armonia e concetti che non riuscivo a capire. Quella per me fu l’epifania, dovevo fare quello.»

È in questo momento che inizia il suo percorso musicale in Sardegna: «Ho cominciato un po’ come tutti con la gavetta nei vari pub del circondario, ma ho anche avuto modo di presentare il mio repertorio solista in varie occasioni, aprendo sia per i Sikitikis che per i Ministri a Sarroch, e partecipando alla prima edizione del Waves Festival a Cagliari (un bel po’ di anni fa). Lo scorso maggio 2023 ho suonato il mio primo headline show al Jester Club di Cagliari per promuovere il mio singolo di debutto Hollow, spero di riuscire a tornare presto per promuovere un po’ di materiale nuovo.»

Dopo esserci stato da minorenne, Dessì torna in Finlandia qualche anno dopo.

«Dopo aver fatto la rinuncia agli studi, avevo bisogno di mettere un po’ di ordine nella mia vita» racconta. «Un contratto full-time e una paga da metalmeccanico furono abbastanza da convincermi a intraprendere questa avventura, anche se tra me e me stentavo a credere che fossi partito a chilometri da Sarroch per lavorare in fabbrica. Partire per la Finlandia a 17 anni è stato forse molto più facile che tornarci a 20. Mentre la prima fu un’esperienza di studio, la seconda fu più un’esperienza di vita. La spensieratezza della prima volta mi ha aiutato ad aprire la mente con molta meno resistenza, ho conosciuto delle persone fantastiche con cui sono tutt’ora in contatto, ho avuto modo di calarmi in un sistema educativo molto diverso che mi ha permesso di perfezionare il mio inglese, imparare il finlandese e allo stesso tempo fare esperienze extracurricolari. Ho vissuto a Uusikaupunki, una cittadina di 15mila abitanti nella costa ovest. Ho trovato una comunità molto accogliente che mi ha fatto sentire subito a casa, ragion per cui sono tornato anni dopo per un’esperienza lavorativa. Questa parentesi fu molto diversa, più adulta e ovviamente con più responsabilità, ed era proprio quello di cui avevo bisogno. A differenza della prima volta, cominciai a nutrire più nostalgia per la Sardegna e de-idealizzare alcuni aspetti della mia prima esperienza. Niente però potrà mai scalfire il legame che io ho con la Finlandia, tutt’ora continuo a parlare la lingua e coltivare le mie amicizie, ascolto ancora musica finlandese e cerco di stare al passo con le notizie di attualità. Tuttavia sentivo il bisogno di dover immergermi in una realtà che fosse più vicina al mio modo di intendere la musica e che potesse darmi gli strumenti per avviare una carriera nella musica, ed è così che ho scelto Dublino.»

Qui parte la sua vera parentesi musicale, in una delle città più belle del mondo, ed è qui che si laurea al BIMM Dublin (British and Irish Modern Music institute): «Fa parte di una rete di college presente in Irlanda, UK e Germania, in cui sono presenti vari indirizzi volti a creare figure professionali nel mondo della musica. Io ho scelto l’indirizzo di Songwriting, che a Dublino dura 4 anni» racconta. «Un percorso di studi di questo tipo è sempre soggettivo, però posso affermare che per me è stata la scelta giusta. Ho avuto modo di confrontarmi in una realtà musicale molto diversa da quella che conoscevo, e il college e la sua infrastruttura sono stati fondamentali nel garantirmi strumenti, capacità e contatti per muovermi liberamente all’interno della scena musicale irlandese. L’Irlanda in particolare ha un modo di vivere la musica a cui io mi sento molto vicino, c’è tanta passione e curiosità e questo non può che essere un bene per chi muove i primi passi.»

A questo punto, mentre conclude il percorso di studi, Dessì si prende del tempo per avviare il suo progetto da solista. Amplia il suo repertorio originale, sperimenta molto e l’obiettivo finale è un singolo che possa rappresentare questo percorso.

«Fondamentalmente il suono è alternative rock, a metà tra Jeff Buckley e i Radiohead, a cui però non sfugge una certa sensibilità cantautoriale, più vicina ad artisti come Bon Iver e Ben Howard» spiega il 28enne. «A seguito di numerosi concerti e varie apparizioni live, la scelta è ricaduta su Hollow, il brano attorno cui ha preso forma il resto del progetto. La sua pubblicazione ha aperto varie porte: io e la band abbiamo avuto modo di suonare vari headline show a Dublino, oltre che apparire a dei festival importanti come il The Great Escape (UK), Ireland Music Week 2023 (IRL), e recentemente Whelan’s Ones To Watch (IRL).»

Tra i suoi due singoli, Hollow e Campari, molte sono le differenze.

«Entrambe le canzoni sono state registrate e co-prodotte da Ber Quinn (Lisa Hannigan / John Grant / James Vincent McMorrow / The Divine Comedy etc.), in entrambi i singoli la band è composta da Jacopo Stofler e Sara Barberio (Elaphi) Dara Abdurahman (Bricknasty) and Kian Johnston (Slightly Dishevelled). Hollow è stato il primo lavoro in studio con la band, ed è uno dei brani più longevi che ho in scaletta. Ciò comporta la presenza di elementi più indierock anni 90, ovvero uno dei miei periodi musicali preferiti ai quali ero molto legato nel periodo di scrittura del brano. Inoltre è una canzone che nasce dal live, per cui penso l’obiettivo in studio fosse proprio catturare quell’energia e quell’intenzione, lasciando che gli elementi in post produzione fossero un leggero abbellimento che non sovrastasse il nucleo della band. Campari invece nasce con l’intento di evolvere quel suono live, quindi le possibilità che lo studio offre sono diventate parte integrante del processo di scrittura e quindi della visione della canzone. Inoltre c’è un certo legame che si crea in studio tra produttore e band, quindi man mano che si passa più tempo assieme, la musica prende una direzione propria e il risultato diventa unico» spiega, ma non solo. «Hollow è una canzone decisamente più orecchiabile con un groove più coinvolgente, mentre Campari è una ballad più intima dai toni scuri che richiede un po’ più di attenzione dall’ascoltatore. Hollow parla di un senso di vuoto interiore, sia esso d’amore o semplicemente una frammentazione interna, e ha un senso di nostalgia molto forte verso il passato, mentre Campari si concentra più su un’emozione presente, un’infatuazione o semplicemente ricerca di condivisione, senza curarsi dell’esito. Trovo difficile slegare gli episodi personali della mia vita dalle canzoni che scrivo, però essi sono semplicemente ciò che mi istiga a scrivere; la canzone poi diventa una cosa a sé, in cui non c’è una sola verità.»

Pierfrancesco ha anche, recentemente, calcato il palco dell’Ireland music week.

«Sicuramente è stata una grande soddisfazione. È un evento che ho sempre frequentato anche da spettatore e mi ha riempito d’orgoglio arrivarci da artista, specialmente dopo aver dedicato così tanto tempo alla mia crescita personale» racconta, con la luce negli occhi. «Penso anche di essere stato il primo progetto proveniente dalla Sardegna ad esibirmi nella rassegna, il che è un ulteriore traguardo per me.»

Dessì, che lavora anche full time in un’azienda di consulenza, per cui funge praticamente da “etichetta di se stesso” – come spiega –, è soddisfatto: «La scelta di avviare questo progetto in maniera indipendente mi ha dato liberta creative enormi, tuttavia poi questa libertà si scontra con le realtà economiche della vita di tutti i giorni, impegni di lavoro, spese, affitto, bollette etc. Bisogna essere bravi nel saper gestire se stessi e il proprio tempo, per non rischiare poi di andare in burnout. Ora sto lavorando all’organizzazione una serie di date tra l’Irlanda e la Sardegna, e penso che intensificare le date live sia proprio il prossimo passo.»

La Sardegna, che porta nel cuore, è comunque sempre presente. «Posso svelare che l’EP conterrà una canzone nata da una riflessione in macchina sulla 195, e sonoricamente ho cercato di strizzare l’occhio ai ritmi nostrani. Diciamo però che sono sempre molto cauto con questi richiami sonori alla nostra cultura, non vorrei forzare degli elementi in un contesto che magari non è adatto.»

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