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Simboli di Cagliari. Tra storia e polemiche, la statua di Carlo Felice: ai suoi piedi movida e gioie calcistiche

Carlo Felice con la maglia dei 100 anni del Cagliari

«Qui comincia la via/Da Cagliari a Porto Torres/Decretata e sovvenuta del suo/Da Re Carlo Felice/ E qui di Lui sorge/La immagine in bronzo». Recita questo l’iscrizione al basamento del monumento a Carlo Felice di Savoia. La sua realizzazione è stata decisa dagli Stamenti nel 1827, allo scopo di onorare il sovrano che aveva voluto la realizzazione della Cagliari – Porto Torres, l’attuale arteria stradale 131 che collega nord e sud della Sardegna. Eppure, la statua, fra il Largo e piazza Yenne, non indica col suo scettro l’accesso alla strada statale, stabilito all’inizio del corso Vittorio Emanuele II. Qualcuno, bonariamente, ci scherza su e sostiene che il sovrano abbia evitato per non correre il rischio di dare le spalle all’allora piazza San Carlo, cuore della città. In realtà, è una colonna miliare, posta dal marchese di Yenne nella nota piazza, a indicare l’inizio esatto della Strada Reale.

L’opera è stata commissionata allo scultore sassarese Andrea Galassi. La statua bronzea è stata fusa nel Regio Arsenale di Cagliari, con la collaborazione degli artiglieri guidati dal colonnello Carlo Boyl e sotto la supervisione di Galassi. Eseguita nel 1830, la statua ha conosciuto la sua attuale posizione solamente il 4 aprile 1860, davanti alle baracche dell’allora Largo, come ricorda lo Spano.

Via vai di gente ai suoi piedi, nel corso di tutti questi lunghi anni. Nelle foto della Cagliari che fu, sono i “piccioccheddus de crobi”, ceste in testa, a frequentare la zona attorno, in attesa delle signore per la spesa al mercato vecchio. Oggi, invece, “pischellini” cagliaritani e non, sotto la statua “fanno ora” il sabato sera.

Tanta storia, sì, per il monumento a Carlo Felice, testimone silenzioso di gioie e dolori cagliaritani, cieco osservatore, nella sua postura neoclassica, con elmo e scettro, di bellezze del centro e deserti da pandemia. Ma anche tante polemiche per il sovrano, succeduto nel 1821 al fratello Vittorio Emanuele I, nell’anno del noto “editto delle chiudende” che di fatto ha istituito la proprietà fondiaria privata. Figura ricordata come dispotica e conservatrice, il re sabaudo non è certo ricordato volentieri dalle classi popolari. Qualche anno fa c’è stata la polemica attorno alla figura di Carlo e del suo monumento, coperto di teli bianchi, mossa da chi, in occasione della manifestazione in ricordo dei martiri di Palabanda, ricordava a tutti i rapporti non certo ottimali tra Savoia e Sardegna. C’è chi, ancora oggi, ne vorrebbe la rimozione.

Polemiche o meno, la statua di Carlo Felice è certamente famosa fra i cagliaritani come luogo storico di festeggiamenti calcistici. Dai grandi traguardi, come il primo approdo in serie A del club del capoluogo allo storico scudetto del ’70, fino alle clamorose salvezze: per “Carlo” veste rossoblù, decori vari e tunica d’occasione. Ma non solo, perché anche la Nazionale negli ultimi anni, sino al trionfo di Wembley della scorsa estate, è stata oggetto di festeggiamenti dei tifosi, non senza danni e purtroppo episodi che non vorremmo raccontare.

Carlo Felice è sempre lì, ignaro di ciò che la gente sa di lui, delle polemiche e del via vai di persone, persino imbrattato da qualche incivile. Silenzioso è comunque un simbolo di Cagliari, a prescindere da tutto. E anno dopo anno, per i cagliaritani la statua rimane sempre luogo di incontro del sabato sera o di festeggiamenti rossoblù, fra bandiere e stendardi. E almeno questo mette d’accordo tutti.

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