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Credenze cagliaritane. Su trapàssu, in Quaresima digiuno a pane e acqua per conquistare il paradiso

Che la Pasqua sia un importantissimo momento della Cristianità, soprattutto in Sardegna, è fuori da ogni dubbio. I sentimenti di devozione e gioia per la Resurrezione sono sempre stati accompagnati, secondo la tradizione, da specifici rituali arrivati sino a oggi. Alcuni, tuttavia, si sono persi nel corso della storia e del progresso, vittime di un generale cambio di mentalità delle persone, poco tolleranti nei confronti di certe credenze.

Tra le superstizioni cadute in disuso c’è quella de su trapàssu, un tempo molto forte nelle lunghe settimane antecedenti la Pasqua, quando la cosiddetta “pipia de Caresima”, sette gambe e sette piedi, faceva da calendario del tempo mancante alla festa di Resurrezione, precettando a tutti il mangiar magro.

Ecco che su trapàssu si collega proprio a questa visione profonda della fede. Una credenza molto diffusa a Cagliari che imponeva un digiuno a pane e acqua per quaranta giorni. Se ripetuto per sette anni consecutivi, questo avrebbe portato il fedele ad assicurarsi un posto in paradiso.

Su trapàssu, però, aveva un grosso rischio. Nel caso in cui la persona fosse morta prima della scadenza dei sette anni, a decorrere dall’inizio della penitenza, sarebbe andata dritta all’inferno.

 

 

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