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Un viaggio tra storia e musica a Olbia: tour del Museo Archeologico e dell’Archivio Mario Cervo

 

Il ricco Museo Archeologico di Olbia, dalla preistoria al 19esimo secolo

Situato sulla piccola Isola Peddone, antistante il porto odierno e considerata in passato punto strategico del sistema portuale, il Museo Archeologico abbraccia un ampio lasso di tempo, dalla preistoria al XIX secolo. In esso, particolare attenzione è data alle fasi, ricche di testimonianze, fenicia, greca, punica e romana – sempre dell’area urbana e portuale. Molti furono i relitti romani e medievali rinvenuti nel porto antico, odierno lungomare del centro storico.

Olbia fu l’unica città sarda a essere abitata dai greci che, appunto, le diedero il nome che ancor oggi porta: “felice”, quindi “olbìa”. Ma perché la chiamarono così, nel tempo che vi passarono (tra il 630 e il 520 a.C. circa)? Be’, per le straordinarie opportunità che il luogo offriva alle persone in quella che era la vita quotidiana. Per questo il Museo ha adottato, in caratteri greci maiuscoli, quale nome e logo, proprio “Olbìa”.

Caratteristica importante è la sua ubicazione, come si è detto: sorge in un punto dal quale si possono vedere anche i luoghi di provenienza di molti dei relitti.

Per il visitatore, quindi, risulta un percorso all’interno di quello che è un meraviglioso viaggio all’indietro. Due le funzioni della progettazione architettonica dell’edificio, che ha le sembianze di una nave ormeggiata, tra finestre circolari e passerelle sospese. Gli spazi aperti superiori, terrazze e passaggi, sono fruibili anche al pubblico non pagante, per renderlo “vivibile” a 360 gradi.

Molte sono le chicche presenti: plastici della città romana e del porto, ricostruzioni a grandezza reale di due sezioni di navi romane e tanto altro… Un vero capolavoro che mostra l’evoluzione di Olbia attraverso i secoli.

Al piano terra, si potrà rivivere l’attacco dei Vandali del 450 d.C. (circa): presenti i relitti di due delle undici navi che vennero fatte affondare, nonché tre aste da timone e due alberi di navi romane conservate per buona parte della loro lunghezza originaria. Altri resti del porto si possono vedere in altre aree di questo piano, tra cui il relitto di un’imbarcazione medievale. Nell’ultima sala del piano, un plastico del porto del II secolo d.C. rimanda all’epoca, riuscendo a far penetrare appieno il visitatore in quelle epoche.

Nel piano superiore, testimonianze dell’età pre-nuragica e nuragica, dell’insediamento fenicio del 750 d.C. circa e di quello greco-focese, dell’età cartaginese fino al passaggio a quello romano. Sempre in questo piano, il visitatore potrà vedere terracotte, corredi funebri, anfore che testimoniano il passaggio dal dominio punico a quello romano, oltre che altri elementi che parlano della “romanizzazione” completa e della successiva presa di potere dei Vandali. Nell’ultima sala del piano, abbiamo l’età bizantina – con Olbia ridotta a borgo – e il periodo successivo, fino a oggi.

L’Archivio Mario Cervo, il più grande archivio di musica sarda al mondo

L’Archivio Mario Cervo (tenuto in attività dall’Associazione Culturale Archivio Mario Cervo ETS e messo su grazie al grandissimo lavoro di collezione di Mario Cervo, produttore discografico, conduttore radiofonico e dirigente sportivo italiano) è senza ombra di dubbio la più importante e completa raccolta di supporti fonografici prodotti in Sardegna da artisti sardi: come specificato nel sito, è possibile – mediante materiale fonografico e librario con incisioni risalenti ai primi anni del Novecento, con oltre 10mila supporti ordinati in più di 7500 schede – effettuare una ricerca approfondita su tutto ciò che musicalmente ha caratterizzato l’Isola in quel lasso di tempo.

Non solo: dal 2014 l’Archivio organizza annualmente un fitto calendario di eventi musicali, discografici, artistici e culturali non solo in sede, ma anche in altri luoghi esterni, a Olbia e in tutta la Sardegna. Protagonista? La musica sarda.

E il premio discografico Mario Cervo viene poi dato a chi, mediante la realizzazione di un prodotto discografico, promuove il patrimonio musicale e culturale sardo.

Riuscire a mettere insieme questo ambizioso progetto, che si propone di riunire tutte le musica incise dagli artisti sardi, è stato possibile grazie all’intervento dell’ISRE, che ha finanziato il lavoro di catalogazione e digitalizzazione a cura di Paolo Angeli e i lavori di ristrutturazione di un appartamento messo a disposizione dalla famiglia Cervo.

Un modo sia di far rivivere la passione che Mario Cervo, mancato nel 1997, nutriva per la sua Sardegna e per la musica e sia per dare “casa” alle melodie sarde.

 

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio

 

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