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Viaggio tra i tesori archeologici del sassarese: dall’enigmatico altare di Monte d’Accoddi alla misteriosa necropoli di Anghelu Ruju

Da sempre ribadiamo una grande verità: la Sardegna non è solo mare, ma una terra antica che offre ai visitatori, in ogni suo angolo, la possibilità di ammirare e conoscere dei siti archeologici di inestimabile importanza e bellezza. Se vi trovate nel sassarese, il vostro desiderio di esplorare i siti legati al passato dell’Isola (unici nel Mediterraneo) non verrà certamente deluso.

Oggi vi portiamo in un viaggio virtuale in tre luoghi che certamente non dimenticherete.

 

L’enigmatico altare di Monte d’Accoddi: un legame tra Sardegna e Mesopotamia

Tra i tesori archeologici sardi spicca sicuramente questo altare misterioso ormai conosciuto come “ziqqurat sardo.” Situato a Monte d’Accoddi, una piana a circa 11 km da Sassari lungo la vecchia strada Carlo Felice in direzione di Porto Torres, questo monumento presenta una forma tronco-piramidale e risale all’epoca prenuragica. La sua somiglianza con le celebri “ziqqurat” dell’antica Mesopotamia ha attirato l’attenzione degli studiosi e suscitato curiosità riguardo alla sua origine.

Secondo una suggestiva leggenda, l’altare fu eretto da un principe mesopotamico in fuga che trovò rifugio in Sardegna. Decise di costruire un complesso megalitico dedicato al culto della luna (a differenza delle ziqqurat dell’antico Medio Oriente, che erano associati al culto del sole). Tuttavia, gli storici concordano sul fatto che l’altare di Monte d’Accoddi sia stato costruito intorno al 2.700 a.C. dalle genti della cultura di Abealzu-Filigosa.

La sua costruzione sostituì un precedente edificio eretto nel 3500 a.C. Questa struttura precedente fu distrutta da un incendio, e il nuovo altare fu costruito sulla stessa area, contribuendo a creare un affascinante palinsesto di culture e rituali antichi.

Attorno allo ziqqurat sardo, sono stati rinvenuti i resti di un antico villaggio composto da capanne quadrangolari, pietre sacrificali e due reperti a forma sferica. Gli studiosi ritengono che questi oggetti rappresentassero simboli del sole e della luna agli occhi degli antichi abitanti della zona.

La terrazza in cima allo ziqqurat rappresentava, probabilmente, il punto di contatto tra l’umanità e le divinità. Una teoria interessante suggerisce anche che all’interno dell’altare potesse esserci una stanza utilizzata per il rito della “fertilità della Terra,” dove un sacerdote si accoppiava annualmente con una vergine. Tuttavia, nessuno ha mai potuto confermare questa ipotesi a causa del reale pericolo di crolli durante gli scavi.

Altre evidenze archeologiche hanno portato gli studiosi a ritenere che gli animali sacrificati, probabilmente dei bovini, potessero essere legati con catene utilizzando delle lastre in pietra con sette fori attorno. Il ritrovamento di fossili con resti di pasti sacri e strumenti utilizzati nei riti propiziatori avvalora questa teoria.

L’altare di Monte d’Accoddi fu abbandonato all’inizio dell’età del Bronzo antico (1800 a.C.), ma venne riutilizzato saltuariamente per le sepolture. Purtroppo, durante la Seconda Guerra Mondiale, il sito fu danneggiato a causa delle trincee scavate per la contraerea.

La scoperta dell’altare avvenne quasi per caso nel 1954, quando gli archeologi notarono un ammasso di terra anomalo che formava una collinetta in una zona altrimenti pianeggiante. Gli scavi successivi portarono alla luce questo tesoro unico per la sua struttura architettonica, non solo in Europa ma anche in tutto il bacino del Mediterraneo.

Lo ziqqurat sardo continua a rappresentare un enigma affascinante, invitando gli studiosi a indagare e scoprire nuove informazioni sulle antiche culture che hanno abitato questa terra millenaria. Con il passare del tempo, nuove scoperte e ricerche potrebbero svelare ulteriori dettagli sulla sua storia e la sua importanza nel contesto della civiltà sarda e delle connessioni con altre antiche civiltà del mondo.

 

L’Antiquarium Turritanum di Porto Torres: alla scoperta della storia di Turris Libisonis

Nella suggestiva cornice di Porto Torres, si trova un luogo magico e carico di storia: l’Antiquarium Turritanum. Questo straordinario museo e sito archeologico ci raccontano la storia di Turris Libisonis, l’unica colonia romana dell’isola, almeno secondo Plinio il Vecchio. Sebbene una seconda colonia romana sia stata fondata nell’odierna Usellus, Turris Libisonis rimane un gioiello archeologico di straordinaria bellezza e importanza.

Ogni anno, migliaia di visitatori si recano all’Antiquarium Turritanum, affascinati dalla possibilità di immergersi nel passato e di scoprire i segreti di questa colonia romana millenaria. Un particolare evento del 2014, noto come Instameet, ha visto un gruppo di instagramers sardi condividere in tempo reale foto del sito su Instagram e altri social network, creando così una variegata galleria di immagini volta a promuovere la bellezza e l’importanza dell’area archeologica.

Turris Libisonis si sviluppò in una posizione strategica e favorevole dal punto di vista geografico e ambientale. Con accesso a porti e la possibilità di impiantare un porto fluviale sul Rio Mannu, la città ebbe una posizione privilegiata per il commercio e l’approvvigionamento. Ancora oggi, si può ammirare un antico ponte romano lungo 135 metri con sette arcate, una testimonianza tangibile della grandiosità e della maestosità di questa civiltà.

Il nome “Turris Libisonis” ha probabili origini nuragiche, data la forte presenza di nuraghi nell’area. Queste antiche torri difensive erano tipiche dell’architettura sarda preistorica, e la loro concentrazione intorno al Rio Mannu suggerisce che i nuragici capissero e sfruttassero le potenzialità strategiche e commerciali della zona.

La colonia romana fu denominata “Iulia,” che suggerisce una possibile fondazione durante il periodo di Giulio Cesare, che visitò la Sardegna nel 46 a.C. Un’altra teoria ipotizza che la fondazione potesse essere opera di Ottaviano, figlio adottivo di Giulio Cesare, dopo la vittoria di Filippi nel 42 a.C., rendendo l’appellativo corretto “Iulia Augusta.”

Gli scavi nell’area archeologica hanno portato alla luce impianti termali, tra cui le Terme Centrali databili alla fine del III secolo d.C., denominate Palazzo di Re Barbaro. Questo nome fa riferimento, secondo la tradizione, al governatore che condannò a morte il martire Gavino, una figura importante nella storia della città.

L’Antiquarium Turritanum, diviso in due piani, offre ai visitatori ampie vedute sui resti della città romana. Tra le attrazioni imperdibili, ci sono la Domus di Orfeo, le Terme Maetzke, la Domus dei Mosaici e il Peristilio Pallottino, con una ricchezza di incredibili mosaici che testimoniano la maestria artistica dell’epoca.

Con ogni passo, ogni scoperta, ci addentriamo in un passato lontano e affascinante. L’Antiquarium Turritanum è un viaggio nel tempo, un viaggio nella storia di una colonia romana fiorente e vibrante. Il fascino di questo luogo unico ci ricorda che la Sardegna è una terra intrisa di storia e cultura, e ci invita a esplorare ulteriormente le meraviglie che questa isola magica ha da offrire.

 

La Necropoli di Anghelu Ruju: un affascinante viaggio nel passato preistorico della Sardegna

Immersa nella suggestiva vallata di Anghelu Ruju, nell’entroterra di Alghero, si trova una straordinaria necropoli ipogeica che si estende per una vasta area. Risalente a un’epoca remota, precisamente tra il 3200 e il 2800 a.C., questa necropoli offre un affascinante viaggio nel passato preistorico della Sardegna. Qui, tra le aree fertili solcate dal Rio Filibertu e a meno di dieci chilometri dal mare, si svela un tesoro archeologico senza pari.

La necropoli di Anghelu Ruju è composta da 38 tombe scavate nell’arenaria. Questi sepolcri ipogei sono suddivisi in due zone: la prima, più pianeggiante, ospita sette tombe, mentre la seconda, situata su una piccola collina, ne comprende ben 31. Le sepolture, note come “domus de Janas” o “case delle fate,” presentano due tipi d’accesso distinti. Alcune tombe hanno un accesso piuttosto angusto, simile a un pozzetto, da cui si sviluppano pianta irregolare e celle curvilinee. Altre, invece, sono dotate di un dromos, un corridoio a cielo aperto, spesso munito di gradini all’ingresso, con pianta regolare e celle a profilo rettilineo.

Queste tombe sono un vero e proprio scrigno di storia. Le pareti e i pilastri sono decorati con rilievi legati al culto dei defunti. Tra le sculture, si possono notare protomi e corna taurine, che rappresentano la divinità protettrice del sonno eterno dei defunti. Le incisioni di false porte simboleggiano l’ingresso nell’aldilà, mentre la presenza di ocra rossa in alcune parti delle tombe rappresenta il sangue dei sacrifici e il simbolo della rigenerazione dopo la morte.

Il rito funerario prevalente nell’epoca neolitica era l’inumazione, ma sono stati rilevati anche casi di semicremazione, indicando una varietà di pratiche funerarie nella comunità di Anghelu Ruju.

I manufatti rinvenuti nell’area, come vasi, statuette della dea Madre e parti di collane, hanno permesso di datare la necropoli e testimoniano una lunga presenza umana, utilizzando il sito per un periodo di oltre 1500 anni, dal Neolitico al Bronzo Antico, circa fino al 1800 a.C.

La necropoli di Anghelu Ruju è considerata la massima espressione sepolcrale preistorica del nord Sardegna e rappresenta un’opportunità unica per gli appassionati di archeologia e storia di immergersi nelle antiche tradizioni funerarie dell’isola.

Se sei un appassionato di siti archeologici preistorici, non puoi perderti un’altra area cimiteriale di grande interesse, le domus de Janas di Santu Perdu, e la Grotta Verde, risalente al VI millennio a.C., situata all’interno del Parco di Porto Conte. Quest’area comprende anche due siti nuragici imperdibili, il nuraghe Palmavera e il complesso di Sant’Imbenia, che testimoniano il passaggio della storia dall’epoca preistorica all’epoca romana.

Una visita culturale a Alghero è un’esperienza unica. Passeggiando tra le fortificazioni e i bastioni del porto, ti troverai immerso in un labirinto di vicoli con mura gialle, case antiche e importanti edifici storici, come il Museo Casa Manno e la Cattedrale di Santa Maria del XVI secolo.

Alghero è anche famosa per l'”oro rosso,” il corallo, che puoi scoprire nel Museo del Corallo. La “Riviera del Corallo,” con il suo litorale di 90 chilometri, offre un’opportunità di rilassarsi e tuffarsi nelle acque cristalline dopo un entusiasmante tour culturale attraverso la storia millenaria della Sardegna.

 

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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