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Vi siete mai chiesti come sarebbero stati l’Italia e gli italiani senza Berlusconi?

berlusconi

Photo: Oliver Weiken/dpa

Io si. E forse troppo tardi perché insomma, del senno di poi sono piene le fosse. Forse avrei potuto fare qualcosa prima? No, non credo, o forse sì. Insomma com’è facile comprendere certezze non ne ho e sarebbe impossibile averne là dove ogni verbo è coniugato al condizionale e i periodi ipotetici virano dal secondo al terzo tipo, come un viscoso blob alieno. Quel che è certo è solo che, come in ogni finale d’epoca, le somme possono essere tirate e ok, lo sanno tutti che la matematica non è mai stata il mio forte, ma mi rendo conto solo ora che quando siamo in ballo è difficile vedersi ballare. Adesso però possiamo farlo un poco dal di fuori, come in un VHS durato 30 anni, dove in certi punti la pellicola crea quelle ormai fastidiose interferenze che i più esperti chiamano neve a cui adesso non siamo più abituati perché tutto o quasi deve essere perfetto.

Ecco, questi ultimi 30 anni li ho vissuti e ballati anche io e adesso ne voglio diventare spettatrice perché una riflessione è importante farla: cosa saremmo stati senza Silvio Berlusconi? Premetto che non mi è mai piaciuto, non ne ho mai condiviso valori, idee, modalità operative nel mondo dello spettacolo, tantomeno in politica. Non voglio però soffermarmi sulla critica perché il piatto da proporre come portata principale sarebbe già troppo pieno e l’ha già presentato lui in vita, ha già fatto tutto da solo con la faccia tosta, per usare un eufemismo, grande quanto solo il popolo italico possiede e che, a causa sua, è diventata un marchio di fabbrica indelebile del nostro Paese.

Ce ne siamo resi conto tutti mentre succedeva, mentre ballavamo, ma non siamo riusciti a fare niente per fermarlo perché lui ha avuto quella forza (e la genialità, impossibile non prenderne atto) di leggere cosa avevano bisogno gli italiani tra gli anni 80 e 90 e ce l’ha spiattellato in faccia, volenti o nolenti. Figlio e padre del fenomeno culturale americano degli yuppies, nella sua figura ci si è specchiato buona parte degli italiani, con invidia, ammirazione, idolatria, nei confronti di un uomo che si proponeva come il self made man, il fautore del se vuoi puoi, se non riesci è colpa tua, ricco è bello, il successo, le donne, la fama, il capitalista “generoso” e barzellettiere che riusciva a farsi perdonare dal popolo ogni tipo di scivolone sessista, di cattivo gusto, cafone.

E il popolo l’ha sempre perdonato perché lui è riuscito a smuovere le loro pance, lasciando completamente intontito il cervello a suon di vallette, spogliarelli in TV, lolite in prima serata, vite Smeralde, nutrendo il suo pascolo a suon di pane, denaro e puttane. E oggi, forse come dopo una martellata in testa, dovremmo risvegliarci, un po’ assonnati forse, un po’ rimbecilliti dall’appiattimento culturale che in 30 anni ci ha tolto ogni (o quasi) barlume critico lasciandoci credere che una pacca sul sedere è un bel complimento. Insomma è morto un uomo, pace all’anima sua, lo stesso uomo che ha portato l’Italia a un livello di decadenza mai visto dal dopoguerra, di cui ora paghiamo le conseguenze. Forse alla fine ce lo siamo meritati e forse ci serviva, perché ora il re è davvero nudo: sarà la volta buona che capiremo cosa siamo stati e dove vogliamo andare?

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